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E se fosse il reato di peculato quello di cui dovrebbe essere accusata Anna Maria Cancellieri per la telefonata di solidarietà (“qualsiasi cosa io possa fare conta su di me”) alla compagna di Salvatore Ligresti, Gabriella Fragni?
Alle 16 e 42 del 17 luglio 2013, giorno di arresti per la famiglia Ligresti, la Guardasigilli chiama dal numero del suo ufficio al Ministero della Giustizia (0668853233) la vecchia amica. Fin dalle prime battute, si capisce che è una conversazione privata ed è la stessa Ministra ad averlo dichiarato, quando ha spiegato anche in Parlamento che si trattava di una manifestazione di solidarietà. “Sono Anna Maria. Io sono mesi che ti voglio telefonare per dirti che ti voglio bene, la vita mi scorre in una maniera indegna. Ma oggi dico: ‘devo trovare il…’perché te lo devo dire, ti voglio bene, guarda (…)”. Senza entrare nel merito dell’opportunità politica, è chiaro che Cancellieri alza la cornetta per esprimere un sentimento di vicinanza (“Non è giusto, non è giusto…” dice a più riprese il Ministro della Giustizia) alla sua amica ‘Lella’. “Con quella telefonata – spiegherà poi in Parlamento – volevo esprimere la mia solidarietà: le espressioni usate in quel contesto erano utili a manifestare empatia”.
Le carte dell’inchiesta rivelano anche che dall’utenza cellulare intestata al Ministero della Giustizia e in uso a Cancellieri (quella col prefisso 366) partono due telefonate anche per un altro membro della famiglia Ligresti, Antonino, il fratello di Salvatore. In una, quella del 19 agosto, il Ministro, secondo quanto da lei stessa spiegato ai pm torinesi, vuole rassicurare l’amico di avere contattato il Dap (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) perché facesse ”quanto di loro competenza” per la salute di Giulia Ligresti. Questa potrebbe essere una telefonata fatta da Cancellieri nelle vesti istituzionali, anche se resta il dubbio che l’interessamento del Ministro derivi dai particolari legami coi Ligresti. Poco sappiamo riguardo ad un’altra chiamata, datata 21 agosto, partita sempre dal ’366′ verso il fratello dell’ingegnere e la cui esistenza è stata svelata nei giorni scorsi da uno scoop di Repubblica. Il sospetto che i temi non fossero proprio di carattere giudiziario ce lo fa venire proprio il Ministro: “Nino è il mio medico, ci sentivamo anche per pareri sulla mia salute”. Insomma, da qualunque parte le si guardi, le telefonate partite da utenze pubbliche del Ministro sembrano finalizzate a risolvere questioni private. Potrebbero, dunque, ricadere in quello che la legge definisce come peculato d’uso, anche se poi la giurisprudenza in materia è ampia e a volte controversa. (Manuela D’Alessandro e Roger Ferrari)