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Con un ricorso al Tribunale Federale di Bellinzona, le figlie di Emilio Riva bloccano il rientro dalla Svizzera all’Italia del miliardo e 200 milioni, presunto frutto di reati, che dovrebbe alleggerire le pene della fabbrica tarantina in base al decreto ‘salva – Ilva’. (reuters – da gip ok a sblocco)
Fanno i loro interessi, certo, convinte che quel denaro, sequestrato nell’ambito di un’indagine della Procura di Milano in cui si ipotizzano le accuse di truffa ai danni dello stato e trasferimento fittizio dei beni, sia cosa loro. E sfruttano i varchi giuridici nell’ordinamento della Svizzera, paese che, pur con qualche resistenza, il 19 giugno ha comunque detto sì alla magistratura italiana che chiedeva di ‘scongelare’ i soldi dai conti Ubs e metterli a disposizione del Commissario starordinario Piero Gnudi. Eppure resta una certa amarezza nel constatare l’accanimento con cui le eredi di Emilio, l’ex ‘re’ dell’Ilva morto più di un anno fa ma prima annientato dalle inchieste giudiziarie, non vogliano aiutare il disgraziato stabilimento che fu di famiglia. Le due donne hanno rinunciato all’eredità del padre in Italia e non è difficile pensare che l’abbiano deciso per non andare incontro alle pretese risarcitorie dei creditori e dei danneggiati dalla crisi dell’azienda. Ora si danno da fare per evitare la migrazione di soldi che ritengono loro mentre Taranto aspetta come l’oro quel denaro. Nei prossimi giorni il Tribunale di Bellinzona, che per adesso si è limitato a sospendere il rimpatrio del miliardo e 200 milioni, deciderà nel merito sul suo destino. (manuela d’alessandro)