Abdelmajiid Touil, ristretto nel Cie di Torino dopo il no all’estradizione della corte d’appello di Milano, non riconosce la voce della mamma al telefono, né l’avvocato Silvia Fiorentino e ha lo sguardo perso nel vuoto. Lo denunciano in una nota i suoi avvocati secondo cui il giovane “mostra di non comprendere la situazione in cui si trova”.
Touil in pratica ha fatto 5 mesi di carcere gratis, prima di uscirne sia per il no all’estradizione sia per la decisione della procura di Milano di chiedere l’archiviazione in relazione alla strage del museo del Bardo a Tunisi alla quale è risultato del tutto estraneo in verità sin dal primo momento. La Tunisia indizi veri sul conto del giovane non li ha mai prodotti, ma questo non ha impedito il protrarsi della carcerazione in regime di alta sorveglianza a Opera.
Touil non riesce a esprimersi nemmeno in arabo nonostante la presenza di due interpreti, affermano Silvia Fiorentino e l’altro legale Guido Savio che ricordano la presenza all’incontro con il loro assistite del garante dei detenuti in Piemonte Bruno Mellano e dell’assessore regionale all’immigrazione Monica Cerutti.
Per Touil è stato avviato l’iter per l’espulsione verso il paese di origine, domani si svolgerà l’idienza per la convalida davanti al giudice di pace di Torino. Il Marocco potrebbe estradarlo in Tunisia, dove è prevista la pena di morte. Sarebbe così vanificata la decisione della corte d’appello. Sono in gioco diritti formali e sostanziali, a cominciare dal diritto alla vita. Touil ha in Italia familiari con il permesso di soggiorno e stava seguendo un corso per imparare la lingua, il 20 maggio al momento dell’arresto. Le autorità italiane rischiano un provvedimento di censura a livello internazionale, come era già accaduto nel caso Shalabayeva, dove c’erano state aspre polemiche per il comportamento del ministro Alfano lo stesso che si appresta a espellere Touil e che al momento dell’arresto del marocchino aveva presieduto una pomposa quanto inutile conferenza stampa in cui presentava come prove regine i deliri degli inquirenti tunisini. L’unico rimedio a questo punto sarebbero le scuse e un permesso di soggiorno. Il minimo nell’ex culla del diritto (frank cimini e manuela d’alessandro)