giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

NoTav, Dosio a casa
“Se contagiata alto rischio vita”

Il giudice di sorveglianza di Torino Elena Massucco ha deciso gli arresti domiciliari perché a causa di malattie pregresse e dell’età, 73 anni, Nicoletta Dosio sarebbe “ad alto rischio di vita se contagiata dal Covid 19”, “attesa l’attuale situazione di restrizione carceraria con altri individui potenzialmente portatori del virus”. Insomma ammette il giudice in carcere si rischia di morire.

Non sarebbe stato possibile mandarla a casa con altra motivazione perché ricorda con insistenza il giudice Nicoletta Dosio aveva più volte affermato di non voler accettare l’applicazione del braccialetto elettronico.

Nicoletta Dosio sta scontando la condanna a un anno di reclusione per violenza privata aggravata e interruzione di pubblico servizio in relazione a uno striscione retto nel corso di un presidio NoTav. Nel provvedimento si ricorda che l’unico precedente penale della donna è una violazione della legge sulla stampa datata 1981.

Le restrizioni decise dal giudice sono di massimo livello: non potrà comunicare con nessuno al di là del marito e dei suoi legali. E ha il dovere di far installare un campanello all’ingresso dell’abitazione garantendo che sia sempre funzionante. Inoltre il telefono cellulare dovrà essere sempre acceso.

Il giudice, bontà sua, esclude il pericolo di fuga “attese le attuali prescrizioni governative sulla circolazione degli individui”.

La motivazione dei domiciliari con restrizioni così dure appare come del resto la condanna senza sospensione condizionale della pena come una vera e propria vendetta contro l’impegno profuso da Nicoletta Dosio contro la realizzazione del treno ad alta velocità nell’ambito di una mobilitazione che da decenni coinvolge migliaia e migliaia di persone a difesa del territorio della Valsusa.

Nicoletta Dosio, in carcere dal 30 dicembre scorso, ha già scontato 3 mesi. Ne restano 9 e sembra di capire che sia destinata a “pagare” fino all’ultimo giorno “il debito con la giustizia”. Senza la tragedia praticamente mondiale del coronavirus Nicoletta Dosio non avrebbe avuto neanche i domiciliari. (frank cimini)

Per i Ligresti lo stesso fatto ‘non sussiste’ a Milano, ma a Torino sì

Capi d’imputazione ‘fotocopia’ che a Torino hanno portato ad arresti e condanne e a Milano a un’assoluzione ‘perché il fatto non sussiste’, ribadita oggi in appello nei confronti di Paolo Ligresti. Un caso incredibile di contraddizione tra magistrati  di fronte agli stessi fatti, quelli relativi alla gestione delle società di famiglia, che il 17 luglio del 2013 portarono all’emissione di un’ordinanza cautelare per falso in bilancio e aggiotaggio firmata dal gip torinese, su richiesta della Procura sabauda, nei confronti di Salvatore Ligresti (scomparso di recente) e dei figli Jonella, Giulia e Paolo Ligresti. La ‘fortuna’ di quest’ultimo è stata quella di trovarsi, al momento del blitz, in Svizzera da cittadino elvetico. In queste vesti non ha potuto chiedere il rito immediato scelto invece dalle sorelle e dal padre, poi condannati a Torino nell’ottobre del 2016, e ha affrontato da solo un’udienza preliminare trovando un gip che ha dichiarato la propria incompetenza territoriale e ha trasmesso gli atti a Milano. Qui, nel dicembre del 2015, su richiesta dello stesso pm Luigi Orsi il l gup Andrea Ghinetti lo ha assolto col rito abbreviato. Una decisione non condivisa dal procuratore generale Carmen Manfredda che ha impugnato la sentenza ma poi, essendo andata in pensione, ha lasciato il caso alla collega Celestina Gravina che ha invece chiesto e ottenuto l’assoluzione per Paolo, difeso dall’avvocato Davide Sangiorgio, e per l’ex attuario Fulvio Gismondi e l’ex dirigente Pier Giorgio Bedogni. Le motivazioni al verdetto saranno depositate tra 90 giorni e forse a Torino si avrà la saggezza di aspettarle prima di celebrare l’appello di Giulia e Jonella, assistite dai legali Gian Luigi Tizzoni, Lucio Lucia e Salvatore Scuto. Non si può nemmeno dire che siano state date interpretazioni diversi alle stesse vicende perché a Milano ‘il fatto non sussiste’ proprio. Com’è stato possibile? Le interpretazioni sono varie, certo è che all’epoca l’impostazione dell’inchiesta del pm Orsi era meno ‘garibaldina’ di quella della Procura di Torino che intervenne con gli arresti ‘scippando’ di fatto l’indagine poi in effetti risultata di competenza milanese.  (manuela d’alessandro)

Il Csm riduce la sanzione a Robledo che gridò: “Il re è nudo”

Alfredo Robledo si vede confermare dal Csm il trasferimento a Torino ma recupera la funzione di procuratore aggiunto oltre alla perdita di sei mesi di anzianità. Insomma sanzione ridotta ma resta il fatto che Robledo è l’unico a pagare dazio per lo scontro interno alla procura di Milano con l’allora capo Edmondo Bruti Liberati, una vicenda con la quale la magistratura è riuscita a farsi male da sola e in misura superiore a qualsiasi “delegittimazione” compresa quella operata dall’imputato eccellente per antonomasia.

Robledo con il suo esposto in pratica aveva gridato: “Il re è nudo”.  Aveva fatto emergere alla luce del sole che i magistrati fanno valutazioni politiche. Questo tra l’altro mise nero su bianco, rimproverando Bruti pur assolvendolo dall’abuso d’ufficio, la procura di Brescia. Bruti però non ha pagato dazio dal momento che il Csm annunciò il procedimento disciplinare solo quattro giorni dopo il comunicato con cui l’allora procuratore disse che di lì a poco sarebbe andato in pensione.

Sul fascicolo Sea, insabbiato da Bruti e consegnato a Robledo con sei mesi di ritardo quando in pratica non si poteva più indagare non sapremo mai cosa accadde veramente. Francesco Greco che supportò Bruti è stato addirittura premiato come successore al vertice dell’ufficio nonostante una decina di  indagini per frode fiscale avocate dalla procura generale e finite con la condanna degli imputati dopo le richieste di archiviazione rigettate dal gip.

Paga solo l’anello debole della catena. Così ha voluto Giorgio Napolitano al Quirinale all’epoca di fatti e misfatti e regista nemmeno tanto occulto dell’operazione, con quel suo richiamo ai poteri pressoché incontrollabili dei capi degli uffici.

Il re era nudo per davvero. Ma la verità non interessava non interessa a nessuno. Basta scorrere le cronache con cui i giornaloni hanno incensato la nomina di Greco, da destra a sinistra passando per il centro. Almeno la smettessero di blaterare di indipendenza e autonomia, di obbligatorietà dell’azione penale a ogni piè sospinto. La smettessero di prendere per i fondelli. Non lo faranno. Impunità garantita per legge. Dal Csm che dovrebbe controllare. Il condizionale è più che mai d’obbligo. (frank cimini)

La difesa di Robledo davanti al Csm

 

NoTav, a Torino una procura generale “de coccio”

 

Dopo aver perso la battaglia già sei volte, quattro nel merito al Riesame e due in Cassazione, la pubblica accusa non demorde e ricorre ancora alla Suprema Corte per dire che l’attacco al cantiere di Chiomonte nella notte tra il 13 e il 14 maggio del 2013 “fu terrorismo”. Lo ha deciso per la procura generale di Torino il magistrato Francesco Saluzzo che ha ereditato il ruolo di Marcello Maddalena andato in pensione subito dopo aver perso in appello. I giudici di secondo grado infatti confermavano l’assoluzione dall’accusa di terrorismo condannando i 4 militanti NoTav solo per i reati minori.

Per la terza volta dunque la Cassazione si dovrà occupare di quell’ormai famoso compressore bruciacchiato dalle bottiglie molotov che nel teorema Caselli, procuratore all’epoca dei fatti, era diventato una sorta di rapimento Moro del terzo millennio.

Gli imputati e le parti civili che impugnano sentenze sfavorevoli lo fanno pagando di tasca loro, la pubblica accusa no. A pagare le spese siamo infatti noi contribuenti e questo vale anche per i ricorsi “a schiovere” come dicono a Napoli. Continua a leggere

Notav, assolto Erri De Luca, teorema Caselli di nuovo ko

“Il fatto non sussiste” dice il giudice a Torino assolvendo Erri De Luca dall’accusa di istitazione a delinquere per l’intervista in cui aveva detto: “Il Tav fa sabotato”. Parola che lo scrittore ribadiva in aula stamattina in sede di dichiarazioni spontanee prima che il giudice si ritirasse in camera di consiglio: “Sabotare è una parola nobile, la usavano anche Mandela e Gandhi, il Tav va sabotato per legittima difesa della salute, dell’aria, dell’acqua di una comunità minacciata”.

I pm Antonio Rinaudo e Andrea Padalino avevano chiesto la condanna a 8 mesi di reclusione. Si tratta degli stessi magistrati che contestano la finalità di terrorismo ai militanti NoTav protagonisti dell’azione al cantiere di Chiomonte e che sono già stati smentiti dalla corte d’assise e per ben due volte dalla Cassazione. Rinaudo è considerato vicino ai “Fratelli d’Italia”, Padalino è un ex militante della federazione giovanile del Pci. Insomma l’arco costituzionale della repressione è ben rappresentato per intero soprattutto se si specifica che i due pm si muovono nell’ambito del teorema Caselli, anche dopo l’andata in pensione del capo della procura.

E il processo istruito contro Erri De Luca è figlio della stessa elucubrazione. Chi tocca il Tav non deve avere spazio, deve essere messso in condizione di non nuocere, anche agitando fantasmi del passato. Del resto in aula i legali della Ltf, la società legata alla Torino-Lione, avevano richiamato il passato politico di Erri De Luca che fu responsabile del servizio d’ordine di Lotta Continua. Caselli poco prima di andare in pensione si era dimesso da “Magistratura Democratica” a causa di un articolo che la stessa Md aveva chiesto allo scrittore per l’agenda 2014. Caselli s’era arrabbiato per le parole di De Luca sull’emergenza degli anni ’70 e sui “Tribunali speciali”. Md choccata dall’addio di Caselli annullerà poi tutte le iniziative di presentazione dell’agenda che non si sa che fine abbia fatto. Probabile destinazione, un rogo.

La sentenza di oggi, almeno a livello della libertà di espressione, mette un punto fermo. Anche se i pm non si arrenderanno e andranno in appello. Come sono andati in appello contro i militanti Notav assolti dall’accusa di terrorismo, vicenda che ha visto in aula il procuratore generale Marcello Maddalena in persona alla prima udienza, sulla base di un ricorso dai toni rancorosi nei confronti della corte d’assise. Caselli era stato pg prima di Maddalena e prima ancora procuratore capo per poi tornare nello stesso incarico. Considerando che la procura generale è l’ufficio che sorveglia istituzionalmente la procura, c’è un conflitto di interessi spaventoso davanti al quale il Csm aveva chiuso entrambi gli occhi. Una sorta di ragion di Stato occulta. Come quella che c’è dietro lo schieramento favorevole all’alta velocità: dalle principali forze politiche, alle imprese, alle banche che controllano direttamente o indirettamente i giornali.

Intanto gli appalti del Tav sembfrano gli unici onesti e trasparenti in un paese che brulica di inchieste sulla corruzione. Chi dovrebbe indagare non vuole rompere il giocattolo per carità di patria. E’ un po’ come la moratoria delle indagini su Expo in procura a Milano per non distrurbare il manovratore, l’evento in corso. Con tanti saluti all’esercizio obbligatorio dell’azione penale, buono da sventolare nei convegni e nei comunicati stampa, al fine di prendere per i fondelli un intero paese (frank cimini)