giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Notav, pm e gip giocano sporco a pochi giorni dalla sentenza

A pochi giorni dalla sentenza del processo prevista per il 17 dicembre a carico di 4 militanti NoTav che rischiano la condanna a 9 anni e 6 mesi di carcere accusati di aver agito “con finalità di terrorismo” per la rottura di un compressore, i pm e il gip di Torino aggravano la posizione di altri 3 indagati per lo stesso fatto avvenuto il 14 maggio del 2013 al cantiere di Chiomonte. Anche ai 3 già detenuti il gip su richiesta dei pm con una nuova ordinanza di custodia cautelare contesta ora la finalità di terrorismo che l’estate scorsa era stata esclusa.

Nella nuova ordinanza si riportano le testimonianze che alcuni appartenenti alle forze di polizia hanno reso nel processo in via di definizione a giorni. La mossa di pm e gip appare quantomeno inopportuna e scorretta perché la loro valutazione non può non rischiare di interferire con la decisione che i giudici della corte d’assise di Torino stanno per adottare sulle presunte responsabilità dei primi 4 militanti finiti in carcere un anno fa, ripetiamo, per lo stesso fatto.

Il gip in riferimento all’azione di Chiomonte scrive di “atto di guerra” facendo un copia e incolla con la richiesta della procura, aggiungendo che si tratta di una minaccia all’integrazione europea. Il giudice non fa alcun accenno che proprio l’Unione Europea indicata dai pm come parte offesa nel processo ai 4 militanti Notav con una missiva di poche righe aveva rifiutato di costituirsi parte civile tanto che il presidente della corte d’assise aveva commentato: “La commissione non sembra granchè interessata a questo processo”. Un funzionario di Bruxelles aveva scritto: “Non intendiamo eleggere domicilio in Italia”.

Ma pm e gip nonostante ciò vanno per la loro strada agitando un fantasma del passato che viene utilizzato al fine di di regolare lo scontro sociale e politico di oggi, arrivando a ignorare la Cassazione che aveva annullato sia pure con rinvio la finalità di terrorismo contestata ai primi 4 arrestati.

Insomma l’accusa contenuta nella nuova ordinanza condivisa da un giudice che dovrebbe essere terzo è la carta truccata giocata dai pm in vista della sentenza del 17 dicembre. E’ in pratica la replica alle arringhe dei difensori uno dei quali aveva sostenuto che esiste differenza tra un compressore rotto e il sequestro Moro. (frank cimini)

 

NoTav, legali a giudice Riesame: astieniti, ti sei già espresso

L’avvocato Eugenio Losco patrocinatore dei  dei tre militanti NoTav in carcere da luglio e ora destinatari di una ordinanza bis per terrorismo ha depositato un invito ad astenersi dal presiedere il collegio del Riesame a carico del giudice Cristina Domaneschi in vista dell’udienza di lunedì 22 dicembre. Il giudice Domaneschi aveva già presieduto il collegio che aveva rigettato il ricorso, sempre in relazione alla finalità di terrorismo per l’azione contro il cantiere di Chiomonte del 14 maggio 2013, degli altri 4 militanti NoTav assolti il 17 dicembre dalla corte d’assise di Torino dal capo di imputazione più grave e condannati a 3 anni e 6 mesi contro la richiesta di 9 anni e 6 mesi dei pm.

Domaneschi inoltre avrebbe dovuto presiedere il collegio del Riesame ancora in relazione alla posizione dei 4 imputati dopo che la Cassazione aveva annullato con rinvio la decisione di confermare la finalità di terrorismo nell’azione di Chiomonte. L’udienza poi non fu celebrata perché le difese rinunciarono al ricorso. Continua a leggere

NoTav, compressore rotto. “Terrorismo, atto di guerra”, pm chiede 9 anni e 6 mesi

I pm di Torino hanno chiesto la condanna a 9 anni e 6 mesi di carcere per 4 militanti NoTav arrestati nel dicembre scorso per un’azione contro il cantiere di Chiomonte in Val di Susa durante la quale a colpi di bottiglie molotov fu danneggiato un compressore. “Atto di guerra”. “Azione militare minuziosamente preparata” sono i titoli della requisitoria. L’iniziativa per i pm ebbe la finalità terroristica, con gravi danni all’immagine dell’Italia e dell’Unione Europea. Nella requisitoria non si è fatto cenno che la Ue non ha voluto costituirsi parte civile e che leggendo la nota della commissione il presidente della Corte d’assise commentò: “L’Unione Europea non sembra granchè interessata a questo processo”.

Della scelta da parte della Ue e della sua motivazione nessun giornale ha mai scritto. Evidentemente esiste un legame molto stretto (eufemismo) tra i media e la procura. Del resto i giornaloni sono controllati direttamente o indirettamente dalle banche molto interessate alla realizzazione dell’opera.

I pm Padalino e Rinaudo negano la possibilità di concessione delle attenuanti generiche “nonostante lo stato di incensuratezza degli imputati”. Fanno testo invece per l’accusa “gli altri carichi pendenti” oltre alla “personalità” e alla “pericolosità” degli stessi. La procura fa una piccola marcia indietro  sull’attentato alla vita delle persone, dal momento che chiede la condanna solo per l’attentato all’incolumità di operai e poliziotti. Di qui la richiesta di condanna a 9 anni e 6 mesi inferiore ad alcune previsioni della vigilia ancora più catastrofiche per gli imputati.

Ma stiamo parlando di una magistratura che agita un fantasma del passato per reprimere l’unico movimento radicato sul territorio, in una porzione sia pure piccola del paese. Ovviamente il treno ad alta velocità Torino-Lione era ed è un problema sociale, politico, culturale, di modello di sviluppo la cui risoluzione è stata delegata ai magistrati. Come accadde tanti anni fa in una situazione infinitamente più tragica. E così per fermare la protesta di un’intera valle si utilizza come una clava il codice penale. Come deterrente verso chiunque altro dovesse scendere in piazza per protestare. Ironia della sorte la richiesta di condanna per “terrorismo” arriva proprio nel momento in cui la realizzazione dell’opera viene messa in discussione da alcuni dei suoi grandi fautori a causa dei costi miliardari dei quali molti sembrano accorgersi solo ora. E tra questi spicca il senatore piddino Stefano Esposito, una sorta di Pecchioli del terzo millennio per la foga con la quale sollecita di seppellire in prigione i NoTav.

Lasciano il tempo che trovano le affermazioni dei pm in aula di oggi. “Qui non si processano le idee”, parole di Rinaudo, magistrato vicino a Fratelli d’Italia, sottotroncone di An. “La serva che ruba è ladra, la padrona è cleptomane” detto da Padalino, ex figiciotto. Insomma l’arco costituzionale (allargato ai neofascisti) è rappresentato tutto e bene. (frank cimini)

Lo Stato commemora Guido Galli ma lascia impuniti gli assassini

Il 19 marzo del 1980 il Giudice Guido Galli viene assassinato vicino all’aula 208 della Università Statale di Milano da un commando di Prima Linea composto da Sergio Segio, Maurice Bignami, Franco Albesano e Michele Viscardi. Guido Galli aveva “ereditato” l’indagine sui documenti trovati nel 1978 nella base milanese di Via Negroli di Corrado Alunni, un ex brigatista che era passato all’area milanese della Autonomia cui era collegata Prima Linea, indagine che l’anno prima era costata la vita al Giudice Emilio Alessandrini, assassinato il 29 gennaio e sempre a Milano, da un commando composto da Sergio Segio e Marco Donat Cattin. Evidente dunque la vera ragione di questo barbaro omicidio che nulla aveva a che vedere con quanto “rivendicato” in quel successivo delirante comunicato sulla “magistratura riformista” che giustamente la famiglia Galli dirà poi pubblicamente “di non avere capito”. Lo Stato e la Magistratura ogni anno ne commemorano la sua figura da tutti, amici e colleghi, ricordata come quella di un insigne giurista nonché persona umanamente splendida, ma cosa fecero con quelle persone di quel commando “quello” Stato e “quella” Magistratura dopo quel tragico 19 marzo 1980 ? Continua a leggere