giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

La difesa penale trap di Neima Ezza
con un videoclip dai domiciliari

“Sono finito sopra il tg per un video assembramento / incolpato di rapina eppure sono innocente…Questi sai cosa dicono ‘un artista ruba l’oro’ / il mio contratto di lavoro vale dieci volte il loro”.

Forse il suo avvocato avrebbe declinato diversamente la difesa ma, si sa, quello del penalista è un lavoro difficile anche perché talvolta gli assistiti sfuggono ai suggerimenti del proprio legale. Arduo il compito di chi magari preferirebbe tenere la linea del silenzio se ha a che fare con un cliente che di parole vive e con le parole guadagna popolarità, views e denaro. Tant’è, Neima Ezza (247mila follower solo su Instagram, nome ormai affermato nella scena trap italiana) la sua difesa non solo l’ha delineata, ma l’ha anche messa in rima, o meglio in assonanze trap. E lo ha fatto dagli arresti domiciliari, producendo questa questa clip dal titolo ‘Risposta‘, annunciata con post sui social nel pomeriggio del 26 gennaio 2022. Voce off, Neima non compare mai in video, ma la voce è la sua. Tra vittimismo e accuse non proprio velate alla polizia e giornalisti, Amine Ez Zaaraoui, questo il suo vero nome, la butta in musica. Chissà se i magistrati ne apprezzeranno almeno lo sforzo artistico. Era stato arrestato per rapina in un’indagine della polizia, su richiesta del pm Leonardo Lesti e provvedimento del gip Manuela Scudieri. Ai domiciliari “con divieto di comunicare con qualsiasi mezzo, direttamente o indirettamente, con persone diverse dai famigliari conviventi e dal difensore”.

Due vittime di rapina lo descrivono come colui che “materialmente strappa la catenina”, indicandolo su un album di fotoriconoscimento della Questura dal titolo “Baby trap“. Quattordici facce, e quella di Neima Ezza viene riconosciuta “con assoluta certezza”.


Ricordi che ora dovranno affrontare la prova delle ulteriori indagini, e certamente delle contestazioni del suo legale, che conta invece di avere frecce al proprio arco. L’avvocata Gaia Scovazzi ha prodotto foto e video tratte da Instagram che proverebbero che il trapper ventenne “non era sul luogo delle due rapine” che gli vengono contestate. Agli atti, fa notare la difesa, ci sono solo riconoscimenti delle vittime “non validi” perché effettuati “praticamente solo con le foto degli indagati”. Pure i dati delle celle telefoniche dimostrerebbero, per il difensore, l’innocenza del 20enne. Sottolineando la necessità di un provvedimento cautelare nei suoi confronti, la Squadra mobile della polizia argomentava anche sulla sua presunta “condizione di devianza (modo di vivere e pensare che trova riscontro anche nei testi cantati)”.


Il giovane trapper ha provato di nuovo a cantarle a tutti. Vedremo se l’impeto artistico lo aiuterà.

Il broker segreto dei francescani
si è impiccato in casa

Il signor Rossi s’è tolto la vita. Impiccato. In casa, una villetta in fondo a una via tra edifici bassi e i campi in collina ai marigini di Lurago D’Erba, piena Brianza. Quando i finanzieri del Nucleo Valutario hanno suonato il citofono, questa mattina, non ha risposto nessuno.

Ieri avevano perquisito gli uffici della Anycom Srl, proprio accanto al tribunale di Milano. Per oggi era prevista la perquisizione. I sigilli alla casa erano già stati apposti ieri.

Il signor Rossi, al secolo Leonida, 78 anni, era un professionista che si muoveva tra Svizzera e Italia, e investiva il patrimonio dei francescani di mezza penisola grazie agli incarichi ricevuti da Giancarlo Lati, economo generale della Curia Generalizia dell’Ordine dei Frati Minori, Renato Beretta, economo della ‘provincia’ lombarda e Clemente Moriggi, economo della Conferenza dei Ministri Provinciali dell’Ordine dei Frati Minori. Rossi avrebbe riciclato oltre 26 milioni di euro sottratti alle casse dei francescani impiegandoli “in attività economiche, in particolare in attività edilizie speculative”, come si legge nel decreto di perquisizione firmato dai pm di Milano Adriano Scudieri, Sergio Spadaro e Alessia Miele. Attività che però non rientravano, stando alle accuse, tra “gli scopi e le finalità religiose degli enti” da cui quei denari provenivano. Quei fondi, stando alle indagini, venivano trasferite sui conti di Rossi per poi essere reinvestiti “nella realizzazione di complessi immobiliari (villaggi turistici, alberghi, ecc.) in alcune zone dell’Africa nonché nel Medio Oriente”. E solo “a fine 2014, dopo le continue richieste pervenute dai citati enti religiosi circa la restituzione delle somme dovute”, Rossi ammette di non potere più restituire i capitali ricevuti. “A partire dalla fine del 2011 Rossi aveva infatti progressivamente rifiutato le restituzioni, facendo infine registrare l’ammanco di cassa”. Ci sarebbero altri soldi gestiti in modo sospetto, tra cui 680mila euro dell’Opera Don Bosco per le Missioni.

Ora il signor Rossi non potrà spiegare più niente. (manuela d’alessandro)