giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Bichi ai giudici, “errori fatali” e “atti dispersi” per il crac del processo digitale

“Allo stato non sembra possa escludersi l’eventualita’ di ‘atti dispersi‘”, “si sta lavorando per il recupero degli errori fatali”.

Una forza cieca e malevola accompagna il Processo Civile Telematico che vive l’ennesima empasse  perché dal 15 settembre, come spiega il presidente del Tribunale Roberto Bichi in una lettera mandata ai giudici, si sono verificati “gravi malfunzionamenti” nell’invio e nella ricezione degli atti.

Quasi apocalittiche le conclusioni: “Allo stato sembra non possa escludersi l’eventualità di atti dispersi” e “si pone il problema dell’individuazione della data di deposito per gli atti inviati dagli avvocati e rimasti in situzione di non conoscibilità da parte delle cancellerie e del giudice”.

Di fronte a questa “situazione”, “tutti noi siamo chiamati ad una valutazione prudente e che agevoli, anche sotto il profilo del valido recupero processuale, la
ricostruzione della serie degli atti processuali, là dove siano
proposte istanze di remissione in termini o comunque volte a
sanare la situazione, giacché l’inadempimento non può  certo
essere imputato alla parte”. E meno male. Il processo civile telematico del resto la comunità l’ha già pagato abbastanza, con i milioni di fondi Expo investiti per agevolare il primato milanese sulla via del digitale.  Con modalità all’attenzione dell’Anac e di due Procure (Milano e Venezia) dopo le inchieste di Giustiziami, del ‘Giornale’ e del ‘Fatto’ tre anni fa.

(manuela d’alessandro)

Fondi Expo, il Tribunale scarica sul Comune, “eravate voi la stazione appaltante”

 

“Non risulta che il Tribunale abbia mai assunto il ruolo di stazione appaltante”. Roberto Bichi consegna a una nota la sintesi della riunione coi presidenti di sezione (tutti presenti) del Tribunale di Milano per discutere sugli appalti Expo alla giustizia dopo l’esposto – denuncia di Anac.  E siccome la stazione appaltante dei 16 milioni piovuti sul Palazzo di Giustizia in modo poco trasparente e senza gare era il Comune di Milano (sindaco prima Moratti, poi Pisapia), viene facile pensare a chi venga attribuita l’eventuale responsabilità di illeciti.  E’ un presidente che appare a chi c’era “molto teso” quello che si presenta al cospetto dei suoi magistrati ai quali chiede un parere sul comunicato stampa preparato per onorare “il ruolo del Tribunale di Milano, impegnato nel garantire il massimo di legalità”.

Bichi, che gode di solida stima tra i colleghi, difende l’istituzione da lui guidata su tutta la linea, senza voler marcare un distinguo tra la sua era e quella di Livia Pomodoro, di cui è stato prima vicario e poi successore. Fuori ci sono le telecamere e qualche giudice, prima di entrare, si copre il volto per non essere ripreso in quello che appare all’esterno come un robusto ‘serrate i ranghi’ di fronte all’attacco sferrato da Raffaele Cantone il quale, nella relazione, adombra responsabilità di toghe milanesi.

Dopo avere ricordato che le carte degli appalti erano visibili da tempo su giustiziami.it, il Presidente da’ conto di un dossier inviato dal Comune ai capi degli uffici giudiziari a marzo scorso (tempistica sospetta, dopo il primo blitz di Anac)  in cui si riepiloga l’utilizzo dei 16 milioni di euro per informatizzare la giustizia. ”Emerge che tali impegni sono stati effettuati tramite gare d’appalto o con affidamento complementare o con adesione a convenzioni Consip”. Per quel che ne so io, assicura, era tutto a posto, i conti tornavano, e se ci sono singole responsabilità, aggiunge, “auspico che emergano al più presto per dirimere dubbi, evitare illazioni e non ledere l’immagine e il ruolo del Tribunale”. Al tavolo dei fondi Expo sedeva, tra gli altri, anche l’ex presidente dell’ufficio gip e attuale numero uno della Corte d’Appello di Brescia, Claudio Castelli.

Il nome di Roberto Bichi compare nel verbale della riunione della svolta del 15 ottobre 2014. Dopo i primi articoli di stampa, i vertici dell’amministrazione giudiziaria e i rappresentanti del Comune e del Ministero decidono che, per quel che resta da spartirsi dei 16 milioni di euro, non si faranno più affidamenti diretti ma solo gare. In quel momento, tutti i presenti sono quindi consapevoli che il ‘tesoro’ di Expo stanziato dal Governo è stato distribuito con affidamenti diretti quantomeno discutibili.

“Bichi – si legge nella sintesi di quell’incontro assai teso – si dichiara d’accordo col Presidente Canzio che la consolle d’appello (uno dei progetti da finanziare, ndr) è indispensabile perché c’è un vincolo temporale e deve essere data una priorità pe via della scadenza. Ma si domanda che fine fa il giudizio d’appello, a livello nazionale se la Consolle non viene finanziata coi fondi di Expo”. Poi puntualizza che è scorretto “parlare di fondi Expo per il Tribunale di Milano, nel senso che sono fondi per la giustizia italiana e per tutti i Tribunali italiani”.

Dalla mailing list delle toghe, arriva intanto la reazione stizzita di Enrico Consolandi, magistrato civile tra i più atttivi nella gestione dei fondi. “Oggi qualcuno dice che il problema è la scelta del contraente – scrive –  distogliendo così le forze da quelli che sono i veri obbiettivi che sono quelli di potere ottenere risorse per lavorare”. Ma come vengono scelti i contraenti? Che rapporto c’era tra la Camera di Commercio, beneficiaria di strane convenzioni, e il Tribunale? E quali sono gli esiti di questa selezione? Questa è la vera domanda che si pone chi col naso all’insù vede tutti i giorni i monitor spenti che dovevano servire a orientare il cittadino e oggi lo lasciano ancor più smarrito.

(manuela d’alessandro)

Il sito del Tribunale coi soldi di Expo che si spegne nel week end

Il Garante toglie il monopolio del Pct alla società che se l’è preso coi soldi di Expo

I monitor di Expo al passo carraio

Il Pct? Più lento di quello cartaceo

 

Giudici convocati “con urgenza” dal presidente Bichi per discutere sugli appalti Expo

Domani dalle 13 i processi del Tribunale di Milano rischiano di fermarsi perché i giudici si riuniranno   “con urgenza” per discutere della scioccante relazione Anac sugli appalti Expo per la giustizia milanese di cui questo sito aveva dato conto per primo due anni e mezzo fa.

A convocare la riunione con una lettera dai toni drammatici inviata a tutti i giudici è il presidente del Tribunale Roberto Bichi.

“Considerato il grave negativo riflesso derivante sull’immagine e sull’attività stessa del Tribunale – scrive Bichi – ritengo necessario convocare con urgenza una riunione dei presidenti di sezione, in primo luogo per informarvi delle circostanze a mia conoscenza e, inoltre, al fine di valutare eventuali iniziative”.

“I magistrati sono convocati nell’aula della presidenza della prima sezione civile e – questo è il passaggio della missiva di Bichi che colpisce di più – in considerazione dell’importanza dell’argomento sottolineo la necessità della presenza di tutti, eventualmente anche con sospensione dell’udienza“.

Stando a quanto emerge dalle carte in nostro possesso, Bichi non ha avuto nessun ruolo nella sciagurata assegnazione dei 16 milioni di fondi Expo destinati alla giustizia milanese. All’epoca era però il vicario del presidente Livia Pomodoro, di cui ha preso il posto quando è andata in pensione, e forse con questa iniziativa vuole prendere le distanze da chi l’ha preceduto.

La lettera esprime con palpitazione il momento delicatissimo della giustizia milanese dopo l’esposto dell’Anac di Raffaele Cantone su presunte irregolarità in almeno 18 delle 72 procedure d’appalti del Tribunale milanese per un valore di 8 milioni di euro (su 16) di fondi governativi stanziati per l’Expo e distribuiti dal Comune di Milano per l’informatizzazione della giustizia. Nel dossier dell’Anac  vengono espresse perplessità sull’operato di diversi magistrati, tra cui Pomdoro e l’ex presidente dei gip Claudio Castelli, ora presidente della Corte d’Appello di Brescia.

Ieri, la Procura ha avviato un’indagine ‘a modello 44′ a carico di ignoti sulla base dell’esposto dell’Anac con l’ipotesi di turbativa d’asta. Inchiesta che ben difficilmente resterebbe a Milano visto il presunto coinvolgimento di toghe meneghine.   I fatti risalgono a un periodo compreso tra il 2010 e il 2015. Giustiziami, ‘Il Giornale’ e il ‘Fatto’ ne avevano dato abbondantemente conto due anni e mezzo fa. Perché l’Anac arriva solo ora? E i magistrati avranno il coraggio di indagare su loro stessi?

(manuela d’alessandro)