E’ stato solo il “Sogno di una notte civile telematica”? Questo era il ‘titolo’ della festa in abito da sera organizzata il 2 luglio dai vertici del Tribunale di Milano per celebrare l’avvio ufficiale dell’attesissimo Processo Civile Telematico (PCT). Un richiamo shaksperiano che, per il momento, sembra una cattiva profezia più che la poetica aspettativa di un ‘principe azzurro’ 2.0. “Quello che possiamo dire – tenta un primo bilancio Federico Rolfi, magistrato civile e componente dell’Anm – è che il Pct ha rallentato i tempi del giudizio civile e presenta degli inquietanti profili di sicurezza”.
Com’è è possibile che l’informatica non abbia messo pepe alla ‘giustizia lumaca’? In un documento dell’Anm viene spiegato molto bene. Intanto c’è il problema del magistrato che ha su di sé “il peso integrale anche della redazione materiale del verbale, che prima era un onere diviso tra tutte le parti in causa”; poi, la necessità di esaminare tutta la documentazione attraverso lo schermo del computer comporta per i giudici “un obbiettivo allungamento dei tempi tecnici di esame dei documenti e, a volte, “la dimensione dei file contenenti la documentazione non consente il deposito telematico e obbliga al ricorso a supporti materiali di memorizzazione”. Infine, e qui è d’obbligo ricordare la montagna di soldi Expo spesi per il “sogno telematico”, almeno a Milano (vedi inchiesta-milioni-di-fondi-expo-per-il-tribunale-assegnati-senza-gara-perche), “il Pct attualmente dipende e si fonda su un parco macchine di estrema fragilità e su dotazioni software incomplete e inadeguate allo sfruttamento completo delle potenzialità dello strumento”. Inoltre, spiega Rolfi, “tutti i venerdì dalle 17 il sistema si blocca, addirittura qualche venerdì fa, tra le proteste generali, si è fermato alle 14 e 30 per problemi romani che, a catena, hanno interessato anche Milano. E ogni 15 giorni il sistema viene chiuso per gli aggiornamenti”.
C’è anche il tema della sicurezza che desta inquietudini. “Quando facciamo assistenza on line – è sempre Rolfi che parla – un operatore entra nella nostra consolle da remoto. Chi entra nel server, in teoria, pesca tutti dati che vuole. Ci è stato detto che in teoria l’operatore che entra viene filmato…”. Ad agosto di un anno fa un fulmine, a dimostrazione della vulnerabilità del meccanismo, fece collassare il Sistema Server Interdistrettuale e solo grazie alla bravura dei responsabili tecnici si limitarono i danni.
Insomma, il Pct non dovrebbe costituire il semplice passaggio dalla scrittura manoscritta a quella telematica, rappresentando solo una ‘mano’ di vernice tecnologica su una struttura rimasta uguale. “Il vero Pct – e qui Rolfi esprime il suo ‘sogno di una notte telematica’ – dovrebbe avvenire in videoconferenza e gli avvocati non dovrebbero avere più bisogno di venire in Tribunale”. Per adesso, il vantaggo più immediato sembra essere quello di una limitazione dei costi, col risparmio di carta e notifiche. Qualcuno ha esaltato l’efficienza ambrosiana di raccogliere la sfida di un processo telematico che neppure paesi come la Germania hanno affrontato. Altri fanno notare che in Germania l’opzione è stata presa in considerazione, ma poi scartata per le enormi difficoltà operative che avrebbe comportato. (manuela d’alessandro)