giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Scientology sconfitta, la stampa può investigare nella Chiesa

Il giudice civile di Milano Nicola Di Plotti ha rigettato la richiesta di risarcimento di 80mila euro presentata dalla Chiesa Scientology di Milano nei confronti dei due cronisti Andrea Sceresini e Giuseppe Borello, autori di un documentario sulla Chiesa vincitore del Dig Awards nel 2016 e poi tramesso dal programma ‘Report’.

Borello, con l’obbiettivo di registrare attraverso audio e immagini un’inchiesta sotto copertura, si era professato fedele e aveva utilizzato un falso nome per entrare a far parte della comunità di viale Fulvio Testi diventando membro dello staff per carpire informazioni agli adepti.
Per il giudice non è stata commessa nessuna violazione di domicilio perché “la sede di Scientology non può essere qualificata come un luogo di privata dimora, trattandosi di un luogo aperto al pubblico”. “In quanto luogo di culto – argomenta – è accessibile a una pluralità di soggetti anche senza il preventivo consenso dell’avente diritto; l’attività ivi svolta avviene a contatto con un numero indeterminato di persone e, talvolta, in rapporto con gli stessi: in questo senso è fuori luogo parlare di riservatezza o di necessità di tutela della sfera privata del soggetto giuridico”. Borello e Sceresini, difesi dall’avvocato Cesare Del Moro, non sono inoltre responsabili per l’illecita captazione e per la divulgazione delle immagini che ritraevano i fedeli nello svolgimento dei loro rituali e sono state inserite nel documentario ‘The organization’. Questo perché “il Codice della Privacy trova applicazione unicamente nei confronti delle persone fisiche e quindi Scientology non aveva titolarità a chiedere il risarcimento”. Scientology di Milano è stata condannata a pagare oltre 13mila euro di spese processuali.

La vicenda ha anche in corso un risvolto penale. La Procura di Milano sta svolgendo un’indagine che verrà chiusa nelle prossime settimane  sulla presunta diffamazione  attraverso il blog ‘pennivendoli.com’ (ancora online) ai danni dei due giornalisti, assistiti dall’avvocato Marco Tullio Giordano. Al vaglio degli inquirenti anche le chiamate provenienti da un telefono con una sim card riconducibile a un defunto capo dell’organizzazione. (manuela d’alessandro)

“Vendevano” foto e gossip rubati dalle mail dei vip”. A processo Selvaggia Lucarelli, Guia Soncini e Macchianera

 

 

Dove andavano a raccogliere  le chicche più squisite del gossip, tra il 2010 e il 2011, le blog star italiane Selvaggia Lucarelli, Guia Soncini e Gianluca Neri alias Macchianera? In un nascondiglio molto fecondo e troppo segreto, almeno per la legge: la memoria dei telefonini che anche per i vip dovrebbe restare un fortino inespugnabile.

Stando al decreto di citazione firmato dal pm di Milano Grazia Colacicco che li ha mandati a processo, i giornalisti e blogger riuscivano a intrufolarsi nell’intimità dei vip ottenendo “fraudolentemente” codici e password, operazioni facilitate da domande segrete a basso livello di protezione per il recupero delle parole chiave (in un caso: “Come si chiama il tuo animale domestico?”).

Il cuore dell’inchiesta sono  191 fotografie scattate durante il party per il 32esimo compleanno di Elisabetta Canalis nella sfarzosa Villa Oleandra di George Clooney, sul lago di Como. Secondo il pm, gli imputati entrano in possesso delle immagini con modi illeciti tentando di venderle al settimanale ‘Chi’ al prezzo di 120mila euro ma non riescono a chiudere l’affare perché qualcuno avvisa l’allora fidanzata del divo che sporge denuncia al commissariato Garibaldi / Venezia di Milano.

Nel processo davanti al giudice Stefano Corbetta dell’XI sezione penale, accanto alla Canalis sfileranno altre parti offese da copertina di cui gli imputati avrebbero letto le mail come se fossero una golosa rivista di pettegolezzi da sfogliare.

I blogger, si legge nel capo d’imputazione che Giustiziami ha consultato, “al fine di procurare a sé o a altri un profitto consistente nella vendita di fotografie e di informazioni o conversazioni personali di cui erano venuti a conoscenza o comunque al fine di arrecare danno a Elisabetta Canalis e alle persone di seguito indicate, si procuravano, rispondendo alla domanda segreta per la password, i codici di accesso dell’indirizzo di posta elettronica di Federica Fontana, Mara Povoleri (Mara Venier, ndr), Sandra Bullock, Scarlett Johansson e altri”.

In particolare, il profilo di Federica Fontana veniva considerato un pozzo di segreti:  gli imputati “lo monitoravano, ottenendo così indebite informazioni a loro non dirette, tra le quali l’indirizzo web, il nome utente e la password di accesso alla galleria fotografica che conteneva immagini della festa privata per il compleanno di Elisabetta Canalis”. In seguito Lucarelli, Neri e Soncini, sempre stando alle accuse,  “fraudolentemente intercettavano comunicazioni relative a un sistema informatico o telematico e ne rivelavano in parte il contenuto. In particolare, avendo fraudolentemente ottenuto gli accessi a vari account di posta elettronica, ne monitoravano la posta in entrata utilizzando un apposito account di posta elettronica come collettore unico di tutta la corrispondenza intercettata”.

I tre dovranno difendersi dalle accuse, a vario titolo, di concorso in intercettazione abusiva, detenzione e diffusione di codici di accesso (unica non contestata a Lucarelli), accesso abusivo a sistema informatico, violazione della privacy,  reati in alcuni casi aggravati dall’aver tentato di lucrarci. “Non ho mai chiesto e ricevuto un euro da nessun giornale, rivista o editore  -  scrive intanto Selvaggia su Facebook – nè per quelle foto nè per qualsiasi altra foto o notizia in altri periodi”. Per adesso nessuno ha intenzione di patteggiare (solo alcuni reati sono a querela di parte), il 19 giugno via al processo. Spegnete i computer e venite in aula.  (manuela d’alessandro)

La ‘risposta’ di Macchianera