“Egli telefonò, sì telefonò! Ma lo fece senza esercitare pressioni di sorta! Per chiedere un’informazione, nella convinzione che Karima El Marough fosse parente di un presidente di stato”.
Chi non ricorda quel vulcanico intervento alla Camera, pronunciato in un’aula trasformata in bolgia, con i deputati della maggioranza sommersi dai fischi dell’opposizione di centrosinistra? Era il 3 febbraio 2011, il Parlamento doveva decidere se autorizzare o meno le perquisizioni negli uffici del ragionier Spinelli, l’uomo che teneva la contabilità della famiglia Berlusconi. Sì, di nuovo Berlusconi, e cioè “Egli”. La Procura di Milano chiedeva di entrare e sequestrare un po’ di roba. Solo che la mattina delle perquisizioni, sugli uffici di Milano 2 era comparsa l’etichetta “Presidenza del Consiglio dei Ministri”. Territorio di Silvio, non si entra senza chiedere permesso. E allora il trio dei pm Boccassini-Forno-Sangermano inviò formale richiesta alla Camera di appartenzenza del Cav. Il Pdl in forze si schierò a difesa del suo presidente ufficializzando in sede politica la versione del caso Ruby con cui Berlusconi si sarebbe poi difeso nelle aule di giustizia: Silvio certò telefonò in Questura, ma solo perché convinto che la marocchina Karima-Ruby fosse parente del presidente egiziano Mubarak. Dichiarazioni che divisero il Paese. Metà dei cittadini-elettori-telespettatori a ironizzare, l’altra metà ancor più fermamente convinta della buona fede dell’allora presidente del Consiglio. A enunciare la tesi fu un parlamentare del Pdl e principe del Foro di Belluno: Maurizio Paniz. Continua a leggere