giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Assolto Mannino, requiem per la trattativa stato – mafia

C’è un giudice a Palermo provincia di Berlino? Sembra proprio di sì. L’ex ministro Calogero Mannino è stato assolto al termine di un processo con rito abbreviato dall’accusa di minaccia a organismo politico amministrativo o giudiziario dello stato, il reato con il quale il dottor Antonio Ingroia, “il Tonino del terzo millennio” aveva inteso fotografare la presunta trattativa Stato-mafia. La vicenda è al centro di un altro processo con rito ordinario che dura da oltre due anni con diversi imputati (Riina, Dell’Utri, Mori, Obinnu) costato fin qui un sacco di soldi e che sembra destinato a fare la stessa fine del rito abbrevviato con Mannino. Ma intanto l’iter prosegue. Continua a leggere

Il giudice Saguto chiede di venire a Milano dove voleva piazzare il figlio chef

A Milano, coi favori dell’amico avvocato, sognava di trovare un posto al sole per il figliolo chef. E nella “capitale morale”, mentre attorno a lei divampava l’inchiesta di Caltanissetta e decideva di lasciare l’amara Palermo, piantava la bandierina dei suoi desideri. Tra la fine di settembre e i primi di ottobre, il magistrato antimafia Silvana Saguto ha compilato due domande per diventare presidente di sezione o magistrato della corte d’appello a Milano mostrando una salda sicurezza nella sua innocenza.

Il curriculum brillerebbe se non fosse che, nelle prossime ore, il Csm potrebbe sospendere dalle funzioni e dallo stipendio l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo. Induzione, corruzione e abuso d’ufficio: la Procura di Caltanissetta le contesta di avere affidato all’avvocato Cappella Seminara gli incarichi più redditizzi in cambio di favori, oltre che di aver fatto per tre anni la spesa in un supermercato sequestrato, pagando di tanto in tanto, e avere usato la scorta per comprare frutta, verdura e filo interdentale. In un’intercettazione agli atti, Saguto chiede all’avvocato Seminara, amministratore dei più grossi patrimoni mafiosi a Palermo, di cercare un ristorante milanese dove far lavorare il figlio cuoco.

“A Palermo non ci torno più – aveva dichiarato il magistrato dopo che il Csm ha accolto la sua richiesta di trasferimento -  Non ci lavorerò mai più, né mai più mi occuperò di misure di prevenzione… Forse abbiamo dato troppo fastidio e hanno voluto fermarci. Non so quanto i colleghi di Caltanissetta e i finanzieri se ne siano resi conto”.(manuela d’alessandro)