Il reato di devastazione non c’è nel codice greco e in Italia sono previste pene eccessive per incidenti durante le manifestazioni. Eseguendo il mandato sarebbero violati i principi della proporzionalità della pena e dell’equo processo. Sono queste alcune delle ragioni per cui la corte di Atene ha rigettato la richiesta di estradare in Italia cinque anarchici accusati dalla magistratura di Milano di aver rivestito un ruolo nelle violenze avvenute il primo maggio del 2015 in occasione della manifestazione che contestava l’inaugurazione di Expo.
Sia il reato di devastazione e saccheggio sia quello di resistenza secondo i giudici greci vengono contestati descrivendo gli stessi fatti e non emerge che cosa avrebbero fatto con precisione i singoli manifestanti. La corte di Atene scrive di vaghezza dell’imputazione oltre a ricordare che per manifestazioni violente in Grecia la pena massima arriva a 5 anni. In Italia il reato di devastazione e saccheggio è punito con condanne comprese tra gli 8 e i 15 anni di reclusione.
L’estradizione è stata negata ma potrebbe essere avviata un’indagine penale in Grecia a carico dei cinque antagonisti. La motivazione del no all’estradizione potrebbe pesare sul procesos che inizierà il 6 aprile prossimo davanti alla quarta sezione pnal del tribunale di Milano a carico di quattro imputati italiani (un quinto indaggato è latitante). La difesa potrebbe chiedere il rito abbreviato facendo tornare gli atti al giudice delle udienze preliminari. Dal no all’estradizione arrivato da Atene la giustizia italiana non ne esce benissimo (eufemismo) con riferimento sia alle pene troppo alte sia al modo di formulare le accuse da parte dei magistrati. Non è la prima volta che accade nei confronti di altri paesi e non sarà sicuramente l’ultima. (frank cimini)