giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Il broker segreto dei francescani
si è impiccato in casa

Il signor Rossi s’è tolto la vita. Impiccato. In casa, una villetta in fondo a una via tra edifici bassi e i campi in collina ai marigini di Lurago D’Erba, piena Brianza. Quando i finanzieri del Nucleo Valutario hanno suonato il citofono, questa mattina, non ha risposto nessuno.

Ieri avevano perquisito gli uffici della Anycom Srl, proprio accanto al tribunale di Milano. Per oggi era prevista la perquisizione. I sigilli alla casa erano già stati apposti ieri.

Il signor Rossi, al secolo Leonida, 78 anni, era un professionista che si muoveva tra Svizzera e Italia, e investiva il patrimonio dei francescani di mezza penisola grazie agli incarichi ricevuti da Giancarlo Lati, economo generale della Curia Generalizia dell’Ordine dei Frati Minori, Renato Beretta, economo della ‘provincia’ lombarda e Clemente Moriggi, economo della Conferenza dei Ministri Provinciali dell’Ordine dei Frati Minori. Rossi avrebbe riciclato oltre 26 milioni di euro sottratti alle casse dei francescani impiegandoli “in attività economiche, in particolare in attività edilizie speculative”, come si legge nel decreto di perquisizione firmato dai pm di Milano Adriano Scudieri, Sergio Spadaro e Alessia Miele. Attività che però non rientravano, stando alle accuse, tra “gli scopi e le finalità religiose degli enti” da cui quei denari provenivano. Quei fondi, stando alle indagini, venivano trasferite sui conti di Rossi per poi essere reinvestiti “nella realizzazione di complessi immobiliari (villaggi turistici, alberghi, ecc.) in alcune zone dell’Africa nonché nel Medio Oriente”. E solo “a fine 2014, dopo le continue richieste pervenute dai citati enti religiosi circa la restituzione delle somme dovute”, Rossi ammette di non potere più restituire i capitali ricevuti. “A partire dalla fine del 2011 Rossi aveva infatti progressivamente rifiutato le restituzioni, facendo infine registrare l’ammanco di cassa”. Ci sarebbero altri soldi gestiti in modo sospetto, tra cui 680mila euro dell’Opera Don Bosco per le Missioni.

Ora il signor Rossi non potrà spiegare più niente. (manuela d’alessandro)

Le sei Maserati di Stato su cui nessuno del Tribunale vuole salire

Una volta (non tanto tempo fa!) i politici avrebbero probabilmente fatto a gara per farsele assegnare. Ma oggi, in tempi in cui l’antipatia e perfino l’odio verso la Casta si sono fatti palpabili, l’idea di farsi vedere in giro a bordo di una Maserati di Stato viene schivata come la peste. Deputati, senatori, magistrati, giornalisti di grido, insomma tutta la categoria dei ‘soggetti a rischio’ a cui è stata assegnata una scorta, preferiscono veicoli più sommessi. Così le sei Maserati assegnate ai carabinieri che effettuano il servizio giacciono spesso inutilizzate nel cortile del palazzo di giustizia.
A chi sia venuta la bizzarra idea di comprare delle supercar da adibire ad autoblu, è un mistero che si perde nei meandri dell’alta burocrazia statale. La leggenda vuole che ognuna, compresa di blindatura, sia costata più di centomila euro. Gli enormi costi di gestione hanno fatto sì che venissero inserite nel parco macchine che il governo ha deciso di privatizzare, cioè di vendere all’asta, ma ovviamente sono rimaste invendute. Così da Roma sono approdate a Milano. E lì si sono fermate.
Basta fare un giro nel cortile che le ospita per vedere come le Maserati spicchino nel panorama non confortante dei veicoli di Stato. L’aspetto più desolante lo hanno alcuni Ducato con le insegne di polizia e carabinieri, veicoli che dimostrano quindici o vent’anni di vita e sulla cui efficienza si potrebbe nutrire qualche dubbio. Poi molte Alfa, una quantità di Punto, alcune Lancia: tutte mediamente polverose e segnate dal tempo. Sotto una tettoia c’è un Audi, si dice sia stata sequestrata anni fa, doveva essere riconvertita ad uso dello Stato, come prevede la legge, ma evidentemente se ne sono dimenticati perché è coperta da una specie di sabbia. E poi loro, le Maserati ritargate con targa civile, troppo belle per essere usate. (orsola golgi)

Vittime dei reati informatici, niente paura. Per voi apre uno sportello gratis nel palazzo

Vittime dei reati informatici, questo spazio è per voi. Voi che vi ritenete diffamati su Facebook, truffati compiendo un acquisto online con la carta di credito, derubati della vostra identità. Ogni 15 giorni a partire da oggi, nella saletta dell’ordine degli avvocati di Milano, al primo piano del palazzo di giustizia avete a vostra disposizione dei legali esperti in diritto informatico che vi garantiscono un servizio di orientamento. “E’ uno sportello nato dalla considerazione che chi subisce un reato informatico è spesso una vittima più fragile di altri – spiega una delle promotrici dell’iniziativa, l’avvocato Silvia Belloni – non conosce bene la materia e non sa come muoversi. I legali  offrono un aiuto per capire come muoversi, non un servizio di assistenza. Ma se poi la vittima volesse presentare una denuncia le verranno garantite dall’Ordine tariffe calmierate per portare avanti la causa”. Tutte le toghe dietro allo sportello, assicura Belloni, “prestano la loro attività in modo gratuito adempiendo alla funzione sociale che l’avvocato deve esercitare” e sono state formate attraverso corsi organizzati dalla Procura, in particolare dal pm Francesco Cajani, in collaborazione con l’Ordine. Lo sportello è aperto di martedì dalle 14 e 30 alle 16 e 30. (m. d’a.)

Fondi Expo, per il Tar più di 6 mln sono stati assegnati in modo “illegittimo” al Tribunale

Quella che potete leggere qui  è la sentenza  con la quale il Tar della Lombardia ha dichiarato illegittimi  e annullato appalti per 6,4 milioni di euro destinati alla giustizia milanese in nome di Expo. Il Tribunale di Milano ha siglato una convenzione scorretta con la Camera di Commercio per informatizzare gli uffici giudiziari in occasione dell’Esposizione Universale. In buona o mala fede? A stabilirlo dovrebbe essere un’inchiesta penale o quantomeno ci si attenderebbe un’ispezione ministeriale per capire la natura del gigantesco abbaglio.  Dal 2010 a oggi milioni di euro sono stati spesi con appalti senza gara  o con gare dichiarate illegittime, come Giustiziami e poi Il Fatto Quotidiano avevano anticipato nei mesi scorsi. Di una parte di questi appalti si occupa il Tar in una sentenza che meriterebbe le prime pagine dei giornali se questi non fossero finanziati da Expo.

Nel 2014 il Tribunale, allora presieduto da Livia Pomodoro, e la Camera di Commercio firmano una convenzione in base alla quale la seconda s’impegna a realizzare alcuni lavori pagati col ‘tesoro’ di Expo: la manutenzione e gestione del sito del Tribunale di Milano, la gestione della pubblicità legale delle aste giudiziarie su siti e quotidiani; il servizio informativosu fallimenti e concordati e il supporto al processo civile telematico. Tutto procede, finché una società, la Aste On Line snc, fa ricorso al Tar lamentando una lesione della concorrenza.

Il Tar  le da’ piena ragione affermando che “la convenzione determina un’illegittima restrizione della concorrenza attualmente esistente nel settore, tendendo all’individuazione di un operatore particolare a cui demandare l’effettuazione della pubblicità in via preferenziale”. Crollata la convenzione, sono nulle tutte le gare sue ‘figlie’ che ora vanno rifatte.

(manuela d’alessandro)

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Dirsi addio nella “stanza al buio” del nuovo palazzo della giustizia milanese

Una stanza può contenere il cielo quando c’è l’amore. Ma se il sentimento se ne va, in quella stanza crolla il buio.

Piccole verità del cuore nella nuova palazzina milanese della giustizia, dove da adesso dovranno passare tutti i milanesi che si amarono e poi un giorno strapparono gli anelli.

Per aiutare moltitudini di ex sposi radiosi a elaborare la fine, gli si è messa a disposizione una vasta stanza al buio nella quale iscrivere a ruolo le cause di separazione e divorzio. Quel passaggio brutale imposto dalla legge prima di far calare il sipario. “L’impianto di illuminazione non è mai stato attivato”, leggiamo sul cartello appeso all’ingresso della stanza degli addii. Non sia mai che a qualcuno  venga da rimpiangere la luce dell’amore. Nel caso, c’è un indirizzo a cui sporgere reclamo. (manuela d’alessandro)

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