giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

La sentenza sull’abuso sessuale con lei in pantaloni bocciata al seminario degli avvocati

Lei non è “credibile” perché ha denunciato solo 5 mesi dopo i fatti, racconta di avere subito un abuso sessuale con indosso i pantaloni, avrebbe finto di dormire quando si è accorta che lui la toccava nelle parti intime. Lui, un conoscente che l’aveva accompagnata a casa perché non si reggeva in piedi per l’alcol e poi si era infilato nel suo lettone matrimoniale “crollato per la stanchezza”, viene assolto dai giudici della nona sezione penale del Tribunale di Milano dall’accusa di violenza sessuale. Il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a un anno e dieci mesi di carcere. La sentenza (giudici Luerti – Gasparini – Introini) è stata oggetto di accese critiche da parte degli avvocati che hanno partecipato nei giorni scorsi a un seminario organizzato dall’ordine e dalla regione Lombardia per formare legali specializzati nella tutela delle vittime di violenza sessuale. Per il difensore di parte civile, che ha affiancato la donna nel processo e tiene l’anonimato per proteggere la cliente, “è un verdetto strano e incomprensibile. Avrei potuto capire un’assoluzione perché lui poteva avere frainteso le intenzioni di lei, disponibile a uscire e ubriacarsi con lui. Invece, i giudici puntano sulla non credibilità di lei con argomenti non logici”. La donna spiega ai giudici di essersi addormentata vestita ed essersi svegliata qualche ora dopo sentendo che lui “aveva un braccio sotto il mio collo e con quella mano mi toccava il seno e con l’altra dentro le mutande”. “Per quanto concerne l’abbigliamento – scrivono i giudici nelle motivazioni – non è stato spiegato come la mano dell’imputato possa essersi infilata sotto le mutande di una donna sdraiata a letto e vestita con abiti invernali, per di più pantaloni”.  “Coi pantaloni – insistono – la dinamica appare ancora meno verosimile: se il braccio dell’aggressore avvolge da sotto il collo della donan fino a toccare con la mano il seno, l’altro braccio non può che raggiungere la zona genitale che da sotto, salvo ipotizzare una difficile contorsione. La mano potrebbe così infilarsi sotto le mutande, se la donna non indossasse nulla oppure solo una gonna (…)”. Non è credibile nemmeno che abbia mantenuto un “comportamento glaciale e inspiegabilmente razionale” decidendo di non muoversi e “fingere un lento risveglio” mentre lui la palpeggiava.

Nella sentenza viene poi valorizzato il fatto che la donna abbia confessato a un’amica e taciuto invece ai giudici di non avere denunciato due abusi in passato. “Ma dal percorso psicologico seguito per un anno dalla mia cliente – contesta la parte civile – non è emerso alcun suo desiderio di rivalsa né la tendenza a confondere piani di realtà e fantasia, come confermato dalla terapeuta sentita in aula”. La donna, spiega il legale, ha deciso di non presentare appello “perché troppo traumatizzata dalla vicenda”. (manuela d’alessandro)

L’inerzia di Palazzo Chigi che non chiede a Mills di saldare il conto di 250mila euro

Sono passati sei anni dal giorno in cui la Cassazione dichiarando la prescrizione della corruzione in atti giudiziari contestata a David Mills lo condannava a risarcire la presidenza del consiglio dei ministri con 250 mila euro e a versare 25 mila euro di spese processuali affermando la penale responsabilità dell’avvocato inglese per essersi fatto corrompere come testimone “con almeno 600 mila dollari da Silvio Berlusconi”. Correva il febbraio del 2010. Ecco, Mills non ha sborsato un centesimo, attestato sulla sua determinazione a non riconoscere le statuizioni civili.

Lo stato italiano non è stato capace a tutt’oggi di riscuotere. Al momento della decisione della Cassazione a palazzo Chigi sedeva Silvio Berlusconi il quale beneficerà pure lui successivamente della prescrizione ma senza conseguenze a livello di giustizia civile perché i tempi scaduti erano stati dichiarati con la sentenza di primo grado mentre Mills era reduce dalla condanna a 4 anni e 6 mesi confermata dalla corte d’appello. E la situazione con Berlusconi premier era addirittura comica. Ma dopo il fondatore della Fininvest ne passava di acqua sotto i ponti e a palazzo Chigi arrivavano uno dopo l’altro Mario Monti sobrio nel suo loden verde, l’intellettuale poliglotta Enrico Letta e infine Matteo Renzi che tuttora ci delizia. Nessuno dei tre è riuscito a battere chiodo.

Mills dall’estate scorsa ha pure aperto un ristorante nella campagna londinese, ma l’Italia non ha disturbato concretamente l’avvocato che aveva creato un sistema di società off-shore utilizzato da Fininvest e che poi accettava, secondo la giustizia nostrana, “il regalo” per testimoniare il falso in due processi a carico di Berlusconi.

La pratica è tuttora formalmente aperta e l’unica attività di cui si ha notizia è quella dell’avvocatura dello stato parte civile nella vicenda giudiziaria per interrompere un’altra prescrizione, quella relativa al risarcimento.

Mills è una sorta di abbonato alla prescrizione perché ne aveva beneficiato anche per la presunta testimonianza nel caso Sme e per il presunto riciclaggio nella vicenda Mediaset prima che si arrivasse a sentenza. Insomma gli è andata bene, ma la presidenza del consiglio dei ministri almeno una mano gliel’ha data se non tutt’e due. Il suo bilancio sarebbe positivo anche nel caso dovesse risarcire. Ne intascò “almeno 600 mila” (dollari) contro i 250 mila euro più 25 mila che dovrebbe versare nelle casse dello stato italiano. Pare che l’uomo sia un po’ tirchio. Ma è pure fortunato perché la sua avidità  viene assecondata.  (frank cimini e manuela d’alessandro)

I giudici milanesi che hanno firmato l’appello per la stepchild adoption

Tra i ‘milanesi’ ci sono il presidente di sezione Elena Riva Crugnola, i giudici Olindo Canali, Maria Luisa Padova, Caterina Interlandi, Francesca Fiecconi  e Alessandra Dal Moro, la preside della facoltà di Giurisprudenza della Statale, Nerina Boschiero, l’ex procuratore Edmondo Bruti Liberati, il giudice in pensione Nicoletta Gandus, diversi professori universitari e avvocati. Assieme ad altri trecento giuristi hanno firmato un appello per includere la stepchild adoption nella legge sulle unioni civili che verrà dicussa a fine mese in Senato, uno dei temi più dibattuti anche nella maggioranza tra chi è favorevole o contrario all’adozione del figlio, naturale o adottivo, del partner. Continua a leggere

Le centinaia di fascicoli abbandonati al settimo piano del Tribunale

I colori della legge: rosa, verde, azzurro, giallo. Non si può dire che questa fotografia scattata al settimo piano del Tribunale di Milano rimandi l’immagine di una giustizia grigia.  E neppure di una giustizia chiusa in se stessa; chiunque può passare, sfogliare, portare via. Pezzi di antiquariato giudiziario o fascicoli freschi. Se avete la passione degli archivi passate di qua, nel fine settimana, a  farvi un bagno di colore. (manuela d’alessandro)

48 anni senza un giorno di assenza e con passione, va in in pensione Laura Bertolé Viale

Quarantotto anni e mezzo senza un giorno di malattia.

“Ecco, tutto quello che dovevo fare l’ho fatto”.  Laura Bertolé Viale sposta alcuni fogli sull’immenso tavolo del suo ufficio elegante, quasi li accarezza. C’è una firma importante, l’ultima della sua vita giudiziaria, con la quale toglie l’indagine, per assegnarla a quello che ancora per oggi è il suo ufficio, a un pubblico ministero che non ha indagato a fondo su un delitto. Negli ultimi cinque anni da avvocato generale dello stato, come mai nessun suo predecessore, ha esercitato il potere – dovere di avocazione, anche inimicandosi magistrati di peso a cui biasimava scarso ardore investigativo. E’ stata la prima a mettere il naso tra i rovi burocratici e reali dove è in costruzione da 20 anni l’aula bunker del carcere di Opera, ottenendo che la corte dei conti aprisse un’indagine. E una dei pochi ad accorgersi che il sistema di affidamento dei fondi Expo alla giustizia milanese era oscuro e non rispettoso della legge, tanto da decidere di starne fuori mentre attorno a lei c’era la corsa alla fetta più sostanziosa.

“Sono entrata in magistratura nel maggio del 1968, tredici anni al tribunale civile e  poi ho seguito da giudice penale e da pubblico ministero tutti i terrorismi: rosso, nero e islamico”.  Ha sostenuto l’accusa nei processi d’appello per le stragi di piazza Fontana e della Questura di Milano, giudice estesore della prima condanna in appello perAdriano Sofri, si è occupata dell’omicidio Calabresi. E’ stata anche rappresentante dell’accusa in diversi processi a Silvio Berlusconi (All Iberian, Mills, diritti tv, nastro Unipol).

“Ho fatto tutto, vado in pensione contenta”. Magistrato con la porta sempre aperta a tutti, mancherà molto a una giustizia che non ama guardare allo specchio le sue deformità. (manuela d’alessandro)

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