giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Sky1992, mancano i congiuntivi massacrati dall’Eroe e tanto altro

L’attore che impersona l’Eroe di Mani pulite parla un italiano molto corretto, troppo, ripensando ai congiuntivi massacrati allora e pure adesso da Tonino da Montenero di Bisaccia. E manca tanto altro, tantissimo, considerando che si ha la pretesa da parte di Sky di raccontare a chi allora non c’era cosa accadde nel mitico 1992.

Sembra che la storia del mondo inizi con l’arresto di Mario Chiesa. Bisognava spiegare innanzitutto che la corruzione c’era pure prima del 1992 e che gli uffici giudiziari, compresa la procura di Milano che poi per anni avrà in mano le sorti del paese e per certi versi ce l’ha ancora purtroppo, facevano finta di non vederla.

Perché non era ancora scattata l’ora x, il momento propizio. Che poi arriva. Accade, al di là dei riferimenti alla caduta del muro di Berlino, quando le toghe si rendono conto che la politica si è indebolita, che ha meno consenso tra la “gggente”. A quel punto scatta l’aggressione, perché i magistrati hanno da andare all’incasso, riscuotere il credito acquisito anni prima quando i politici delegarono completamente la risoluzione del problema relativo alla sovversione interna, il cosiddetto “terrorismo”.

E’ la storia dell’infinita emergenza italiana diventata prassi di governo dagli “anni di piombo” passando per i professionisti dell’antimafia fino a Mani pulite e oltre. Con il codice di procedura penale usato come carta igienica, la carcerazione preventiva finalizzata ad acquisire prove.

E speriamo che dalle prossime puntate emerga il ruolo dei giornali che erano di proprietà di imprenditori non certo editori puri che erano sotto schiaffo da parte del pool per le loro attività e che appoggiarono l’inchiesta in cambio dell’impunità. Un do ut des perfetto. Speriamo. L’inizio della fiction non promette nulla di buono. Anzi (frank cimini)

Addio a Lo Giudice, fu legale di Craxi.
Ostinatamente, un avvocato.

Quando gli avvocati milanesi sfilavano davanti alla porta di Antonio Di Pietro implorando un salvacondotto in cambio di una confessione, tra i loro colleghi a scandalizzarsi, a chiamarsi fuori da quel rituale un po’ avvilente, erano in pochi. Enzo Lo Giudice, morto questa mattina nella sua casa calabrese, era uno di questi. Per cultura giuridica, per formazione politica, per carattere, andare a baciare la pantofola del pm superstar sarebbe stato per lui un insulto a sè medesimo. E da questo punto di vista si trovò in piena sintonia con il suo assistito più importante di quegli anni: Bettino Craxi, segretario del Partito socialista, che dello scontro frontale e senza esclusione di colpi con i magistrati del pool Mani Pulite aveva fatto la sua unica strategia difensiva.
Andò a finire come è noto: Craxi sommerso dai mandati di cattura e poi dalle condanne, fuggiasco nella villa di Hammamet. E Lo Giudice, con il suo collega Giannino Guiso, ostinati a difenderlo nelle aule di processi sempre più scontati nell’esito e sempre più vani nelle conseguenze concrete. Un po’ rassegnati, Lo Giudice e Guiso, ma ancora con la fierezza dei vecchi del mestiere, convinti di testimoniare non la innocenza di Craxi ma l’orgoglio di una professione.
Sono passati vent’anni, Lo Giudice ha continuato a portare la toga e a lottare, ma – come per tutti i protagonisti della stagione di Tangentopoli – quell’epoca straordinaria gli è rimasta cucita nell’anima, e quella battaglia è una medaglia che si porterà appresso nel paradiso degli avvocati che sanno fare il loro lavoro. (orsola golgi)