giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

“Per gay e lesbiche ci vorrebbe Hitler”
Pm: non sono reato gli insulti a Stella Manente

 

Durante l’ultimo Pride, contro gay e lesbiche evocò Hitler sul suo profilo Instagram da 196mila follower. Perché – poverina! – il corteo vicino alla stazione Centrale di Milano stava rallentando il suo cammino verso il Frecciarossa che la portava a Venezia. Ideona. Un mare di proteste sui social. Gli attacchi di Cristiano Malgioglio. Gli sponsor che la mollano. Le scuse, la mattina dopo, in un video con cui dice di aver sbagliato, anzi “enormemente sbagliato”. Poi il nuovo ripensamento: una bella denuncia contro tutti coloro che l’avevano insultata commentando a caldo il suo video simpatinazista. Ora arriva la mazzata finale: la procura di Milano ritiene che chi l’ha insultata non è perseguibile penalmente, avendo agito in risposta a un comportamento ingiusto.
La modella, o influencer, o starlette dei social, biondissima, bellissima, 27enne Stella Manente (è il suo vero nome) aveva sporto denuncia per tre ipotesi di reato: diffamazione, minaccia aggravata e molestie nei confronti di alcuni commentatori social scatenati dopo il suo video in cui, attraversando controcorrente il corteo del Pride, protestava pronunciando una cosetta come “sto perdendo il treno per colpa di ‘sta massa di ignoranti… andate tutti a morire! Sarebbe dovuto esistere Hitler! Perché non esiste più Hitler?”. Forse ignara del fatto che quel tale Hitler fece internare almeno 50mila omosessuali, segnalandoli con un triangolo rosa (uomini) o nero (donne) cucito sul petto e sterminandone un numero imprecisato.
“Non sapevo nemmeno dell’esistenza di questo gay pride”, si era giustificata lei nel video di scuse. Salvo poi, appunto, denunciare chi l’aveva attaccata.
A meno di quattro mesi dall’iniziativa giudiziaria della Manente, il pm di Milano Mauro Clerici, ai cui validi collaboratori non è certo venuta la tentazione di lasciare il fascicolo in fondo alla pila delle incombenze, chiede l’archiviazione rilevando che “il comportamento della denunciante costituisce palesemente un fatto ingiusto perché evocare ad alta voce Hitler nel corso di una manifestazione quale il Gay Pride significa evocare e giustificare le persecuzioni naziste contro gli omosessuali. (Manente, ndr) inoltre ha dato ulteriore seguito dandovi pubblicità su Instagram e pertanto le numerose persone che hanno reagito a tale condotta, contro cui viene presentata denuncia, appaiono giustificate dal disposto di cui all’art. 599 c.p.”. Ovvero la provocazione. Scriminati perché provocati.
Tra l’altro, precisa la procura, Stella Manente se la prende con messaggi diffamatori postati da sconosciuti “sui social network e su blog, in particolare Instagram, tutti americani”: impossibile ottenere la collaborazione dagli Stati Uniti per identificare gli autori dei messaggi su un caso di questo genere. Esercitare l’azione penale, è impossibile. La procura ritiene “infondata la notizia di reato”.
Conclusione della storia: oggi la modella, con le sue stories di Instagram, ha oltre 26mila fan in più rispetto a luglio scorso. E’ a quota 222mila. Forse, tutto sommato, per la Stella di Instagram, l’ideona era un’ideona davvero.

Insultò sindaco omofobo, prosciolto
Gip: discriminazioni di genere fuori dal tempo
La società è più tollerante

Ora le associazioni e l’intera comunità Lgbt (Lesbica, Gay, Bisex, Trans)  ringrazino pubblicamente l’ex sindaco di Sulmona Fabio Federico. E’ solo grazie alla sua ostinazione nel querelare chiunque avesse osato commentare le sue dichiarazioni omofobe che ora possiamo leggere sentenze chiare, innovative e illuminanti, in tema di discriminazione di genere e di orientamento sessuale, come quella che vi illustriamo qui.

Ricordate quel giovane che gli diede della “testa di c.” per il video in cui Federico associava omosessualità e presunte ‘aberrazioni genetiche’? Il pm di Busto Arsizio aveva chiesto l’archiviazione, spingendosi ad affermare che quell’insulto era persino poca cosa a fronte delle affermazioni pubbliche dell’allora primo cittadino su Pacs, omosessualità e genetica. Ora il gip Patrizia Nobile accoglie la richiesta di archiviazione – cui Federico si era opposto – e va oltre le argomentazioni del pm. L’imputato va archiviato perché ha reagito a una provocazione, come sostenuto dall’avvocato Barbara Indovina, che ha seguito questa vicenda più per impegno civile che per dovere professionale. “La gravità” delle affermazioni di Federico, scrive il giudice, “non è revocabile in dubbio e ciò non solo perché quanto sostenuto dall’opponente è destituito di qualsiasi fondamento scientifico, ma perché trattasi di affermazioni gravemente discriminatorie, che esorbitano da qualsiasi tutelabile manifestazione del diritto di opinione o di critica, giacché riconducibili a convinzioni, peraltro mutuate da famigerate teorie eugenetiche, incitanti all’omofobia, alla transfobia e alla discriminazione basata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere“. Insomma Federico ha usato concetti che non ricadono nella critica, ma sono falsità, tanto più gravi in quanto si rifanno al peggio della storia del ’900 tentando di proiettarsi sul presente. Ma in questo secolo, quello in cui viviamo, spiega il giudice, “sempre più presente è l’attenzione nella società civile a fenomeni di emarginazione sociale riconducibili all’omofobia (…) e può ritenersi che la società civile nell’ultimo decennio abbia rinunciato a ritenere ‘innaturale’ un fenomeno in realtà esistente in natura e sia dunque ormai approdata alla ‘depatologizzazione’ della omosessualità, interiorizzando piuttosto il valore della tolleranza e della tutela della libertà di orientamento sessuale“. Insomma, il signor Federico, che si è offeso per quell’insulto, è rimasto indietro di qualche decennio e male fa a lamentarsi. Fa parte di quella esigua minoranza che ritiene – maldestramente – che l’omosessualità sia una malattia.

Anche in un processo gemello di Milano gli è andata male, questa settimana. Aveva chiesto 15mila euro all’imputato di diffamazione. Invece il giudice ha assolto, al termine del dibattimento. L’offesa c’era – anzi, era forse più pesante del ‘testa di c.’ – ma è scriminata, anche in questo caso, dalla provocazione di quel video. In altri processi ancora – sì perché con le sue querele Federico ha messo in moto una quarantina di Procure e Tribunali della Repubblica – l’imputato ha transato. Noi siamo convinti che a fare giurisprudenza sarà la sentenza del giudice di Busto Arsizio. Sentenza Busto Arsizio