giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Il super poliziotto Gallo va in pensione, ignorato dai magistrati

“Avevo invitato anche i magistrati con cui ho lavorato in questi anni: Spataro, Romanelli, Nobili…”. Carmine Gallo si ferma qui, non fa polemiche. Ma basta guardarsi intorno, nella sala stracolma del ristorante di Lainate scelto per l’occasione, per rendersi conto che di magistrati non c’è neanche l’ombra. Nessuno dei tre citati da Gallo, nessuno dei tanti altri con i quali nei suoi quarantun anni da poliziotto ha lavorato a contatto di gomito. Per celebrare l’addio di Gallo alla divisa sono arrivati da tutta Italia: il vicecapo della polizia Luigi Savina, il questore di Torino Francesco Messina, una lunga serie di poliziotti che hanno fatto la storia delle indagini a Milano, da Francesco Colucci e Massimo Mazza. Il clima è quello consueto di queste occasioni, un po’ di amarcord e un po’ di commozione: come quando Gallo ringrazia sua moglie “per tutte le volte in cui l’ho chiamata dicendo che arrivavo dopo mezz’ora e riapparivo dopo una settimana”. Ma è anche un’occasione speciale, perché Gallo è stato un poliziotto speciale. Formidabile nella mole di lavoro e formidabile nei rapporti con il mondo della malavita, dove conosceva quasi tutti e dove tutti sapevano che – nel rispetto dei ruoli – di Gallo ci si poteva fidare. Come dice il sindaco di Rho, che l’ha avuto come capo del commissariato negli ultimi anni, “se avevo un problema chiamavo Carmine, a qualunque ora del giorno e della notte. E lui mi rispondeva: ci penso io”.

Ecco, anche per tanti magistrati Gallo è stato questo: l’uomo a cui rivolgersi quando c’era un problema da risolvere. Ne ha risolti tanti, di problemi: dal sequestro Sgarella al delitto Gucci. Così fa un certo effetto scoprire che ieri nessuno dei pm con cui ha lavorato (tutti impegnatissimi, per carità…) ha sentito il dovere di essergli affianco. E’ difficile non collocare questa storia nel grande tema dei rapporti tra magistrati e polizia giudiziaria: un rapporto di cui le toghe sono giustamente gelose, e da cui – grazie alla sentenza della Corte Costituzionale – sono riuscite a impedire il controllo della politica. Un rapporto fato di fiducia reciproca, a volte quasi di simbiosi tra magistrato e investigatore. 

Gallo è stato anche questo, per anni. Ma la sua non è stata una storia a lieto fine. Incriminato a ripetizione, sempre assolto tranne che per una accusa che riguardava in pieno i suoi rapporti con i pm, con le indagini, con i confidenti. Nessuno dei magistrati che lo svegliavano nel cuore della notte è stato al suo fianco in questa fase, come nessuno è stato presente al suo addio. Così va il mondo, si dirà. Lui va in pensione, in silenzio, schivo. L’ultimo ad abbracciarlo è Gigi Savina: “Grazie, commissario Gallo, per come hai servito il Paese”.(Orsola Golgi) 

Il memoriale di ‘nonna’ Gucci, case e dolori di un’ereditiera (sobria)

 

“Quanto ereditato mi ha consentito di vivere sempre senza problemi”. Eccolo il sogno di molti italiani, evocato dalla signora Silvana Barbieri, mamma di Patrizia Gucci, in un memoriale consultato da Giustiziami ed entrato a far parte del processo che vede imputata l’ereditiera assieme alle nipoti Allegra e Alessandra Gucci per evasione fiscale. Il pm Gaetano Ruta ha chiesto per tutte loro l’assoluzione dalle accuse di avere nascosto al fisco 9 milioni (le sorelle) e 88mila euro (la nonna) sostenendo che “all’origine ci sarebbe stata la pianificazione di un’evasione di cui però non è stata raggiunta la prova”.

Il documento del luglio scorso, lungo 17 pagine, ci consegna scampoli della storia immobiliare, giudiziaria e umana della vedova Reggiani, ora 89enne, e della figlia Patrizia, condannata a 26 anni per essere stata la mandante degli assassini del marito Maurizio Gucci e ora in libertà. Nelle ‘memorie’ scorre un pezzo della saga glamour ‘in nero’ di una delle più importanti dinastie della moda nel mondo. Anche Silvana Barbieri venne processata per l’omicidio dell’erede della maison ma fu scagionata nel 2000 dall’accusa di aver aiutato la figlia a cercare un killer per sbarazzarsi di Maurizio.

SOBRIETA’ 

 ”Dopo la morte di mio marito nel 1973 ereditai un cospicuo patrimonio immobiliare (…) nonostante la mia condizione economica benestante, e la mia ancora giovane età ho sempre avuto uno stile di vita sobrio, sicuramente agiato,ma schivo da ogni ostentazione, o lusso eccessivo. Ero attenta a ogni spesa (…)

MONTECARLO, MON AMOUR

“Mi liberai di quegli immobili che avevano un particolare valore affettivo o evocavano brutti ricordi e conservai quelli che erano frutto del lavoro di mio marito ed erano per me la fonte di reddito. La casa di Corso Matteotti era un trilocale con terrazzo più servizi preso in locazione perché non avevo ancora deciso dove stabilirmi definitivamente (…) Conobbi la titolare di un’agenzia immobiliare a Montecarlo, dove mi trasferii, che mi trovò un appartamento non particolarmente grande (100 mq) ma sito in una posizione prestigiosa che affacciava direttamente sul porto. Fu da me arredato finemente ed era un vero e proprio bijoux. Le mie nipoti Alessandra e Allegra venivano spesso lasciate da Maurizio e Patrizia da me quando andavano a fare i loro viaggi in giro per il mondo e la casa divenne piccola. Acquistai un nuovo immobile con una posizione splendida e un bel terrazzo (…) Ospitavo sovente amici, conobbi il Principe, e frequentavo molte persone. La cerchia più stretta di amici comprendeva ad esempio la contessa Offedduzzi, la nota famiglia ebrea degli Alzarachi, la famiglia Aldrovandi, noti produttori di calzature (…)Venivo a Milano per gli affari attinenti ai cespiti immobiliari e per vedere mia figlia quando non era nell’abitazione di St. Moriz o altrove, mentre a Montecarlo si svolgeva la maggior parte della vita sociale, che occupava gran parte del mio tempo, non avendo io esigenza di lavorare ma potendomi gestire il mio patrimonio ereditario”.

L’OMICIDIO

“Il 1995 fu l’anno in cui il mio genero Maurizio Gucci venne ucciso (…) pur nella drammaticità del frangente (Patrizia venne arrestata nel 1997) le mie permanenze e abitudini non dovettero modificarsi in modo sostanziale. Pur mantenendo la mia residenza e le mie frequentazioni  a Montecarlo si rese necessaria (e non fu certo una scelta) una mia più intensa presenza a Milano, sia per i colloqui in carcere con mia figlia sia per quelli con gli avvocati (…) Fui invitata dalle mie nipoti a utilizzare la casa di Porta Venezia che divenne il punto di appoggio per tutte noi. Era una prestigiosa abitazione di proprietà della famiglia Marelli che Maurizio Gucci aveva scelto per andarvi ad abitare con la sua nuova compagna e che aveva preso in locazione da una società della famiglia Marelli attraverso una società estera a lui riconducibile. (…) Personalmente ero estranea a tale società estera. Gli onerosi canoni di locazione furono sempre pagati in automatico, in forza del contratto di locazione della società estera, con liquidità derivanti dal patrimonio Gucci. Non contribuivo in alcun modo con le mie sostanze.

IL MIO PATRIMONIO TUTTO CESPITI

“Circa il mio patrimonio, confermo che tutte le entrate sono sempre derivate da cespiti ereditati che avevo venduto (es. casa di via dei Giardini, casa al mare) o locato (…) Quello che ho ereditato mi ha sempre consentito di vivere senza problemi. Dalla metà degli anni ’90, Montecarlo per me e St. Moriz per le ragazze erano luoghi più sereni di Milano ove ci attendevano solo problemi. Debbo confessare che quella vicenda ha inciso profondamente nella mia vita e nel mio modo di relazionarmi agli altri. Divenni più schiva e meno propensa alle relazioni sociali, notai un raffreddarsi nei rapporti con molte persone e comunque in generale le mie relazioni sociali si diradarono significativamente anche per una sorta di mio irrazionale pudore, del tutto in giustificato per quel che mi riguarda, potendo dire di aver vissuto a testa alta tutta la mia esistenza, tutt’altro che priva di problemi.

LA CASA DEI SOGNI VICINO AL PALAZZO DA 6 MLN

“Fu così che nel 2004 acquistai fu acquistato l’immobile di via Andreani (ndr, a pochi metri dal Palazzo di Giustizia) attraverso l’acquisto dal precedente proprietario (da parte della capogruppo delle mie società, la Mauzia) delle quote della Soire srl, società precedente intestataria dell’immobile. Fu versato dalla Mauzia un acconto di un milione di euro mentre fu acceso un mutuo ipotecario per i rimanenti cinque milioni costituenti il saldo prezzo. (…) Allegra e Alessandra si dichiararono disponibili a prendere in locazione l’immobile per partecipare ai costi di gestione. La locazione si concretizzò attraverso un contratto tra Soire e una società di cui si servivano le ragazze. Venne deciso un canone di 200mila euro a favore di Soire.

LE SPESE EXTRA CARCERE E LUSSO  DI PATRIZIA 

“Allegra e Alessandra (che hanno ereditato il patrimonio Gucci e hanno disponibilità ben superiori alle mie) hanno sempre contribuito in modo consistente per Patrizia, sia per quel che riguarda il mantenimento in prigione sia per gli acquisti e le spese (non indifferenti) che la mamma – certo non badando al risparmio – effettuava nel corso delle uscite dal carcere (parrucchiera, estetisti, accessori, sartoria e vestiario di qualità) oltre che per le spese della casa di via Andreani. A tale scopo venivano inviati sul mio conto italiano, a cadenza bimestrale, 25 o 30mila euro funzionali a queste spese. Il denaro proveniva da disponibilità estere delle mie nipoti e tramite in conto svizzero veniva girato sul mio conto dov’è diventato oggetto di contestazione a titolo di reddito non dichiarato. In realtà erano accrediti di Allegra e Alessandra, quale contributo delle spese di cui sopra”.

Manuela D’Alessandro