giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Il procuratore Greco, da oggi via libera alle carte ai giornalisti

Sono le 18 del 3 ottobre 2019 quando il sogno di ogni cronista di avere a disposizione una ‘macchinetta’ da cui fuoriescano carte giudiziarie, oltrepassando l’enorme fatica di bussare a mille porte e schivare altrettanti inviti all’inferno, inizia a diventare realtà. Il procuratore di Milano Francesco Greco consegna a una decina di giornalisti nella sua stanza le motivazioni alla decisione con cui il Tribunale del Riesame ha confermato il sequestro di documenti a carico di Gianluca Savoini, l’ex portavoce di Matteo Salvini, coinvolto nell’inchiesta sui presunti finanziamenti illeciti dalla Russia alla Lega. Bum.  Non è proprio il dispenser che con un modico gettone sputa tra le mani tutti gli oggetti del desiderio, ma un enorme passo verso quella chimera sì, lo è.  “Da oggi, si cambia – spiega Greco agli increduli interlocutori – per evitare situazioni di concorrenza sleale abbiamo deciso che, dietro pagamento della marca da bollo, vi distribuiremo copia delle carte che possiedano due requisiti: non contengano informazioni coperte da segreto e abbiamo  rilevanza pubblica. Questo in base anche alla giurisprudenza europea in tema”.

Tutto bene? Il piatto è ghiotto, non c’è che dire. La caccia alle carte  è da sempre un’attività simile a una tappa di severissima montagna per i ciclisti del Giro d’Italia. Eppure qualche perplessità serpeggia nel gruppo. I giornalisti poveri o che non hanno rimborsi come faranno a pagarsi bolli anche da centinaia di euro? Quali criteri ispireranno la Procura nello scegliere cosa divulgare? Poi c’è anche da dire che l’atmosfera nella sala stampa milanese è simile a quella di ‘Prima Pagina’, la commedia diretta da Billy Wilder in cui i giornalisti fanno a gomitate per arrivare primi a dare la notizia e il lavoro di squadra non è contemplato. Chi s’introdurrà per primo nella stanza del procuratore sarà avvantaggiato? E gli avvocati come la prenderanno? Questa democratica macchinetta è pur sempre mossa e utilizzata da uomini e donne.

(manuela d’alessandro)

Giornalisti, contenti che l’Inpgi non è parte civile contro chi vi avrebbe truffato?

Cari giornalisti, siete contenti che l’ente che custodisce le vostre pensioni non cerchi di rimettere in cassa quasi otto milioni rubati agli iscritti attraverso una presunta truffa?

Questo sta accadendo nel processo milanese a Giorgio e Luca Magnoni, padre e figlio, accusati  di avere raggirato, attraverso la fallita holding Sopaf di cui erano amministratori,  gli enti previdenziali di medici, ragionieri e, appunto, giornalisti.  Nell’udienza di oggi hanno chiesto di costituirsi parti civili l’Enpam (Ente Nazionale dei Medici) e la cassa previdenziale dei ragionieri, nessuna istanza invece è arrivata dall’Inpgi.

Come mai? Facciamo un’ipotesi. Forse perché il Presidente dell’Inpgi Andrea Camporese è tra gli indagati in un rivolo di questa indagine? Nel novembre 2014, Camporese aveva ricevuto un invito a comparire firmato dal pm Gaetano Ruta che gli contesta il reato di truffa aggravata. Per la Procura, avrebbe aiutato la Sopaf a incassare 76 milioni di euro acquistando dalla holding  le quote del fondo Fip (Fondo Immobili Pubblici) a un prezzo superiore rispetto a quello reale.

Sempre stando alla ricostruzione della Procura, Camporese sarebbe stato avvertito da persone interne all’Inpgi dei rischi dell’operazione, ma avrebbe agevolato la Sopaf “con artifici e raggiri” consistiti nel rappresentare falsamente all’organo amministrativo dell’Ente che che la finanziaria fosse titolare delle quote di Fip. Camporese ha sempre respinto le accuse (“Mi auguro si accerti la correttezza del mio operato”) e gli auguriamo di essere assolto. Nel frattempo, però, è umiliante per chi rappresenta che l’Inpgi non si costituisca parte civile. (manuela d’alessandro)