Il “testa di c.” al sindaco omofobo era già praticamente depenalizzato, come vi raccontavamo qui. Ora l’elenco degli insulti a disposizione per rivolgersi all’ex primo cittadino di Sulmona, Fabio Federico, senza incorrere in conseguenze penali, si allarga a dismisura, grazie al provvido provvedimento di un pm di Torino, Chiara Maina, e a quello del gip Gianni Macchioni.
“Se per normale intende un come lui allora viva l’anormalità. Che c… c’entrano gli ormoni, c…, l’Italia è ferma all’800. Comunque caro Federico, vai affan*§#@ [per esteso nel testo, ndr] tu e tutti quelli ignoranti e idioti come te”, scriveva Enzo C. a corredo del famoso video “Federico e i gay“.
Ragiona il pm di Torino: “Deve ritenersi che non si ravvisano [brrrrr!, ndr] gli estremi oggettivi e soggettivi della diffamazione, tenuto conto dell’intrinseco contenuto del video (…) a commento del quale l’odierno indagato avrebbe inserito una frase asseritamente diffamatoria (…). Orbene, la frase incriminata, certamente forte nei toni utilizzati, va comunque contestualizzata nel contenuto instrinseco al video, sicuramente poco rispettoso nei confronti degli omossessuali [quadrupla S nel testo originale, ndr], definiti, tra l’altro, come “persone con problemi”. Tanto premesso, il comportamento dell’indagato, persona omossessuale [di nuovo, ndr] e, dunque, ritenutasi offesa dal contenuto del video, appare una reazione alla provocazione intrinsecamente contenuta nel video rispetto alla condizione di omossessualità [ancora, ndr] e, pertanto, configurante, quantomeno nei termini putativi, l’esimente di cui di cui all’art 599 c.p. della cosiddetta provocazione”.
Enzo C. avrebbe agito “in uno stato d’ira determinato dall’altrui provocazione”.
Il pm chiede l’archiviazione, il gip la dispone con un provvedimento di quattro righe scarse: “La richiesta del pm appare condivisibile”.
Ripiloghiamo: “Testa di c.”. “Sembra uno che va a trans“. “Vai affan*§#@”. “Ignorante”. “Idiota”. In caso di provocazione omofoba tale da farvi arrabbiare, è tutto lecito. Bisogna “contestualizzare”.
Lo scrivente, augurandosi la fine delle provocazioni e del conflitto su temi sociali-etnici-sessuali, si augura sommessamente che i provvedimenti di cui sopra facciano giurisprudenza. Salvo per le brutture linguistiche, ovviamente. Con un “bravo” a quegli avvocati, come Barbara Indovina, che l’hanno avuta vinta fin qui, nella difesa dei loro presunti diffamatori. Altra considerazione non richiesta: se uno proprio proprio se la prende, beh, facesse causa civile invece di intasare le procure.