giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Quattro anni e mezzo per la sentenza su un furto di carpe

Perfino il giudice chiamato a decidere sulla sorte dei 5 ladri di pesce (e un’anatra) ha riso di gusto leggendo il capo d’imputazione. Sentite: ”Perché in concorso tra loro e al fine di trarne profitto si impossessavano di 25 carpe e un’anatra sottraendole dal laghetto di Molinello di proprietà dell’associazione sportiva dilettantistica ‘Lo Storione’’. Pensandoci bene, c’è poco da ridere: da 4 anni e mezzo questa microscopica storia abita il Palazzo di Giustizia di Milano tra decreti, udienze,  analisi della Asl sulle carpe  e rimpalli tra i giudici. “Un tempo assurdo”, commenta l’avvocato dei 5, Giusi Bartolotta, che ricorda anche a un certo punto il decreto di restituzione delle carpe (ovviamente morte) ai ‘proprietari’ e le analisi  disposte dalla magistratura sui pesci che amano le acque dolci.

Era d’estate, il 27 luglio 2014, quando cinque uomini di origine romena  acciuffarono e portarono via il malloppo dal piccolo specchio d’acqua a Rho. Su denuncia di un socio dello ‘Storione’ è scattata l’inchiesta della Procura di Milano che non ha avuto difficoltà a individuare i componenti della banda essendo stati colti in flagranza. Il 13 settembre del 2017 vengono chiuse le indagini per furto aggravato dal fatto che l’avessero commesso in 5, aggravante che ha portato gli imputati davanti a un giudice ordinario. Oggi il giudice ha condannato gli imputati a due mesi e dieci giorni, pena sospesa e non menzione. (manuela d’alessandro)

I furti a Milano? Le denunce non si prendono “se non sono clamorosi”

 

 

A Milano le denunce di furto, anche quando si hanno sospetti ben precisi su chi sia stato l’autore, non vengono prese in considerazione “a meno che non si tratti di casi clamorosi” dove per “clamorosi” non si capisce esattamente cosa si intenda. Ce lo racconta l’avvocato Alessia Sorgato che se lo è sentito dire dall’impiegata all’ufficio ricezione atti della Procura.  “Mi ero presentata con tutti i sacri crismi: atto di nomina della parte lesa, sua carta di identità e denuncia in caserma in cui la mia cliente identificava chi aveva commesso il reato. Sappiamo tutti da 20 anni che le denunce contro ignoti non hanno seguito, ma qui la persona era ben  identificabile! L’impiegata però ci ha detto che non l’avrebbe rubricata nel sistema e me l’ha restituita spiegandomi che queste sono le direttive a meno che non sia qualcosa di clamoroso. E mi ha invitata a fare apposita istanza se il nostro fosse un caso particolare”.

Al di là dello sconcerto per il no incassato alla ricezione atti, Sorgato fa notare le gravi conseguenze sui cittadini che può avere questo orientamento: “La prova del reato di ricettazione passa attraverso la denuncia di furto. Senza, non è possibile far valere nessun diritto su un oggetto di cui siamo stati derubati, nemmeno se lo riconosciamo come nostro”.   (manuela d’alessandro)