giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Apple e Google, la “campagna” del pm Greco per diventare capo

Andare sui giornaloni e sui giornalini mentre il Csm sta per decidere chi sarà il nuovo procuratore capo di Milano aiuta, soprattutto se si parla e si scrive delle esterovestizioni di due colossi come Apple e Google. Apple che accetta di versare all’Agenzia delle Entrate 318 milioni di euro davanti a una contestazione originaria di 880 milioni. A Google ne vengono contestati 227, notificati in queste ore, e poi si “patteggerà” la somma. Sotto la supervisione decisamente anomala della procura alla quale spetterebbe solo di istruire il processo penale. Ma così è e tutto va bene madama la marchesa. A capo del pool reati societari c’è il procuratore aggiunto Francesco Greco, un magistrato già molto mediatico di per sè e in pole position per succedere a Edmondo Bruti Liberati in pensione dal 16 novembre scorso.

Uno scoop dietro l’altro per influire sulla scelta del cosiddetto organo di autogoverno dei magistrati. Del resto la carica di capo dei pm di Milano tocca a Magistratura Democratica (che aveva rinunciato a battagliare per la presidenza del Tribunale) in una spartizione tutta politica che dura da sempre e che dovrebbe far ridere se si pensa ai proclami quotidiani di indipendenza e autonomia della magistratura. Ma diciamo che ormai, purtroppo, ci abbiamo fatto il callo.

In ballo c’è il vertice della procura più importante d’Italia anche se la fama (sia chiaro solo per chi ci aveva creduto allora) non è quella dei tempi di Mani pulite, soprattutto se si pensa alla lesione di immagine (eufemismo) verificatasi con lo scontro interno tra Bruti e Robledo, e al fascicolo Sea dimenticato per sei mesi, riemerso solo quando non si potevano più fare indagini.

Greco era nel cerchio magico di Bruti e la sua designazione assicurerebbe continuità. Greco da procuratore aggiunto nel suo curriculum vanta si fa per dire anche di aver chiesto una dozzina di archiviazioni in procedimenti per evasione fiscale a carico di imprenditori comuni mortali. Tutte respinte dal gip con intervento della procura generale che avocava e otteneva la citazione diretta a giudizio e successivamente pure diverse condanne. Della vicenda si è letto solo su questo blog, sul Giornale e sul Fatto Quotidiano.

Giornaloni e giornalini evidentemente avevano altro da fare: tirare la volata a Francesco Greco. Che la legge è uguale per tutti, nelle aule e sui media, lo vadano a raccontare altrove (frank cimini)

Ilva, tutti assolti dalla frode per la riforma sull’elusione del Governo Renzi

Primi, debordanti effetti della riforma fiscale entrata in vigore a ottobre. A scartare il ‘pacchetto regalo’ offerto dal Governo sono tre imputati del processo per una presunta maxi frode fiscale messa a segno dal gruppo Riva creando elementi fittizi passivi nei bilanci dell’Ilva.

Il Tribunale di Milano li ha assolti ‘perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato’  alla luce delle modifiche apportate agli articoli 1, 3 e 4 della legge 74/2000. I tre, due ex manager del gigante siderurgico e un dirigente di Deutsche Bank,  erano accusati di avere ideato  una complessa triangolazione di prodotti strutturati e investimenti finanziari tra Italia, Germania e Madeira che  ha consentito al Gruppo di spostare oltre i confini nazionali 159 mln ed evadere imposte per 52 mln. I giudici della prima sezione hanno accolto la richiesta del pm Stefano Civardi il quale non ha potuto fra altro che chiedere l’assoluzione perché l’elusione fiscale (tecnicamente chiamata “abuso di diritto”) non e’ piu’ perseguibile penalmente ma puo’ essere solo sanzionata sotto il profilo amministrativo. Il vantaggio è, ovviamente, tutto per le grandi aziende che riescono a schivare sapientemente le norme fiscali: non a caso,  l’elusione viene definita ‘l’evasione dei ricchi’. Tra le altre cose, la legge depenalizza tutte le operazioni di interposizione, simulazione e frodi, escamotoge sofisticati per  ingannare il fisco, come quello al centro di questo processo concluso con tre assoluzioni. (manuela d’alessandro)

 

 

Il memoriale di ‘nonna’ Gucci, case e dolori di un’ereditiera (sobria)

 

“Quanto ereditato mi ha consentito di vivere sempre senza problemi”. Eccolo il sogno di molti italiani, evocato dalla signora Silvana Barbieri, mamma di Patrizia Gucci, in un memoriale consultato da Giustiziami ed entrato a far parte del processo che vede imputata l’ereditiera assieme alle nipoti Allegra e Alessandra Gucci per evasione fiscale. Il pm Gaetano Ruta ha chiesto per tutte loro l’assoluzione dalle accuse di avere nascosto al fisco 9 milioni (le sorelle) e 88mila euro (la nonna) sostenendo che “all’origine ci sarebbe stata la pianificazione di un’evasione di cui però non è stata raggiunta la prova”.

Il documento del luglio scorso, lungo 17 pagine, ci consegna scampoli della storia immobiliare, giudiziaria e umana della vedova Reggiani, ora 89enne, e della figlia Patrizia, condannata a 26 anni per essere stata la mandante degli assassini del marito Maurizio Gucci e ora in libertà. Nelle ‘memorie’ scorre un pezzo della saga glamour ‘in nero’ di una delle più importanti dinastie della moda nel mondo. Anche Silvana Barbieri venne processata per l’omicidio dell’erede della maison ma fu scagionata nel 2000 dall’accusa di aver aiutato la figlia a cercare un killer per sbarazzarsi di Maurizio.

SOBRIETA’ 

 ”Dopo la morte di mio marito nel 1973 ereditai un cospicuo patrimonio immobiliare (…) nonostante la mia condizione economica benestante, e la mia ancora giovane età ho sempre avuto uno stile di vita sobrio, sicuramente agiato,ma schivo da ogni ostentazione, o lusso eccessivo. Ero attenta a ogni spesa (…)

MONTECARLO, MON AMOUR

“Mi liberai di quegli immobili che avevano un particolare valore affettivo o evocavano brutti ricordi e conservai quelli che erano frutto del lavoro di mio marito ed erano per me la fonte di reddito. La casa di Corso Matteotti era un trilocale con terrazzo più servizi preso in locazione perché non avevo ancora deciso dove stabilirmi definitivamente (…) Conobbi la titolare di un’agenzia immobiliare a Montecarlo, dove mi trasferii, che mi trovò un appartamento non particolarmente grande (100 mq) ma sito in una posizione prestigiosa che affacciava direttamente sul porto. Fu da me arredato finemente ed era un vero e proprio bijoux. Le mie nipoti Alessandra e Allegra venivano spesso lasciate da Maurizio e Patrizia da me quando andavano a fare i loro viaggi in giro per il mondo e la casa divenne piccola. Acquistai un nuovo immobile con una posizione splendida e un bel terrazzo (…) Ospitavo sovente amici, conobbi il Principe, e frequentavo molte persone. La cerchia più stretta di amici comprendeva ad esempio la contessa Offedduzzi, la nota famiglia ebrea degli Alzarachi, la famiglia Aldrovandi, noti produttori di calzature (…)Venivo a Milano per gli affari attinenti ai cespiti immobiliari e per vedere mia figlia quando non era nell’abitazione di St. Moriz o altrove, mentre a Montecarlo si svolgeva la maggior parte della vita sociale, che occupava gran parte del mio tempo, non avendo io esigenza di lavorare ma potendomi gestire il mio patrimonio ereditario”.

L’OMICIDIO

“Il 1995 fu l’anno in cui il mio genero Maurizio Gucci venne ucciso (…) pur nella drammaticità del frangente (Patrizia venne arrestata nel 1997) le mie permanenze e abitudini non dovettero modificarsi in modo sostanziale. Pur mantenendo la mia residenza e le mie frequentazioni  a Montecarlo si rese necessaria (e non fu certo una scelta) una mia più intensa presenza a Milano, sia per i colloqui in carcere con mia figlia sia per quelli con gli avvocati (…) Fui invitata dalle mie nipoti a utilizzare la casa di Porta Venezia che divenne il punto di appoggio per tutte noi. Era una prestigiosa abitazione di proprietà della famiglia Marelli che Maurizio Gucci aveva scelto per andarvi ad abitare con la sua nuova compagna e che aveva preso in locazione da una società della famiglia Marelli attraverso una società estera a lui riconducibile. (…) Personalmente ero estranea a tale società estera. Gli onerosi canoni di locazione furono sempre pagati in automatico, in forza del contratto di locazione della società estera, con liquidità derivanti dal patrimonio Gucci. Non contribuivo in alcun modo con le mie sostanze.

IL MIO PATRIMONIO TUTTO CESPITI

“Circa il mio patrimonio, confermo che tutte le entrate sono sempre derivate da cespiti ereditati che avevo venduto (es. casa di via dei Giardini, casa al mare) o locato (…) Quello che ho ereditato mi ha sempre consentito di vivere senza problemi. Dalla metà degli anni ’90, Montecarlo per me e St. Moriz per le ragazze erano luoghi più sereni di Milano ove ci attendevano solo problemi. Debbo confessare che quella vicenda ha inciso profondamente nella mia vita e nel mio modo di relazionarmi agli altri. Divenni più schiva e meno propensa alle relazioni sociali, notai un raffreddarsi nei rapporti con molte persone e comunque in generale le mie relazioni sociali si diradarono significativamente anche per una sorta di mio irrazionale pudore, del tutto in giustificato per quel che mi riguarda, potendo dire di aver vissuto a testa alta tutta la mia esistenza, tutt’altro che priva di problemi.

LA CASA DEI SOGNI VICINO AL PALAZZO DA 6 MLN

“Fu così che nel 2004 acquistai fu acquistato l’immobile di via Andreani (ndr, a pochi metri dal Palazzo di Giustizia) attraverso l’acquisto dal precedente proprietario (da parte della capogruppo delle mie società, la Mauzia) delle quote della Soire srl, società precedente intestataria dell’immobile. Fu versato dalla Mauzia un acconto di un milione di euro mentre fu acceso un mutuo ipotecario per i rimanenti cinque milioni costituenti il saldo prezzo. (…) Allegra e Alessandra si dichiararono disponibili a prendere in locazione l’immobile per partecipare ai costi di gestione. La locazione si concretizzò attraverso un contratto tra Soire e una società di cui si servivano le ragazze. Venne deciso un canone di 200mila euro a favore di Soire.

LE SPESE EXTRA CARCERE E LUSSO  DI PATRIZIA 

“Allegra e Alessandra (che hanno ereditato il patrimonio Gucci e hanno disponibilità ben superiori alle mie) hanno sempre contribuito in modo consistente per Patrizia, sia per quel che riguarda il mantenimento in prigione sia per gli acquisti e le spese (non indifferenti) che la mamma – certo non badando al risparmio – effettuava nel corso delle uscite dal carcere (parrucchiera, estetisti, accessori, sartoria e vestiario di qualità) oltre che per le spese della casa di via Andreani. A tale scopo venivano inviati sul mio conto italiano, a cadenza bimestrale, 25 o 30mila euro funzionali a queste spese. Il denaro proveniva da disponibilità estere delle mie nipoti e tramite in conto svizzero veniva girato sul mio conto dov’è diventato oggetto di contestazione a titolo di reddito non dichiarato. In realtà erano accrediti di Allegra e Alessandra, quale contributo delle spese di cui sopra”.

Manuela D’Alessandro

 

 

“Evasore seriale”, gli sequestrano 5 mln senza una condanna

E’ stato sempre prescritto, tranne un’assoluzione per insufficienza di prove, nei numerosi processi per frode fiscale in cui è incappato. Ma i giudici della sezione Autonoma Misure di Prevezione, presieduti da Fabio Roia, gli hanno sequestrato 5 milioni di euro sulla base di “indizi” che dimostrerebbero una “spoporzione tra gli investimenti effettuati nell’ambito delle sua attività lavorative  e il reddito dichiarato.

Con un provvedimento ‘pilota’, la Guardia di Finanza di Milano ha portato via all’imprenditore di origini irpine  Mario La Porta, attivo nel settore del movimento terra, 60 immobili, terreni, conti correnti e due società, come misura di prevenzione e non a seguito di inchieste o procedimenti in corso. “Questi beni, secondo i giudici, “appaiono indicativi di una disponibilità economica temporalmente in gran parte coincidente con le attività illecite poste in essere (…) che non trova giustificazione in adeguati e proporzionati redditi leciti, sì da ritenere che costituiscano il frutto o il reimpiego di attività illecite”. Secondo il pm Alessandra Dolci, a partire dal 2000 l’imprenditore si è dedicato a “diverse attività illecite” anche per reati in materia ambientale e di immigrazione e “principalmente” ha messo in atto “un’evasione fiscale in forma sistematica e seriale” accumulando “un ingentissimo patrimonio immobiliare”. Tutti raggiri al fisco mai culminati in una condanna sebbene accertati in sede tributaria. Per giustificare la ‘pericolosità sociale’ di Mario La Porta i giudici si riferiscono ad accertamenti condotti dalla Dia che evidenzierebbero “consolidati rapporti” tra la famiglia La porta ed esponenti della criminalità organizzata calabrese, in particolare col clan dei Flachi. Ora in un’apposita udienza i giudici dovranno decidere se confiscare o meno i beni sequestrati all’imprenditore.  Resta il fatto che per la prima volta, almeno a Milano, c’è stato un sequestro patrimoniale a carico di un presunto evasore come misura di prevenzione, ‘solo’ sulla base di indizi. (manuela d’alessandro)