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Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Procura di Milano contro Anac: “Rendete inutili le nostre indagini”

Era nell’aria da un po’ ma ora abbiamo l’ufficialità: tra la Procura di Milano e l’Anac è rottura con la prima che accusa la seconda di rendere “inutili” le sue indagini.   La mina salta alla presentazione del Bilancio di Responsabilità Sociale del 2017, un’occasione in cui di solito abbondano le ‘buone maniere’ e i linguaggi affettati. Invece il procuratore capo Francesco Greco prende il bazooka: “In attuazione del protocollo di Intesa del 5 aprile 2016 – si legge nel libretto che riassume un anno di lavoro – l’Anac ha trasmesso numerosi illeciti  da cui si potevano desumere fatti di corruzione. Tuttavia il ritardo con cui le notizie sono state trasmesse e soprattutto le modalità di acquisizione degli elementi (acquisizione di documentazione presso gli enti coinvolti) hanno determinato una discovery anticipata, sostanzialmente rendendo inutili ulteriori indagini nei confronti di soggetti già allertati”.  Un riferimento implicito certo è alle carte mandate in Procura da Raffaele Cantone  sulla vicenda dei milioni di fondi Expo per la giustizia milanese. Troppo tardi, secondo i magistrati che si sono trovati a indagare su una presunta turbativa d’asta relativa alla gestione dei soldi da parte della magistratura milanese e del Comune di Milano a distanza di anni dai fatti. E dopo che Anac è andata ad acquisire cumuli di carte a Palazzo Marino. E’ finita che la Procura di Milano si è liberata dell’indagine, non con un certo fastidio, spedendola a Brescia per potenziali coinvolgimenti di magistrati che si sono occupati del ‘tesoro’ proveniente dall’Esposizione. C’è anche da dire, almeno per questa inchiesta, che organi di stampa tra cui Giustiziami avevano scritto molto tempo prima dell’intervento di Anac ma in Procura non si era ritenuto di intervenire.

Altro terreno di tensioni era stata  l’inchiesta sulla pubblicità delle aste giudiziarie avviata dalla Procura sempre a partire da un dossier di Anac che aveva accolto con un certo stupore, stando a nostre fonti, la richiesta di archiviazione presentata dai pubblici ministeri e poi accolta da un gip.  Secondo l’Autorità, il  bando lanciato nel 2012 dalla Camera di Commercio era stato viziato da “gravi anomalie”. A vincere fu la sola società partecipante, con un ribasso del 72,5%. L’Anac mandò gli atti alla magistratura nel 2015, 3 anni dopo i fatti, mentre l’archiviazione è del maggio scorso. Il rapporto tra l’Authority e la magistratura  era apparso invece idilliaco ai tempi del procuratore Edmondo Bruti Liberati da cui erano arrivati riconoscimenti ad Anac all’epoca dei primi arresti legati a Expo. In serata, Greco ridimensiona parlando di “problemi tecnici” e di “ottimi rapporti con Cantone”.

(manuela d’alessandro)

 

 

 

Fondi Expo, il gip chiude il caso delle aste giudiziarie

Tutto regolare nella gara del 2012 per la pubblicità delle aste giudiziarie che,  secondo l’ Autorità Nazionale Anticorruzione, presentava invece  anomalie così gravi da richiedere di indirne con urgenza una nuova. Fonti vicine all’Anac, da cui era partito il dossier poi sviluppato dalla Procura,  riferiscono di una viva sorpresa nell’apprendere che il gip Marco Del Vecchio ha archiviato il caso dopo 9 mesi di riflessione, cioé da quando si era riservato di decidere sull’opposizione all’archiviazione presentata da una delle presunte società penalizzate.  Non ci sono prove, scrive il gip accogliendo la richiesta del pm Paolo Filippini,  di “intese triangolari” illecite tra Tribunale, Camera di Commercio e l’impresa vincitrice Edicom per turbare la gara. E nemmeno sulle possibili responsabilità dei magistrati milanesi.

I fatti: la Camera di Commercio, nelle vesti di intermediario del Tribunale e per conto della sua partecipata Digicamere, mette a disposizione un appalto da 825mila euro biennali, in parte sono fondi Expo, per assegnare la gestione della pubblicità legale e l’informatizzazione delle procedure esecutive e telematiche nel biennio 2013 – 2014. A quella gara partecipa solo la società Edicom Finance che vince con uno stratosferico ribasso sul prezzo di base del 72,5%. Chi glielo fa fare? Secondo astelegali.net, l’avere ricevuto in cambio la garanzia di altri lavori molto redditizi, sempre attinenti alle aste. Il pm Paolo Filippini si mette a indagare e a un certo punto scopre che i servizi accessori Postal Target, Free Press e Aste Giudiziarie non inseriti nel bando di gara non solo sono rimasti  a un’azienda del gruppo Edicom, ma sono diventati obbligatori per tutte le procedure esecutive e fallimentari. Questo perché tutti i giudici della seconda e terza sezione civile avevano disposto così, tranne uno, il dottor Marcello Piscopo.  Ottimo per Edicom che ingrossa il suo fatturato di 440mila euro nel 2012 a 1,4 milioni nel 2014.

Per il gip, nonostante “l’anomalia di una gara assegnata ad un unico partecipante, con un ribasso” del 72%, “a  fronte del quale la stazione appaltante che agiva in convenzione col Tribunale di Milano non avrebbe effettuato la verifica di congruità’”,  ”non  vi sono prove per ritenere” che ci sia stata “un’intesa illecita tra le parti”.  E non si  può nemmeno  provare che Edicom “poteva comunque contare di recuperare remuneratività  dell’appalto (o quanto meno di coprirne le perdite) attraverso una gestione monopolista”.  Archiviati quindi i due indagati, difesi dall’avvocato Cristiana Totis: un funzionario di Digicamere e una donna, parente di quest’ultimo  e “collaboratrice” del gruppo Edicom che vinse la gara. In attesa della laboriosa decisione del giudice, negli ultimi mesi dalla Procura Generale della Cassazione erano arrivate al pm insistenti richieste per valutare eventuali profili disciplinari dei giudici civili.  Resta il mistero non risolto dalla Procura che aveva ammesso di non essere riuscita a risalire “alla reale proprietà della Edicom Finace”, controllata da una società con sede in Gran Bretagna, a sua volta controllata da una società con sede nel Delaware. Sì, il paradiso fiscale. (manudela d’alessandro)

 

 

La grade pace (vera?) tra le due Procure alla cerimonia per i nuovi capi

In tanti, compresa la difesa di Beppe Sala, hanno evocato una sfida in corso tra Procura e Procura Generale di Milano che giustificherebbe anche la riapertura delle indagini sul sindaco per la ‘Piastra’ di Expo. Sarà stata l’atmosfera festosa per l’insediamento dei nuovi aggiunti oppure l’ipocrisia istituzionale, fatto è che alla cerimonia abbiamo assistito allo scambio di parole al miele e strette di mano tra i due presunti contendenti. Per il procuratore generale Roberto Alfonso quella a disposizione del capo dei pm Francesco Greco è una “squadra di eccellenza che finalmente gli consente di dare un assetto definitivo  alla Procura e cominciare a giocare”. Auguri di rito e sorriso smagliante di Greco che porge la mano e viene ricambiato da una calda stretta del capo al piano di sotto. Assente Ilda Boccassini, forse ancora nera per l’offerta, da lei respinta, di andare a comandare la Sezione Misure di Prevenzione, quella che incide sui patrimoni dei mafiosi. Ma Greco è di umore allegro e la inserisce nel pantheon degli aggiunti a cui vorrrebbe si ispirassero i nuovi assieme, tra gli altri, a Francesco Saverio Borrelli ed Edmondo Bruti Liberati, che è nel pubblico. Tra gli ‘dei’ in toga non cita Alfredo Robledo nel cui nome questa Procura si era spaccata. Per scacciare gli spettri di quell’età greve Greco sottolinea che tutti i nuovi capi dei dipartimenti “vengono dalla Procura ed è importante perché conoscono l’ufficio e sono cresciuti assieme” e, rivolto a loro, li esorta a “continuare la tradizione e l’orgoglio di appartenere a questo ufficio, a fare squadra, a vedersi a pranzo”. 

Eccola allora la nuova squadra: Fabio De Pasquale agli ‘affari internazionali e reati economici transnazionali’; Eugenio Fusco al dipartimento ‘frodi e tutela del consumatore’; Tiziana Siciliano alla ‘tutela della salute dell’ambiente e del lavoro’; Laura Pedio alla ‘criminalita’ organizzata comune”; Letizia Mannella alla ‘tutela minori, famiglia e vittime vulnerabili’ e Alessandra Dolci che dirigera’ la Dda. Gli aggiunti già in carica Riccardo Targetti e Giulia Perrotti saranno a capo rispettivamente dei dipartimenti sul lavoro e dei ‘delitti contro la pubblica amministrazione e diritto penare dell’economia’ (uniti per la prima volta), mentre Alberto Nobili rimane il responsabile dell’antiterrorismo milanese. (manuela d’alessandro)

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In palla la consolle del magistrato, la crisi del Pct creato con Expo

 

Ancora guai -  e grossi, a sentire i magistrati – per il Processo Civile Telematico, creato coi fondi Expo per la giustizia milanese distribuiti in modo così sospetto che si sono mosse 3 procure e l’Anac di Raffaele Cantone.

E’ in tilt la consolle del magistrato, il programma che dovrebbe consentire ai giudici e ai loro assistenti di gestire il processo senza carta.

Ci viene mostrato quello che accade ormai da settimane, dall’ultimo aggiornamento del sistema che per ammissione dello stesso Presidente del Tribunale Roberto Bichi aveva generato “gravi malfunzionamenti”, poi smentiti dal Ministro Andrea Orlando.

Quando il giudice apre word per scrivere un provvedimento la consolle si impalla. “Ho perso un’ordinanza e ho dovuto riavviare 3 volte durante l’udienza”, ci spiega uno dei magistrati, uno di quelli che ancora prova a usare la consolle, lo strumento principe del processo digitale, vanto della giustizia milanese per avere fatto da apripista nella giustizia 2.0. Altri hanno abbandonato le speranze rinunciando da tempo ad attivare la consolle che in teoria – leggiamo sul sito del Csm – doveva dare al giudice “la possibilità di redigere tramite word provvedimenti, di firmarli digitalmente e di trasmetterli al cancelliere per la loro pubblicazione all’interno del fascicolo informatico”. Il processo digitale, che ha preso forma con affidamenti diretti milionari e senza alcuna gara a partire da una decina di anni fa, è al centro delle inchieste in cui Comune di Milano e magistrati si rimbalzano le responsabilità in attesa che, si auspica, un’autorità giudiziaria riesca a mettere ordine nella vicenda. (manuela d’alessandro)

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Il pg Isnardi va in pensione e lascia l’inchiesta su Sala aperta a tutto

Felice Isnardi allo scoccare dei 70 anni ripone la toga, offre spumante al bar del Palazzo e lascia nel mezzo del cammino l’inchiesta sulla Piastra di Expo che coinvolge il sindaco Beppe Sala. Non sarà lui, ma chi erediterà gli atti – i colleghi Massimo Gaballo e Vincenzo Calia – a decidere se chiedere l’archiviazione oppure il processo per l’accusa di turbativa d’asta relativa alla fornitura di 6mila alberi per l’Esposizione Universale.

Il 20 settembre scorso Isnardi, dopo avere strappato l’inchiesta alla Procura ritenuta inerte che mai aveva indagato Sala, si era limitato a chiedere il rinvio a giudizio del sindaco per il reato di falso (udienza preliminare il 14 dicembre) nella sostituzione di 2 commissari di gara, lasciando immaginare di avere stralciato l’ipotesi della turbativa in vista di un’archiviazione.

Invece rumors degli ultimi giorni davano molto probabile una richiesta di processo anche per la turbativa che sembrava potesse arrivare oggi come ultimo atto del magistrato. Non è accaduto e le interpretazioni possono essere varie. Si è preferito lasciare ai due pg che potrebbero sostenere l’accusa nel processo la parola finale. Ci sono state pressioni del procuratore capo Roberto Alfonso su Isnardi che potrebbe avere preferito non mettere la faccia su un epilogo non condiviso.

Il magistrato che iniziò la carriera con l’inchiesta cinematografica ‘Pizza connection’ è apparso comunque sereno al brindisi d’addio. Scherzando coi giornalisti ha detto: “Verrò a trovarvi in sala stampa per avere da voi informazioni o magari farò una ‘Procura ombra‘”. In fondo proprio questo è quello che ha fatto negli ultimi anni riaprendo casi come quelli dell’operaio Giuseppe Uva morto dopo un arresto, di Mps e della ‘Piastra’. Inchieste che per la Procura Generale erano state archiviate con troppo fretta e senza i dovuti approfondimenti, quella su Expo in nome della ‘moratoria’ terreno di scontro feroce tra gli ex numeri uno e due Edmondo Bruti Liberati e Alfredo Robledo. (manuela d’alessandro)