giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Il concetto di dignità quando si parla di sesso

Esiste un concetto oggettivo di dignità quando si parla sesso? Per i giudici della Corte d’Appello di Milano sì e nelle motivazioni alla sentenza del processo Ruby bis lo applicano al mestiere delle prostitute di lusso. “L’attività delle escort, ancorché scelta deliberatamente e liberamente – scrivono – risulta porsi in contrasto con la tutela della dignità della persona umana che è il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice che punisce la condotta di agevolazione della prostituzione”.

Molti dubbi in più li aveva manifestati tempo fa la Corte d’Appello di Bari impegnata nel processo a Silvio Berlusconi e al suo presunto ‘cacciatore’ di escort, Giampaolo Tarantini, decidendo di mandare alla Consulta gli atti per valutare la legittimità del reato di favoreggiamento della prostituzione. L’ipotesi dei magistrati pugliesi era che la legge Merlin potesse essere “lesiva del diritto alla libera sessualità autodeterminata” e contraria al “principio di laicità dello Stato, di tassatività e determinatezza e con il principio della tutela della libera iniziativa economica privata”. Su questa scia, le difese di Nicole Minetti ed Emilio Fede hanno provato a spendere la carta dell’illegittmità costituzionale trovando però il ‘muro’ dei giudici milanesi, secondo i quali la questione è ‘manifestamente infondata’ e non vale la pena di far scomodare i giudici della Consulta. Il legale dell’ex igienista dentale, Pasquale Pantano, aveva azzardato nel suo intervento in aula un accostamento tra Marco Cappato e Nicole Minetti che aveva suscitato un certo scandalo: come il leader radicale ha aiutato Dj Fabo all’esercizio di un proprio diritto, cioé la libertà di scegliere come morire, così l’ex igienista dentale ha dato un aiuto alle ospiti ad Arcore nell’esercizio della prostituzione, che rientra nella libertà di autodeterminazione. Ora, dopo le condanne ribadite in appello seppur con lievi riduzioni (Fede a 4 anni e sette mesi e Minetti a 2 anni e dieci mesi), le difese rinnoveranno alla Cassazione il tema del diritto o meno a prostituirsi. Prima potrebbe arrivare la decisione della Consulta sul processo di Bari.

(manuela d’alessandro)

Il testo delle motivazioni al processo Ruby bis

 

 

 

Il mistero dell’appello scomparso del processo Ruby – bis

 

Che fine ha fatto l’appello del processo Ruby bis?

Il 22 settembre 2015 la Corte di Cassazione, accogliendo i ricorsi delle difese, aveva annullato con rinvio le condanne di Emilio Fede (4 anni e 10 mesi) e Nicole Minetti (3 anni).  Gli ‘ermellini’ spiegavano che sarebbe stato necessario rifare a Milano un nuovo processo di secondo grado alla luce del “grave vuoto motivazionale” della sentenza impugnata. In particolare, ai giudici della Corte d’Appello veniva rimproverato di non aveva accertato a carico dei due imputati fatti concreti relativi alle singole ragazze che avrebbero indotto a prostituirsi nonostante “la meticolosità con la quale si soffermavano sui concetti generali in tema di prostituzione, induzione  e favoreggiamento”.

E d’accordo che la prescrizione è di là da venire, ma più di due anni per fissare una data appaiono davvero tanti e fanno pensare che non ci sia nessuna voglia di celebrare un processo forse ritenuto non così indispensabile. Nel frattempo, Fede ha compiuto 86 anni e l’ex igienista dentale si è trasferita a Ibiza da dove  pochi giorni fa ha messo in mostra  il suo ‘lato b’ riflesso in uno specchio per le migliaia di  follower su Instagram. Del resto, c’è poca fretta anche per altre indagini e processi nell’ambito della saga giudiziaria nata dalle rivelazioni della ragazza marocchina. L’impressione è che questo sia un capitolo ormai archeologico che si abbia voglia di chiudere. In fondo, ora Berlusconi è diventato anche una vittima  per questa  Procura che ha aperto un’inchiesta sulla base di un suo esposto nella vicenda di Vivendi per l’affare (saltato) Mediaset Premium.   (manuela d’alessandro)

 

Emilio Fede va alla guerra contro le testimoni del processo Ruby ma per il gip fa querele “pretestuose”

L’uomo è sanguigno, si sa. E si sa anche che “la miglior difesa è l’attacco”. Sorprende però che un giornalista esperto come Emilio Fede, ex direttore di successo, questa volta sia stato tanto impulsivo da fare – in sede giudiziaria – come il pilota che a 90 all’ora punta dritto contro un muro di cemento armato. Facendosi male da solo.

Il suo muro incrollabile, Fede lo trova nelle dichiarazioni di tre testimoni, Chiara Danese, Ambra Battilana e Imane Fadil, nel processo Ruby. Quelle che hanno fatto luce sul bunga bunga e i metodi di cooptazione di giovani avvenenti ragazze ad Arcore. Le tre testimoni hanno contribuito alla condanna di Fede in primo e secondo grado (la Cassazione ha annullato, ci sarà un nuovo processo d’appello). Il 13 settembre 2013 Fede presenta a Novara una querela “per i delitti di calunnia, falsa testimonianza e altri eventualmente ravvisabili” (meglio abbondare. Meno di due mesi prima era stato condannato in primo grado nel processo Ruby per induzione alla prostituzione). Oggi il gip di Milano Donatella Banci Buonamici archivia la querela, e la motivazione non è piacevole per l’ex direttore del Tg4.

“Merita solo evidenziare, a dimostrazione della strumentalità della denuncia querela presentata dal signor Fede (…) il contenuto di alcune conversazioni riportate in sentenza e comunque non contestate dalle difese, dalle quali emerge in maniera assolutamente univoca l’impegno profuso da Fede nell’individuare e selezionare giovani donne da condurre al cospetto di Silvio Berlusconi e indurle al compimento di atti sessuali“. Il luogo è villa San Martino ad Arcore, “dove si verificheranno i sipari descritti da una pluralità di testimoni presenti”, scrive il gip. Le accuse a carico delle tre ragazze vanno archiviate perché è “assolutamente evidente la assoluta mancanza di elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio”. Ma non avevano detto una sacco di bugie in aula, come sosteneva Fede? “Allo stato, sulla base del materiale esistente agli atti, questo giudice non può che condividere la valutazione espressa dal collegio giudicante, non emergendo dalle dichiarazioni delle tre indagate elementi in grado di inficiarne la veridicità del contenuto. Vanno invece valorizzate la linearità e la coerenza delle dichiarzioni rese dalle testimoni, che risultano scevre da contraddizioni”. Il loro racconto è “logico e coerente, estremanente dettagliato nelle parti salienti e privo di qualisiasi forzatura o animosità punitiva o di odio nei confronti dell’imputato”. Lui invece un pochino arrabbiato forse lo è.

Il documento: archiviazione querela fede

10 anni dopo prescritte le corna di Paolini a Fede

Prima che il giudice dichiari prescritte le corna a Emilio Fede, Gabriele Paolini si confronta sui numeri da giocare al lotto con la mamma 81enne, una donna molto elegante che vuole presentarci. “Bella, eh? Faceva la cantante lirica”.

Non sono bastati 10 anni alla giustizia per capire se il disturbatore della tv diffamò l’allora direttore del tg4  urlandogli in diretta “Sei un cornuto”.  I giudici della Corte d’Appello di Milano ‘cancellano’ la condanna a sei mesi di carcere inflitta nel 2008 e pronunciano una sentenza di non doversi procedere per prescrizione. Paolini alza il pantalone e mostra il braccialetto elettronico: “In questo periodo penso molto e ho pensato che i domiciliari sono giustissimi”. E’ accusato davanti al Tribunale di Roma di avere abusato di cinque minorenni adescandoli tramite internet. La prossima udienza è prevista per il 7 luglio. “Io D. (una dellle presunte vittime, ndr) lo amavo anche se aveva 17 anni e un mese. Vivo solo in attesa del 7 luglio quando lui verrà in aula e dovrà confermare quello che aveva detto subito dopo il mio arresto, cioè che mi amava. Ho già tentato il suicidio una volta, non so cosa potrà succedere il 7 luglio”.

E da grande cosa farà Paolini che per anni ha saltellato sul piccolo schermo molestando giornalisti (memorabile il calcio che gli sferrò Paolo Frajese)? “Ho grandi progetti. Per adesso ci sono miei validi emuli, come Mauro Fortini. E comunque ora ve lo posso dire: mi comportavo così per urlare al mondo che non mi capiva il mio dolore”. (m.d’a.)