Al processo d’appello per i fatti del primo maggio 2015 c’è il flop totale dell’accusa di devastazione e saccheggio con l’assoluzione dell’unico imputato condannato in primo grado a 3 anni e 8 mesi. I giudici d’appello hanno deciso per lui una pena di 2 anni e 4 mesi per resistenza aggravata tagliando appunto il reato più grave, già caduto per gli altri tre nel primo processo.
La procura di Milano aveva impugnato la sentenza del Tribunale e la procura generale aveva sollecitato tre condanne. L’accusa invece torna a casa con le pive nel sacco. Non c’è prova delle responsabilità nella devastazione degli imputati che finirono in carcere a ottobre del 2015, a 5 mesi dagli incidenti relativi alla manifestazione nel giorno di inaugurazione di Expo. Scattavano le manette nonostante il tempo trascorso e l’assenza di manifestazione successive deponessero più a favore dell’assenza di esigenze cautelari che della loro sussistenza.
La “giustizia” decideva di presentare il conto per le proteste contro l’evento che aveva visto compatto il sistema paese e il partito degli affari, dopo che il 2 maggio la giunta Pisapia, novella maggioranza silenziosa, organizzava il popolo delle spugnette per ripulire i muri dalle scritte. E così sparì pure “Carlo Giuliani vive”. Avvocato di parte civile per la famiglia del giovane ucciso? Pisapia. Ironia della sorte.
La procura che aveva impugnato la sentenza sui NoExpo è quella della moratoria sugli appalti, l’ufficio inquirente ringraziato da Renzi “per il senso di responsabilità istituzionale”. Cioè per aver violato l’obbligatorietà dell’azione penale. Due pesi due misure come del resto nella tradizione del palazzo che su simbolo della grande farsa di Mani Pulite. (frank cimini)