giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Sea, ora l’inchiesta della ‘guerra’ in Procura rischia l’avocazione della Pg

Il fascicolo Sea, prima ‘dimenticato’ nell’armadio dal capo della Procura e poi ‘pomo della discordia’ tra Bruti Liberati e Robledo, rischia di finire avocato dalla Procura Generale su richiesta delle difese. L’istanza  sarebbe motivata dalla mancanza di serenità in Procura dove il litigio interno ha portato a una paralisi dell’attività investigativa che riguarda altre numerose inchieste dei dipartimenti guidati da Francesco Greco, reati societari e finanziari, e Alfredo Robledo, reati contro la pubblica amministrazione.

Sempre in relazione alla Sea, c’è un’indagine per aggiotaggio in mano al pm Sergio Spadaro. Il caso che suscita maggiori perplessità e interrogativi inquietanti è quello del cosiddetto ‘Ruby ter’. I giudici dei processi Ruby uno (Berlusconi) e Ruby due (Fede, Minetti e Mora) hanno in pratica ordinato alla Procura di svolgere indagini sulle presunti corruzioni e false testimonianza di ‘olgettine’, poliziotti e varia umanità. Invece non si muove foglia perché, riferiscono le ‘voci’ del Palazzo, la Procura avrebbe deciso di aspettare le sentenza di appello dei due processi che potrebbero arrivare in estate ma anche oltre. L’impressione è che Berlusconi, in questo momento, interessi molto meno che in passato sia per il suo ruolo nelle riforme sia perché messo all’angolo dall’affidamento ai servizi sociali.
Lungo è l’elenco delle inchieste che da mesi segnano il passo e si tratta di indagini equamente distribuite tra i due dipartimenti al centro della contesa di cui si stanno occupando  il Csm con tre commissioni e il pg della Cassazione per l’aspetto disciplinare. Continua a leggere

Bruti riscrive al Csm, Robledo pedinò senza informarmi

Sintesi delle puntate precedenti. C’è stato un doppio pedinamento che ha intralciato l’inchiesta Expo (Bruti). No, dici il falso, non c’è stato (Robledo). E’ vero, non c’è stata nessuna sovrapposizione (Guardia di Finanza).

Oggi ecco una nuova puntata di ‘Procuropoli’, i cui intrighi sono degni di una soap opera degli anni ottanta.

Titolo: E invece sì, il doppio pedinamento c’è stato, il bugiardo sei tu. (Bruti).  Trama: il capo della Procura scrive una nota di una paginetta e mezzo al Csm in risposta a quella inviata ieri da Robledo per ribadire che un indagato – a quanto ci risulta potrebbe essere il manager di ‘Expo2015′  Angelo Paris – sarebbe stato seguito sia dagli uomini della polizia giudiziaria della Guardia di Finanza, sia da quelli del Nucleo di Polizia Tributaria delle Fiamme Gialle. Anzi, è l’ accusa di Bruti,  smentendo il doppio pedinamento Robledo implicitamente ammette di avere disposto un servizio di osservazione durato circa due mesi senza informarlo. Continua a leggere

Di questo passo i pm di Milano s’arresteranno tra loro

Non si può tacere, a proposito degli arresti di oggi per l’Expo sulla cui validità sapremo in seguito dai giudici, della tensione in procura a Milano tra due schieramenti, uno solidale con Alfredo Robledo autore di un esposto all’attenzione del Csm, l’altro con  il capo dell’ufficio Edmondo Bruti Liberati. L’inchiesta che ha portato agli arresti di oggi era a cavallo di due dipartimenti e quello che si occupa di turbativa d’asta fa capo a Robledo, il quale, fa sapere Bruti, non ha condiviso l’impostazione e di conseguenza non ha firmato gli atti.

Comunque vada a a finire questa storia di magistrati che si sbranano tra loro è chiaro che nulla sarà come prima. C’è materia per riflettere per tutti, a cominciare da chi ha sempre pensato alla magistratura come salvatrice della patria, ruolo che nell’immaginario di troppe persone la procura di Milano ricoprì una ventina di anni fa.

Ricordo il giorno in cui per ordine di  Milano il 13 marzo del 1996 venne arrestato il capo dei gip di Roma Renato Squillante nella vicenda che poi portò alla condanna tra gli altri di Cesare Previti. Ricordo bene il momento in cui  incontrai al bar del palazzo di giustizia Gerardo D’Ambrosio, allora capo della procura e da poco scomprarso. Gli chiesi: “Non avete più nessuno da arrestare e vi arrestate tra voi?”. D’Ambrosio, uomo di mondo al quale l’ironia non dispiaceva, sorrise amaramente.

Allora fu Milano contro Roma, al punto che quando un pm del capoluogo lombardo si recò nella capitale per gli accertamenti del caso, fu trattato con tale freddezza che ancora se lo ricorda. Adesso è un derby e la partita è ancora lunga. La prossima settimana Ilda boccassini responsabile del pool antimafia sarà sentita dal Csm, insieme a Ferdinando Pomarici e Nunzia Gatto.

Al quarto piano ormai è una conta, chi sta con chi, chi non è con me è contro di me. Come ai tempi della battaglia tra i pm di Salerno e di Catanzaro quando De Magistris faceva danni tra le toghe prima di farli da sindaco di Napoli, nemmeno con i potenti mezzi dell’ex Cavaliere sarebbe stata possibile un’opera di delegittimazione delle toghe così poderosa. Perché  le degenerazioni del correntismo, dei giochi di potere, di inchieste fatte o non fatte per mere ragioni di opportunità, di fascicoli dimenticati e spariti, dei veti anche dentro il Csm appaiono chiari anche ai non addetti ai lavori. Certo poi c’è sempre chi non vuol vedere e mette la testa sotto la sabbia, a cominciare dai politici che intervengono solo se e quando hanno posisibilità di operare strumentalizzazioni e di trarne dei vantaggi (frank cimini)

Robledo: Bruti mi disse “potevo dire a qualcuno di fare la pipì e farti sbattere all’esecuzione”

Ecco la lettera che Alfredo Robledo ha scritto al pg Manlio Minale in cui viene riportato un dialogo davvero poco istituzionale tra i due contendenti davanti al Csm. Il Procuratore capo Edmondo Bruti Liberati avrebbe preso in giro il suo rivale sottolineando che se è diventato aggiunto lo deve a un voto della sua corrente, Magistratura Democratica : “Avrei potuto dire a uno dei miei colleghi al Consiglio che Robledo mi rompeva i coglioni e di andare a fare la pipì al momento del voto, così sarebbe stata nominata la Gatto, che poi avremmo sbattuto all’esecuzione”. La lettera, che è all’attenzione del Csm, meritadi essere letta tutta perché offre altri spunti interessanti per entrare nel clima della ‘battaglia’.

 

robledo-liberati6.pdf

La donna è toga.
Il 65,5% dei magistrati praticanti sono femmine.

La statistica consacra, come spesso accade, ciò che si vedeva già ad occhio nudo: le toghe rosa ormai sono un fiume in piena, e il mestiere di magistrato è sempre più un mestiere femminile. Dal processo Ruby a quello Santa Rita, bastava fotografare l’aula per toccare con mano quanto la presenza delle donne sui banchi fosse ormai pervasiva e a volte totalizzante: sei donne su sei nei due collegi giudicanti, donna il procuratore aggiunto del caso Ruby, donne le due pm del processo alla clinica degli orrori. E ancora: due donne su tre, presidente compreso, nel processo d’appello dei diritti tv a Silvio Berlusconi, e una donna sul banco dell’accusa; due donne su tre, presidente compreso, tra i giudici d’appello del processo a Dolce e Gabbana; e via di questo passo.
Dal sito del Consiglio superiore della magistratura, i dati confermano esattamente la tendenza. Tra i 9443 magistrati ordinari in servizio, i signori sono ancora in leggero vantaggio: 4828 contro 4615 signore. Ma è chiaro che è l’onda lunga degli anni in cui l’accesso delle donne alla funzione giudiziaria era una eventualità sporadica: basti pensare che solo nel 1963 i concorsi per magistratura vennero aperti anche al gentil sesso, e che il primo concorso della nuova era, tenutosi poco dopo, vide ammesse solo otto donne su un totale di 187 promossi. Continua a leggere