giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Addio all’avvocato Guiso, difese Curcio e Craxi

Se ne va a 82 anni l’avvocato Giannino Guiso, un protagonista dei processi politici nel nostro paese, una sorta di Verges* italiano. Dai giorni drammatici del sequestro Moro quando per conto del Psi come avvocato di Renato Curcio cercò di intavolare una trattativa per salvare la vita dell’esponente democristiano fino a Mani pulite dove come legale di Craxi, insieme a Enzo Lo Giudice anche lui scomparso di recente, si scontrò duramente con il pool della procura di Milano.

“Un giorno la storia giudicherà chi ha cercato di giudicare Craxi” furono le sue parole dopo la morte del leader socialista. Guiso tentò nelle aule giudiziarie ma anche fuori di far emergere che Craxi era il caprio espiatorio in relazione a un fenomeno come il finanziamento illecito dei partiti ben noto a un’intera classe politica ma che per decenni quasi tutti avevano finto di ignorare.

Guiso attraversò in pratica quelle che furono insieme alla mafia le principali “emergenze” della storia italiana e che fanno sentire ancora oggi il loro peso su una amministrazione della giustizia incapace, nonostante i tanti progetti di riforma, di risolvere i suoi problemi.

Anche in tempi recenti aveva ribadito la sua convinzione, Moro poteva essere salvato, se la politica avesse fatto in pieno il suo mestiere senza delegare interamente alla magistratura la risoluzione del problema della sovversione interna. A Guiso era chiaro che dalla madre di tutte le emergenze in poi si era ristretto il diritto di difesa e i codici erano stati strumentalizzati dai magistrati per aumentare il loro potere a scapito dei politici.

L’avvocato sardo diceva di apprezzare in particolare il Craxi di Sigonella che si scontrò con gli americani per difendere la sovranità del paese. Guiso se ne va mentre i problemi che aveva segnalato in tutta la sua vita professionale sono lontani dall’essere risolti. Criticava aspramente i magistrati ma anche la politica che si era consegnata mani e piedi alle toghe. Spiegava sempre che il diritto non può essere uno strumento di trasformazione della società. Predicava per molti versi nel deserto, ma lo ha fatto con grande generosità, con discorsi che andavano al di là della posizione del cliente di turno patrocinato al momento. Guiso aveva una visione complessiva e per questo perse la sua battaglia per salvare la vita prima di Moro e poi di Craxi (frank cimini)

*Jacques Verges, l”avvocato del diavolo francese che difese terroristi di destra e di sinistra

 

Addio a Lo Giudice, fu legale di Craxi.
Ostinatamente, un avvocato.

Quando gli avvocati milanesi sfilavano davanti alla porta di Antonio Di Pietro implorando un salvacondotto in cambio di una confessione, tra i loro colleghi a scandalizzarsi, a chiamarsi fuori da quel rituale un po’ avvilente, erano in pochi. Enzo Lo Giudice, morto questa mattina nella sua casa calabrese, era uno di questi. Per cultura giuridica, per formazione politica, per carattere, andare a baciare la pantofola del pm superstar sarebbe stato per lui un insulto a sè medesimo. E da questo punto di vista si trovò in piena sintonia con il suo assistito più importante di quegli anni: Bettino Craxi, segretario del Partito socialista, che dello scontro frontale e senza esclusione di colpi con i magistrati del pool Mani Pulite aveva fatto la sua unica strategia difensiva.
Andò a finire come è noto: Craxi sommerso dai mandati di cattura e poi dalle condanne, fuggiasco nella villa di Hammamet. E Lo Giudice, con il suo collega Giannino Guiso, ostinati a difenderlo nelle aule di processi sempre più scontati nell’esito e sempre più vani nelle conseguenze concrete. Un po’ rassegnati, Lo Giudice e Guiso, ma ancora con la fierezza dei vecchi del mestiere, convinti di testimoniare non la innocenza di Craxi ma l’orgoglio di una professione.
Sono passati vent’anni, Lo Giudice ha continuato a portare la toga e a lottare, ma – come per tutti i protagonisti della stagione di Tangentopoli – quell’epoca straordinaria gli è rimasta cucita nell’anima, e quella battaglia è una medaglia che si porterà appresso nel paradiso degli avvocati che sanno fare il loro lavoro. (orsola golgi)

Figli Craxi rinunciano a eredità cimeli Garibaldi, all’asta

Trecentocinquantamila euro: tanto vale la collezione di cimeli garibaldini lasciata da Bettino Craxi, l’ex segretario del Partito Socialista ed ex Presidente del Consiglio morto nel 2000 ad Hammamet, dove si era ritirato per sottrarsi agli ordini di cattura. Un piccolo museo che Craxi aveva accumulato nel corso degli anni, tra fiere dell’antiquariato e mercatini, inseguendo la sua passione per l’eroe dei Due Mondi. E che invano aveva cercato di far arrivare nella sua villa tunisina: l’intera collezione, chiusa in alcune casse che ufficialmente contenevano lana  grezza, venne intercettata nel 1997 dalla Guardia di Finanza nel porto di Livorno, mentre stavano per essere imbarcate nel porto maghrebino. Da allora, il ‘museo’ di Craxi è rimasto al centro di una lunga e farraginosa vicenda giudiziaria, che ora torna alla luce grazie all’annuncio pubblicato su ‘Il Giornale’ oggi dal commercialista milanese Paola Grossini, incaricata dal Tribunale di Milano di mettere all’asta l’intero lotto. Un destino malinconico anche perché la vendita giudiziaria è conseguenza della decisione degli eredi di Craxi – la moglie Anna e i figli Stefania e Bobo – di rinunciare all’eredità del celebre congiunto.
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