giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Expo, dopo i pm sabbia anche da Palazzo Marino

Salta almeno per ora (ma il no rischia fortemente di essere definitivo) la commissione di inchiesta su Expo a Palazzo Marino. La caccia al franco tiratore ritenuto il responsabile dell’inguacchio lascia il tempo che trova. Non si può scoperchiare la pentola, non si vuole andare a vedere cosa c’è dentro. Il no politico arriva dopo la moratoria delle indagini decisa dalla procura tra inchieste interrotte, sospese, non fatte e archiviazioni con motivazioni tragicomiche.

Insomma Expo non si tocca. Il messaggio è questo. Non si conoscono ancora i conti a oltre quattro mesi dalla fine dell’evento. Peppino Sala, il candidato a sindaco dei poteri forti tra i quali la procura di Milano, continua a fare spallucce e risponde che lui di bilanci parla solo con chi capisce di bilanci. Si tratta di una manifestazione di arroganza e prepotenza da parte di chi si sente con le spalle coperte. E la mancanza di verità getta ulteriori ombre sull’amministrazione Pisapia che cinque anni fa tante speranze aveva suscitato. Era il vento che doveva cambiare e non è cambiato.

Expo si conferma come una grande abbuffata dove hanno mangiato in tanti e nell’elenco c’è pure la magistratura se si considera la vicenda mai chiarita dei fondi dell’esposizione per la giustizia con lavori affidati senza gare pubbliche a ditte amiche. Anche in questo caso resta senza risposta la domanda relativa a chi controlla i controllori. Nessuno in realtà.

I conti di Expo sembrano destinati a pagarli, insieme ai contribuenti, quelli che il primo maggio andarono in piazza a protestare e che saranno processati per devastazione, reato ereditato dal codice fascista e che prevede condanne fino a 15 anni di reclusione. Nonostante un capo di imputazione che fa acqua da diverse parti come ha evidenziato la corte d’appello di Atene nel rimettere in libertà e rigettare la domanda di estradizione per cinque anarchici greci. Due pesi due misure nell’ex culla del diritto. Dove il diritto viene strumentalizzato al fine di allargare la foribice tra chi ha di più e chi ha di meno. Con tanti saluti a chi soprattutto a sinistra continua a vedere ingiustamente nel diritto uno strumento di trasformazione della società. Con tanti saluti all’esercizio obbligatorio dell’azione penale in realtà un simulacro per coprire nefandezze e alla necessità della politica e della pubblica amministrazione di dotarsi di anticorpi. Sono meri argomenti per convegni perchè la vita di tutti i giorni dei comuni mortali dice ben altro (frank cimini)

Le “nuove verità” su Aldo Moro, ecco perché sono tutte bufale

In questi giorni sono apparsi due articoli che anticipano quelle che sarebbero state le rilevanti “scoperte” dell’ ennesima indagine sul sequestro del Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, avvenuto nel lontano 1978, grazie “alla disponibilità di tecniche e strumenti investigativi assai sofisticati che allora non esistevano”,  come dichiara il Senatore PD Federico Fornaro, segretario della Commissione parlamentare di inchiesta.

Il primo, datato 27 settembre, e pubblicato sul sito “Fasaleaks” del noto giornalista Giovanni Fasanella, riporta una intervista al citato senatore Fornaro mentre il secondo, datato 30 settembre e a firma Francesco Saita è stato pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Visto che non passa anno che non ci vengano proposte “nuove” verità che poi magari finiscono con la incriminazione per calunnia, come di recente avvenuto nel giugno del 2013 con l’ex finanziere Giovanni Ladu o nell’aprile del 2014 con l’artificiere Vitantonio Raso, la legge della prudenza si impone inesorabile. Sarebbero 3, secondo il Senatore Fornaro, le nuove acquisizioni su quanto avvenuto il mattino del 16 marzo 1978 in via Fani. La prima è una nuova ricostruzione con il laser della azione armata delle Brigate Rosse “che consente di ipotizzare la presenza sul luogo del sequestro di uno o due membri del commando mai identificati”. Di più il Senatore non dice, ma ci anticipa che si tratterebbe di “tiratori scelti, killer di professione provenienti, si aggiunge, “da ambienti mafiosi, in particolare ‘ndrangheta, e dalla Raf, l’organizzazione terroristica tedesca”. Attendiamo ovviamente di conoscere nel dettaglio gli esiti di queste nuove indagini al laser, in grado addirittura di identificare tratti calabresi e tedeschi, ma la presenza di tiratori scelti lascia un tantino dubbiosi visto che, come ampiamente ricostruito, si trattò di sparare plurime raffiche a distanza ravvicinata su cinque uomini della scorta colti alla totale sprovvista e bloccati a bordo di due autovetture incastrate secondo il medesimo schema operativo utilizzato qualche mese prima dai militanti della RAF in occasione del sequestro dell’industriale Schleyer. Che per portare a compimento una siffatta azione occorresse ai 10 componenti accertati del commando BR l’ausilio di un killer della ‘ndangheta (e di un rappresentante delle RAF in un periodo in cui ormai non se la passavano troppo bene) pare ipotesi priva di ragionevolezza, ma andiamo oltre.

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