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Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Gli applausi di alcuni pm a Robledo, “qui non c’è democrazia”

Nell’intimità dei singoli uffici, numerosi pubblici ministeri applaudono l’esposto al Csm con cui il procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha denunciato irregolarità nell’assegnazione delle inchieste da parte del procuratore della Repubblica Edmondo Bruti Liberati. “Ha fatto bene! Finalmente qualcuno lo ha detto. Anche se ci sarebbe da dire che anche l’assegnazione dei fascicoli all’interno degli stessi dipartimenti in alcuni casi avviene in violazione della regola dell’automatismo”, dice  un magistrato. E un altro: “Sono tutti d’accordo che non ci sia niente di democratico in questa procura. Che questo sia stato portato all’attenzione dell’opinione pubblica è solo una buona cosa”. E a un carabiniere che si chiede se da parte di Bruti Liberati ci possa essere un rallentamento delle inchieste in vista di Expo, lo stesso pm risponde: “Fa troppo il politico e poco il magistrato”.
Qualcuno comunque contesta almeno i modi scelti da Robledo: “Per me è stata un’iniziativa fuori luogo. Ne potevano parlare prima tra procuratori aggiunti, con eventuali sollecitazioni al rispetto di alcuni principi, visto che l’ufficio ha in ogni caso delle connotazioni gerarchiche”. E tra il personale amministrativo c’è chi afferma: “La verità è che bisognerebbe togliere dalla facciata del palazzo di giustizia il richiamo a Falcone e Borsellino. Fuori c’è chi associa i magistrati a queste due personalità che invece nulla hanno a che fare con questa procura”. Chi nella vicenda coglie un richiamo alla recente requisitoria al processo sulla “clinica degli orrori”, in cui il pm Tiziana Siciliano ha parlato di “megalomania” per descrivere il principale imputato, il chirurgo toracico Pier Paolo Brega Massone, e l’ormai scomparso Francesco Pipitone, l’ex socio unico della Santa Rita : “Si parlava di megalomanie che si sono tragicamente incontrate? Qui si sono scontrate…”. (entrenews)

Ecco l’esposto al Csm di Robledo contro Bruti Liberati

Ed eccoci alla resa dei conti. Dopo mesi di sussurri e grida nei corridoi del Palazzo è arrivata la ‘dichiarazione di guerra’ del procuratore aggiunto Alfredo Robledo contro il procuratore Edmondo Bruti Liberati e il capo del pool reati economici Francesco Greco.  Giustiziami è in grado di mostrarvi l’esposto mandato al Csm, al Consiglio Giudiziario e alla Procura Generale firmato da Robledo.   Lo trovate nella sezione Documenti o cliccando a questo link:
http://www.giustiziami.it/gm/wp-content/uploads/2014/03/CSM4.pdf

Lerner conduce, va in onda il primo talk show in un Tribunale

Milano, Italia. “Gad, ma perché ti hanno chiamato?”. “Eh, non lo so, è nota la mia incompetenza in materia giudiziaria”.

Lerner presenta il primo bilancio sociale – talk show nella storia del Palazzo di Giustizia di Milano e d’Italia, e prima di salire sul palco fa il modesto coi colleghi (sembra sincero). A lui il procuratore Bruti Liberati affida la conduzione dello spettacolo di fine d’anno in cui vengono snocciolati dati a volte pirotecnici (più 60% di reati fiscali rispetto al 2012), emergenze eterne (organici ridotti al lumicino) e nuove (l’Expo dei reati nel 2015) , condite da qualche pillola di auto – celebrazione. Tra il pubblico, magistrati (pochi,  l’avranno approvato tutti questo bilancio?), qualche cancelliere e i soliti cronisti giudiziari, sorpresi per l”inedito show.

E che sia un vero talk, allora. Arrivano gli ospiti! Quelli scontati (l’avvocato Salvatore Scuto che rappresenta la Camera Penale)  ma anche i jolly, che dovebbero tirare su l’audience: Giuseppe Roma, direttore generale del Censis e Daniela Piana, elegante professoressa in Relazioni Internazionali dall’Università di Bologna.  Cosa accomuna Lerner, Roma e la signora Piana? Che tutti e tre ammettono nei rispettivi interventi di saperne poco o nulla  in tema di giustizia. Si vede che hanno studiato la sera prima, però. Gad conduce da par suo anche se un errorino lo fa, quando si riferisce alla vicenda di un imprenditore che sarebbe stato assolto perché in crisi economica (non ha letto le motivazioni della sentenza). Roma e la prof Piana espongono in modo brillante argomenti che conoscono appena, girandoci attorno con maestria. Tutto fila come in un talk compresa quella sensazione strana quando spegni la tv di avere ascoltato tante parole ma nessuna decisiva. Per fortuna, poi, qui ci sono le sentenze. (manuela d’alessandro)

Ancora carcere per un giornalista, è ‘scontro’ Pm-giudici

Vaglielo a spiegare ai giudici che il procuratore Edmondo Bruti Liberati si è speso dopo il caso Sallusti con tanto di direttive interne e comunicati stampa per evitare il carcere ai giornalisti. Sembra proprio che Procura e Tribunale diano un peso molto diverso alle diffamazioni dei cronisti.
Oggi l’ultimo caso, quello del collega Luca Fazzo, condannato dal giudice Anna Calabi a sette mesi di carcere senza sospensione della pena per un articolo in cui aveva definito “accanito cocainomane” un giovane frequentatore della discoteca Hollywood, coinvolto nell’indagine su ‘Vallettopoli’.
Nelle carte dell’inchiesta dello scomparso pm Frank Di Maio, alcune ‘bellissime’ di Milano, Francesca Loddo e Alessia Fabiani, avevano raccontato di avere consumato droga con il giovane, il quale a verbale aveva ammesso: “Sono consumatore da 4 anni di  cocaina  e negli ultimi tempi ne consumo parecchia, anche dalle due alle quattro volte alla settimana (…) di solito funziona che al tavolo del privé dell’Hollywood si chiede ai presenti se hanno cocaina ed effettivamente molti ne hanno disponibilità e sono adusi a regalarla. Io e le mie amiche andavamo in bagno a consumare la sostanza”.
Nel processo a Fazzo, il giudice è andato molto oltre la richiesta della Procura, che avrebbe ritenuto sufficiente la condanna ad un’ammenda di tremila euro, infliggendo al cronista sette mesi senza sospensione condizionale. Appena un mese in meno della pena patteggiata dal giovane per il consumo di droga.  Solo poco tempo fa, però, Bruti Liberati aveva rivolto ai colleghi pm l’invito ad adeguarsi alla sentenza con cui il 24 settembre scorso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo aveva condannato l’Italia per violazione della libertà di espressione con riferimento alla condanna al carcere, seppure sospesa, dell’allora direttore del Giornale, Maurizio Belpietro.
Il procuratore aveva sottolineato che la Corte Europea era intervenuta per “censurare l’applicazione della pena detentiva ritenuta sproporzionata in relazione alla tutela della libertà d’espressione quando non ricorrono circostanza eccezionali quali l’istigazione all’odio razziale o etnico o l’incitamento alla violenza”. Ma quello che dice l’Europa pare non piaccia affatto ai giudici. (manuela d’alessandro)