giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

‘Ndrangheta, in 800 pagine ordinanza Expo assente
ma ai giornali qualcuno ha soffiato la bufala

In 800 pagine di ordinanza di custodia cautelare la parola Expo non compare, ma qualcuno deve aver soffiato ai giornali la “bufala” perché agenzie e siti internet da subito collegano l’operazioni anti-’ndrangheta che ha portato stamattina a 13 arresti all’esposizione universale che inizierà il primo maggio dell’anno prossimo.

Nell’ordinanza si fa riferimento esclusivamente a due subappalti minori del valore complessivo di 450 mila euro che potrebbero avere a che fare con Expo. E’ un po’ poco (eufemismo) per caratterizzare in quel senso il blitz che ha portato in carcere personaggi non certo di primo piano, anche se i fatti confermano la forte presenza della criminalità ‘ndranghetista nel territorio lombardo. Siccome Expo si avvicina adesso sembra che ogni arresto in ambito imprenditoriale abbia a che fare con quella manifestazione.

I media abboccano anche a cose non vere perchè propense al sensazionalismo e all’allarmismo. Ma dall’interno dell’indagine qualcuno avrà come minimo esagerato nel fornire le prime informazioni. Del resto non è un mistero che la procura di Milano sia a caccia di pubblicità positiva e di visibilità dopo il forte ridimensionamento della sua immagine (altro eufemismo) provocato dalla querelle Bruti-Robledo. Al punto da enfatizzare qualsiasi provvedimento per dimostrare efficienza anche dopo l’allontanamento di Robledo dal dipartimento anticorruzione per decisione di Bruti Liberati.

Sea, il fantasma di Bruti in aula. “Tutti assolti”
Robledo: Non ho potuto indagare a fondo

C’è il fantasma del capo della procura Edmondo Bruti Liberati al settimo piano nell’aula dell’udienza preliminare sull’acquisizione della Sea che si chiude con il proscioglimento di Vito Gamberale, di Mauro Maia e di un manager indiano. Per il gup Anna Maria Zamagni non ci sono elementi tali da portare a un processo. Il giudice fa riferimento a un capo di imputazione “limitato”. Si tratta di parole che paradossalmnete collimano con quanto aveva detto in mattinata il pm Alfredo Robledo che, pur insistendo sulla richiusta di rinvio a giudizio per turbativa d’asta dei tre imputati, aveva precisato: “Non è stato possibile approfondire le indagini”.

E’ l’affermazione che senza citarlo esplicitamente chiama in causa il capo della procura Bruti Liberati i n relazione al ritardo di 6 mesi con cui il fascicolo Sea era approdato sul tavolo di Robledo. “Una mia colpevole dimenticanza” aveva spiegato Bruti. La colpevole dimenticanza fin qui pesa sul destino dell’inchiesta che aveva fatto emergere la guerra interna alla procura di Milano tra Bruti e l’aggiunto Robledo, allora a capo del dipartimento anticorruzione e di recente “sbattuto” a quello delle esecuzioni penali.

Quando Robledo ha il “la” del capo dellufficio per indagare a marzo 2012 sono passati 6 mesi dal momento in cui da Firenze era arrivata la conversazione intercettata in cui Gamberale e Maia parlarono di “gara su misura”. E quando Robledo inizia gli accertamenti la gara per l’acquisizione della Sea è già finita, i giornalli hanno già scritto di quell’intercettazione. Dunque Gamberale e gli altri sanno di essere stati iscritti nel registro degli indagati e di conseguenza non sarebbe fruttuoso intercettarli.

Quando Robledo chiede il rinvio a giudizio sembra consapevole di un’inchiesta dimezzata. E il giudice accoglie in sostanza il contenuto delle memorie difensive, nel senso che valuta l’inesistenza di elementi tali da far pensare che la società indiana abbia accettato la proposta di non partecipare. Robledo aveva insistito sulla necessità di valutare i comportamenti che avrebbe portato a un esito diverso. Il procuratore aggiunto ora dovrà decidere se ricorrere o meno in Cassazione.

Il gup Zamagni è anche relatore al consiglio giudiziario in merito alla querelle Bruti-Robledo, e di conseguenza sul capitolo Sea dove oggi è arrivata la sua decisione. Il giudice sta recitando due parti in commedia. Criteri di opportunità avrebbero dovuto consigliare il giudice di spogliarsi di uno dei due ruoli. Non è stato così. E la circostanza finisce per aumentare le incertezze e le contraddizioni in una vicenda dove il Csm continua a decidere di non decidere. I magistrati insomma scimmiottano i politici, dai quali si proclamano indipendenti e autonomi persino quando si parla di ferie. (frank cimini)

Nessuno vuole il posto di Robledo, Bruti se lo tiene

Il procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati aveva contattato alcuni magistrati al fine di trovarne uno disposto a prendere anche provvisoriamente l’incarico di reponsabile del dipartimento anticorruzione occupato fino a venerdì della scorsa settimana da Alfredo Robledo esautorato e “sbattuto” al settore esecuzioni penali dallo stesso Bruti in una vicenda di esposti  e controesposti al Csm che sembra senza fine.

La pesca non è andata a buon fine. Non ha abbocato all’amo nemmeno un’acciuga. Per cui Bruti è stato in pratica costretto a riservare a sè la delega del dipartimento in attesa che il Csm senza fretta designi l’aggiunto numericamente mancante dopo l’andata in pensione di Nicola Cerrato e che parta l’interpello formale per sostituire Robledo.

E’ insolito che in una grande ufficio inquirente il capo tenga per sè il coordinamento di un dipartimento, ma in questa vicenda troppe circostanze sono insolite. Insomma non ci sono precedenti e non sappiamo come finirà, anche perchè il Csm sembra abbia tutto fuorchè l’urgenza di prendere decisioni. Nonostante stia per arrivare sui tavoli dell’organo di autogoverno la replica di Robledo alle contestazioni di Bruti con la richiesta di essere sentito con urgenza. Ma i consiglieri togati e laici  si sono appena insediati, dovranno studiare la pratica. Il problema è avvicinarsi il più possibile alla data della pensione di Bruti, 31 dicembre 2015. Decidere di non decidere, rinviare, esattamente ciò che in questa storia è successo fino a oggi. I magistrati non sono meglio dei politici. E’ il messaggio che arriva dalla querelle Bruti-Robledo. Amen. (frank cimini)

Lotta di potere in procura, Bruti caccia Robledo dall’anticorruzione

L’aggiunto Alfredo Robledo reagisce sorridendo e dicendosi tranquillo: “Me l’aspettavo, eccome”. Da stamattina Robledo non è più a capo del secondo dipartimento quello che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione. Lo ha deciso con un ordine di servizio il capo della procura Edmondo Bruti Liberati contro il quale Robledo aveva presentato un esposto al Csm lamentando tra l’altro violazioni in materia di assegnazioni di inchieste e in particolare il ritardo di sei mesi (“fascicolo scomparso”) per l’arrivo sul suo tavolo dell’indagine sulla acquisizione della Sea, affare sensibile per l’allora neonata giunta di centro-sinistra.

La “guerra” era iniziata addirittura prima che Bruti venisse designato quasi all’unanimità dal Csm capo della procura di Milano. Quella di oggi è una svolta importante dopo che Bruti prima aveva escluso Robledo da alcuni interrogatori sul caso Expo e poi gli aveva tolto l’inchiesta. Stamattina il terzo atto. Da subito Robledo dovrà prendere servizio come aggiunto al dipartimento delle esecuzioni penali dove da tempo lavora il sostituto procuratore anziano Ferdinando Pomarici una sorta di memoria storica della procura, famoso da quando bloccò per primo i beni dei sequestrati per evitare che i familiari pagassero il riscatto. Parliamo di decenni fa, altra era era geologica. Pomarici, protagonista di uno scontro durissimo con Bruti sul caso Sallusti, lasciando la sua stanza per il pranzo è lapidario: “Sono riusciti a distruggere quello che era il miglior ufficio giudiziario del paese”.

Di coordinare il dipartimento anticorruzione si occuperà direttamente Bruti, probabilmente fino al giorno in cui dovrà andare in pensione il 31 dicembre dell’anno prossimo. Contro la decisione del suo capo Robledo non potrà ricorrere. Potrà solo rispondere punto per punto alle contestazioni di Bruti inviando memorie al consiglio giudiziario e al Csm che eventualmente faranno le loro valutazioni. Ma si annunciano sicuramente tempi lunghi. E il Csm ha già fatto ampiamente capire di non avere fretta per usare un eufemismo anche perchè il capo dello stato Giorgio Napolitano presidente dell’organo di autogoverno dei magistrati sulla lotta di potere interna alla procura di Milano ha più volte preso posizione salvaguardando Bruti Liberati. E non è detto che il suo successore nel caso arrivi prima della fine del 2015 abbia voglia di mettere subito  le mani in un guazzabuglio che comunque finisca ha scoperto molti altarini e messo in dubbio principi tanto sbandierati a parole dall’Anm come indipendenza e autonomia della magistratura e obbligatorietà dell’azione penale.

Se il movimento del ’68 perse la sua innocenza con la strage di Piazza Fontana si può dire che la procura di Milano e con lei l’intera magistratura ha perso la verginità ammesso e non concesso che l’abbia mai avuta. Perchè scorrendo gli atti della querelle Bruti-Robledo viene fuori im modo chiarissimo che la politica non è certo estranea alle toghe con i suoi giochi di potere. E i fatti, per ultimo quello di oggi, finiscono per ledere l’immagine delle stesse delicate inchieste in corso. “Non sappiamo cosa fare, come procedere” mormora un pm. Trema il palazzo che fu simbolo di Mani pulite e a causa di un terremoto interno. Non ci sono complotti estrerni organizzati da inquisiti eccellenti e nemmeno dal più importante di tutti. Insomma i magistrati si sono dati la zappa sui piedi. Potessero, a questo punto si arresterebbero tra loro. E non è detto che non accada perchè la storia è ancora lunga (frank cimini)