giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

La lettera a Babbo Natale dei detenuti – lettori di Bollate

I libri regalano vite di scorta a tutti: a chi è in carcere, e vive un’esistenza sospesa, ancora di più. Lo sa bene Renato Mele, animatore del Gruppo Cultura e della biblioteca del penitenziario di Bollate che quest’anno per Natale vuole donare mondi da sfogliare ai ‘suoi’ reclusi coinvolgendo la città di Milano. “L’idea è semplice – spiega – ho scritto nome e cognome del detenuto e il libro che vorrebbe, poi ho portato la lista nelle due librerie che hanno aderito all’iniziativa, la Libreria Popolare e Isola Libri, dove chi lo desidera può acquistare il volume con tanto di dedica a chi lo aspetta in carcere”.

Lui poi si impegna a consegnarglieli appena dopo Natale perché è proprio nei giorni a ridosso della festa che si affollano le librerie e c’è più possibilità che a qualcuno venga voglia di offrire ore di svago su carta a chi sta scontando una pena.  Ma cosa desidera leggere chi è dentro? “Un po’ di tutto – chiarisce Mele – dai testi di grammatica italiana alla biografia di Francesco Totti ai gialli, ma anche filosofia e testi più impegnati”.

A Mele, che fa parte dell’associazione Mario Cuminetti dal nome del fondatore del primo gruppo di volontari che portò attività culturali in un carcere italiano nel 1985, preme sottolineare che “Bollate non è speciale, come si dice sempre. E’ l’unico carcere italiano secondo la Costituzione, sono tutti gli altri a essere fuorilegge. Qui si realizza il principio della rieducazione e siamo convinti che la cultura possa davvero far cambiare le persone”. Tra le fitte attività nella struttura, che ospita circa 1200 persone, ci sono anche il giornale ‘Carte Bollate’ e lezioni di docenti universitari a studenti liberi e reclusi insieme. (manuela d’alessandro)

Detenuta lavoratrice a Expo, evade uscendo dai tornelli. Ricercata da luglio.

E’ scivolata via lieve dai tornelli dell’esposizione universale, confusa nella folla stanca che abbandonava i padiglioni un pomeriggio di luglio. Evasa da Expo dove lavorava per 500 euro al mese nell’ambito del progetto che vede impegnato un centinaio di detenuti delle varice carceri lombarde – Bollate, Opera, Busto Arsizio e Monza – a dare informazioni e aiutare i visitatori che perdono il filo tra i paesi del mondo.

Una detenuta transessuale vicina all’ultima curva della sua pena per omicidio preterintenzionale, due anni e mezzo da scontare a Bollate, una delle carceri meno crudeli con chi ha perso la libertà. Impeccabile sempre, tutte le volte che le era stato concesso uno spicchio d’aria con diversi permessi durante la carcerazione. Mai un ritardo, una sbavatura. Per questo era stata scelta, anche col sì del giudice della sorveglianza, tra i candidati a vivere un’esperienza di lavoro a Expo con uno stipendio inferiore di un terzo rispetto ai contratti collettivi nazionali, come previsto dalla legge. Sei ore al giorno per sei giorni alla settimana dentro alla giostra dell’esposizione finché non le è venuta voglia di scendere e scappare via. Da allora, primi di luglio, la stanno cercando invano. Se dovessero trovarla, la sua curva prima della libertà diventererebbe una strada senza fine. (manuela d’alessandro)