giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Due anni senza motivazioni, le vittime dell’amianto si ribellano

E’ vero che era una sentenza di assoluzione e non c’è nessuno in carcere, ma due anni per il deposito delle motivazioni sono un’enormità e giustamente chi si ritiene danneggiato ora si fa sentire. Anche perché il tema – quello dell’amianto – meriterebbe massimo rispetto per chi ha visto morire i propri cari, a prescindere dalle responsabilità penali finora negate dal Tribunali in quasi tutti i processi.
In questo caso, si parla dei 28 morti o ammalati per amianto che avevano lavorato negli stabilimenti milanesi della Pirelli tra gli anni ’70 e ’80. Il 19 dicembre 2016, il Tribunale di Milano aveva assolto 9 ex manager Pirelli accusati di omicidio colposo e lesioni gravissime, e ancora non sono state depositate le motivazioni dal giudice  Anna Maria Gatto, magistrato peraltro stimato, che aveva condotto in modo brillante anche il dibattimento Ruby bis.  Allo scoccare dei due anni di attesa, il Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro, Medicina Democratica e l’Associazione italiana esposti Amianto, parti civili nel processo,  hanno inviato una segnalazione ai vertici del Tribunale, spiegando che la prescrizione incede e che non possono impugnare il verdetto. “Con il tempo, la prescrizione corre con grave danno per le parti civili costituite nel processo – spiegano – Chiediamo all’autorità giudiziaria di assumere i provvedimenti riguardo al caso in esame, riservandoci di intraprendere iniziative di lotta contro il persistere di questa malagiustizia che rappresenta un affronto a chi aspetta giustizia”. In attesa della motivazioni, “le vittime e le loro associazioni non possono neanche presentare appello. Non si ferma invece la conta dei morti fra chi ha lavorato alla Pirelli, in attesa di una giustizia che non arriva mai altri ex lavoratori continuano ad ammalarsi e a morire. Anni di lotte in fabbrica e sul territorio, anni di ricerche sul cancerogeno amianto hanno contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica e la magistratura sui rischi concreti del killer amianto, ma tutto questo a una parte del Tribunale di Milano sembra non interessare”. Le motivazioni avrebbero dovuto essere depositate entro 90 giorni ma i termini sono stati prorogati più volte dal giudice Gatto che attualmente presiede il Tribunale di Pavia. Finora, nonostante gli appassionati sforzi del pm Maurizio Ascione, che si è occupato di molte indagini sulle morti per amianto nelle fabbriche milanesi, oltre che in metropolitana e alla Scala, tutti i processi si sono chiusi con delle assoluzioni per la difficoltà a trovare un nesso causale tra le presunte responsabilità dei manager e i danni provocati dalla sostanza ai lavoratori. (manuela d’alessandro)

Morire di amianto in metro, chiesto il processo per ex dirigenti di Atm

Sono morti in sei in sei anni, tra il 2009 e il 2015, tutti coi polmoni triturati dal mesotelioma o dal cancro, tutti dipendenti dell’Azienda Trasporti Milanesi (Atm). Un autista di bus, due elettricisti, un meccanico, un addetto alla manutenzione delle macchine, un operaio. Altri due sono vivi col respiro mozzato dalle placche pleuriche.

Per il pm Maurizio Ascione, i responsabili di questo strazio sono due ex direttori generali della società: Elio Gambini, 84 anni, e Roberto Massetti, 76. Tra il 1998 e il 2001, quando la presenza di amianto in metropolitana e in altre strutture aziendali  era “massiccia”, non avrebbero applicato la legge in tema di prevenzione e nemmeno informato i lavoratori dei rischi che correvano. Le polveri galleggiavano ovunque: nei depositi degli autobus e nei tunnel della metropolitana, nei tetti in eternit degli hangar dove la notte riposano i mezzi. Toccava ai manager, sostiene Ascione che da anni si occupa delle vittime da esposizione di amianto, proteggere i dipendenti facendo applicare le regole di sicurezza: maschere sul viso; tute da lavare periodicamente; viste mediche; manutenzione dei luoghi a rischio. Gli indagati, convocati a ottobre per un interrogatorio, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere di fronte alle accuse di omicidio colposo e lesioni gravi.

Nel luglio scorso, il pm Ascione aveva ottenuto la sua prima vittoria: la condanna fino a 7 anni per 11 ex manager di Pirelli per la morte di 24 operai.  In precedenza, i processi per l’amianto alla Franco Tosi e all’Enel di Turbigo si erano conclusi con l’assoluzione di tutti gli imputati. (manuela d’alessandro)

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