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Ci eravamo lasciati con una domanda (Le carte degli appalti Expo senza gara): perché gran parte del ‘tesoretto’ dei fondi Expo assegnato alla giustizia milanese è stato distribuito con una pioggia di affidamenti diretti e non con gare pubbliche?
LA SVOLTA.
Qualche giorno dopo la pubblicazione di quell’articolo, tutti i vertici dell’amministrazione giudiziaria milanese si sono riuniti coi rappresentanti del Comune e del Ministero per fare il punto sui 16 milioni di euro complessivi che, in nome dell’Esposizione Universale, sono stati destinati al Palazzo.
Ed è arrivata una sorprendente svolta: da adesso in poi, e per quel che resta da spartirsi, niente più affidamenti diretti, solo gare pubbliche. Con retromarce repentine sui contratti per alcuni lavori che appaiono dettate sia dall’improvvisa attenzione mediatica sul tema, sia dalle ‘pretese’ di una parte degli uffici giudiziari (Procura Generale e Corte d’Appello) rimasti esclusi della spartizione dei soldi e che ora reclamano la loro fetta. In concreto, ciò significa che per l’inizio di Expo, maggio 2015, salvo miracoli, il previsto maquillage del Palazzo non sarà completato perché le gare richiedono molto più tempo rispetto alla procedura sprint degli affidamenti fin qui adottata.
UNA RIUNIONE MOLTO TESA.
E’ il 10 ottobre e nell’elegante stanza della Corte d’Appello l’aria si fa subito gelida. Il ‘padrone di casa’, il Presidente Giovanni Canzio, esordisce affermando che da febbraio era stato da lui invano atteso e sollecitato più volte un incontro sui progetti di informatizzazione finanziati coi fondi Expo. Le parole che leggiamo nel verbale dell’incontro, di cui siamo entrati in possesso (Il verbale della riunione sui fondi Expo), fanno immaginare volti, sguardi e toni di chi sta giocando non una partita comune sotto l’egida di Expo ma una corsa dove ognuno sembra andare per la propria strada. Non a caso, il termine che si lascia sfuggire più spesso nei suoi interventi il Presidente della Corte Giovanni Canzio è “disallineamento” e la sua continua esortazione è quella a una maggiore “serietà” da ora in avanti. Espressioni che evocano con toni diplomatici gli aspri contrasti nel conclave di chi decide le sorti dei fondi.
Dei 16 milioni destinati alla giustizia ambrosiana, 10 sono già stati assegnati con il primo e il secondo finanziamento attraverso una raffica di affidamenti diretti di cui ha beneficiato soprattutto il Processo Civile Telematico; ne restano circa 6, da distribuire nell’ambito della terza e della quarta tranche programmate nel 2010 quando l’”oro” di Expo ha cominciato a circolare nel Palazzo.
LA RIVELAZIONE.
Tocca a Laura Tragni, segretario generale della Corte d’Appello, svelare due freschissimi cambi di programma nella gestione dei soldi Expo. Dalla lettura dell’ultimo rendiconto, spedito dal giudice Claudio Castelli alla Commissione qualche giorno prima della riunione, Tragni ha appreso “con stupore” che è stata prevista una gara europea per l’utilizzo dei fondi Expo destinati a Unep (Uffici Notificazioni Esecuzioni e Protesti) per la Corte d’Appello. Un progetto che dovrebbe rendere elettroniche le notifiche dei provvedimenti giudiziari. “E’ stata una doccia fredda”, “qualcosa di assolutamente diverso da quanto mi era stato comunicato nel luglio di quest’anno”, lamenta, sottolineando che il ricorso alla gara europea dilaterà di molto i tempi per Unep. A luglio, questa è la ricostruzione offerta dalla rappresentante della Corte d’Appello, era già stata individuata la società che, col solito meccanismo dell’affidamento diretto, avrebbe dovuto occuparsi del progetto ed erano “già state acquisite le valutazioni di congruità tecnico – economica”. Adesso però si è deciso che è tutto da rifare, e questa volta con la gara europea, quella che garantisce la massima ‘democrazia’ nella scelta del contraente.
E questo non è l’unico cambio in corsa che ha sconcertato la dottoressa Tragni. “Il secondo profilo di preoccupazione” espresso dalla segretaria – si legge infatti nel verbale – nasce da un confronto tra il rendiconto di settembre, dove spunta, a pagina 1 del Prospetto delle acquisizioni da commissionare relative al terzo finanziamento, accanto alla voce riguardante il Processo Civile Telematico (del consistente importo di 1 milione e 400mila euro) l’indicazione ‘Ricevuta offerta e congruità. In sospeso per inoltro criticità su affidamento’”. Tragni definisce “allarmante” il fatto che all’improvviso sia stata bloccata la procedura dell’affidamento diretto per un settore “nevralgico e sofferente” come quello fallimentare dove il processo telematico sta creando molti problemi.
Il direttore del Settore Uffici Giudiziari per il Comune, Carmelo Maugeri, e la Direttrice Generale del Dgsia (Direzione Generale per i Sistemi Informativi del Minstero della Giustizia), Daniela Intravaia, spiegano a Tragni che “3 lotti andranno in gara pubblica, non trovando altrimenti giustificazioni tecniche” e che non ci sono i presupposti per utilizzare l’articolo 57 comma due del codice sugli appalti, quello che consente di fare affidamenti diretti allo stesso fornitore già in precedenza individuato da un’amministrazione. Proprio quell’articolo di legge in nome del quale sono stati distribuiti diversi milioni di euro targati Expo, alcuni dei quali proprio a quella NetService che, anche in questo caso, sembrava essersi accaparrata l’affidamento diretto prima della sospensione. Il nuovo scenario non convince la segretaria della Corte d’Appello che insiste: perché all’inizio queste “criticità” sugli affidamenti diretti non erano state evidenziate?
Le sorprese non sono finite. Anche Intravaia si lascia andare a una rivelazione interessante: per la prima volta l’organo di controllo interno dell’articolazione ministeriale da lei diretta ha mosso un rilievo interno “sul perché ci si è appellati alla continuità tecnologica dell’articolo 57 sul contratto fatto al loro abituale fornitore Net Service”. A questa società erano stati assegnati due affidamenti diretti per la realizzazione del Processo Civile Telematico invocando la “continuità tecnologica” che adesso viene messa in discussione.
E c’è di più. Intravaia paventa anche il rischio che la Corte dei Conti possa prima o poi muovere delle obiezioni su questo tipo di affidamenti diretti. La discussione si chiude con un altro rude scambio di battute tra esponenti della Corte d’Appello e di Palazzo Marino. Maugeri afferma che “dove il Comune non riscontra motivazioni ferree va in gara pubblica e la gara è una procedura che tutela tutti”. Tragni non ci sta e ribatte così: “Evidentemente solo oggi il Comune ha riscontrato questo profilo perché quella delle procedure fallimentari ed esecutive è una delle prime progettazioni riguardanti l’Expo”.
A CHI ANDRANNO I FONDI EXPO CHE RESTANO.
Resta da capire chi si aggiudicherà i sei milioni di fondi Expo che mancano. E qui si apre un’altra trincea perché Corte d’Appello e Procura Generale, finora a bocca quasi asciutta, reclamano attenzione, ma pare che il ‘pozzo’ stia per prosciugarsi.
Canzio e la rappresentante della Procura Generale, Laura Berolé Viale, non nascondono il loro scorcerto verso Maugeri quando gli chiedono perché la cifra destinata a “segnaletica, dotazione informatica e software” si sia impennata da circa un milione e mezzo di euro a quasi 3 milioni di euro nel giro di un mese, dal prospetto di settembre a quello del mese successivo. Una modifica che toglie la metà dei fondi ancora da spendere alla disponibilità dei loro uffici, e soprattutto al progetto della Consolle per la Corte d’Appello considerato da Canzio una priorità. Maugeri fornisce una spiegazione tecnica: le leggi di Expo ‘pretendono’ che il cinquanta per cento di una spesa sia di carattere informatico e “superficialmente” nel primo rendiconto ci si è dimenticati di aggiungere quel milione in più di “hardware”. ”Ma noi – obietta Canzio – non possiamo modificare ogni volta i fabbisogni degli Uffici a seconda delle precisione del Comune”.
I MONITOR DI EXPO SONO SPENTI.
Tornando alla domanda che ha stimolato questo cammino (perché tanti soldi Expo sono stati destinati al Palazzo con affidamenti diretti?), oggi possiamo dire che la decisione di destinare i fondi residui dell’Esposizione con gara pubblica ci tranquillizza per il futuro ma ci preoccupa ancor più su quello che è successo negli ultimi anni. Da cosa è stato determinato questo cambio in corsa? Perché tanto sconcerto sull’amministrazione dei fondi da parte della Corte d’Appello, della Procura Generale e dell’UDI, l’ufficio distrettuale dell’Informatica, tutti tenuti fuori dai giochi per almeno due anni dalle decisioni su come finanziare i soldi? Le delibere comunali parlavano di stanziamenti da Expo “per migliorare la giustizia milanese” nel suo complesso, non solo per una parte.
Resta la sensazione perlomeno di un grande pasticcio, anche perché il Processo Civile Telematico non funziona come dovrebbe. E il simbolo di questa storia con alcuni aspetti oscuri sono i monitor spenti appesi per il Palazzo, comprati col denaro di Expo, che da mesi recano la scritta ‘No cable connected’. (manuela d’alessandro)