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Che vita avranno i figli di “malati terminali, cugini primi, anziani”, genitori “tecnologici” a cui la natura non avrebbe concesso la capacità di procreare? Questo si chiede in una sentenza piena di tormenti il giudice Gennaro Mastrangelo esprimendo la crisi del diritto “messo con le spalle al muro” di fronte al caso di un uomo di 48 anni e una donna di 54 che hanno ‘affittato’ l’utero di una donna indiana per far nascere il loro erede. I due imputati sono stati assolti dall’accusa di alterazione di stato per avere fatto ricorso in India alla maternità surrogata totale ed essersi dicharati all’anagrafe di Milano papà e mamma del piccolo, in realtà concepito col seme dell’uomo, l’ovulo di una donatrice e messo al mondo da una terza donna. Una bugia che è costata ‘solo’ la condanna a un anno e 4 mesi di carcere per falsa dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla propria identità. La mamma “tecnologica” del bimbo, che ora ha due anni, non avrebbe potuto avere figli perché diventata infertile a causa delle cure per un tumore.
Nelle motivazioni contestuali alla sentenza, il giudice scrive che dal punto di vista giuridico “la stessa definizione di maternità è ormai controversa” e che le possibilità offerte dalla scienza in questa materia sono talmente vaste da aver “messo il diritto con le ‘spalle al muro’ nella penosa scelta di tutelare il minore e di non privarlo dei suoi genitori ‘tecnologici’”.
Di fatto, spiega Mastrangelo, nel silenzio del diritto sulla riconoscibilità della maternità surrogata in Italia, la scelta fatta dai giudici nelle loro sentenze di assoluzione o archiviazione è stata quella di dare ingresso nel nostro Paese alle “pratiche riproduttive”, valorizzando il “benessere” del minore “terzo inconsapevole di un contratto a cui è rimasto estraneo”.
Ma che succederà in futuro? Il giudice è preoccupato perché il ‘caso’ analizzato nella sentenza di oggi in fondo è tra i più facili da risolvere. “A prescindere da ogni valutazione etica, (…) le possibilità offerte dalla scienza sono talmente vaste da potersi immaginare esiti tali da far obliterare qualunque considerazione per i diritti del nascituro, il quale potrebbe divenire strumento per la soddisfazione del desiderio di genitorialità della madre malata terminale, del padre psicotico, della coppia i cui figli sono stati dichiarati in stato di adottabilità e che intendano procrearne altri eludendo il controllo del tribunale dei minori, di genitori assai in là negli anni, dei cugini primi”. (manuela d’alessandro)