Questo post è stato letto 7181 volte.
La decisione della Cassazione è arrivata oltre la mezzanotte ma è uno spiraglio di luce nella notte del diritto perché i giudici della Suprema Corte, annullando con rinvio al Riesame di Torino gli ordini di carcerazione, hanno rimesso in discussione il capo di imputazione che prevede una condanna fino a 30 anni per i 4 militanti NoTav responsabili di aver danneggiato un compressore nel maggio del 2013.
La nuova udienza del Riesame dovrà ripartire necessariamente dall’anullamento del capo a e del capo b: aver attentato alla vita delle persone con finalità di terrorismo e aver agito per gli stessi motivi detenendo armi da guerra, le molotov. La Procura di Torino, retta fino a pochi mesi fa da Giancarlo Caselli, l’uomo di tutte le emergenze ora in pensione e impegnato a scrivere articoli forcaioli sul ‘Fatto Quotidiano’, aveva radicalizzato lo scontro parlando di danni all’immagine dell’Italia e della Ue. Il gup aveva fatto copia e incolla mandando a giudizio gli imputati davanti alla corte d’assise (dove il processo inizierà il 22 maggio). La Cassazione ha messo dei paletti. Adesso toccherà attendere le motivazioni e il nuovo Riesame. Gli imputati nel frattemmpo restano in carcere dove entrarono a dicembre scorso, detenuti con un regime di alta sorveglianza mentre il Dap non vorrebbe nemmeno permettere loro la presenza in aula da giovedì prossimo costringendoli a seguire il processo tramite videoconferenza.
Ma qualcosa si muove nella notte del diritto. La Suprema Corte ha messo un granello di sabbia nel teorema-marchingegno della procura che si muove in un misto di maccartismo e stalinismo mentre è finito indagato per procurato allarme l’autista di un pm che si era inventato un’aggressione da parte dei NoTav. Pure questo fa parte del clima creato dagli inquirenti che agitano un fantasma del passato perché insieme alla politica (uniti nella lotta stavolta) temono l’opposizione sociale sia a un’opera inutile, costosa, che sventra il territorio sia a uno status quo destinato ad aggravare il gap tra chi ha di più e chi ha di meno e a limitare i diritti delle persone (frank cimini)