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Dopo aver perso la battaglia già sei volte, quattro nel merito al Riesame e due in Cassazione, la pubblica accusa non demorde e ricorre ancora alla Suprema Corte per dire che l’attacco al cantiere di Chiomonte nella notte tra il 13 e il 14 maggio del 2013 “fu terrorismo”. Lo ha deciso per la procura generale di Torino il magistrato Francesco Saluzzo che ha ereditato il ruolo di Marcello Maddalena andato in pensione subito dopo aver perso in appello. I giudici di secondo grado infatti confermavano l’assoluzione dall’accusa di terrorismo condannando i 4 militanti NoTav solo per i reati minori.
Per la terza volta dunque la Cassazione si dovrà occupare di quell’ormai famoso compressore bruciacchiato dalle bottiglie molotov che nel teorema Caselli, procuratore all’epoca dei fatti, era diventato una sorta di rapimento Moro del terzo millennio.
Gli imputati e le parti civili che impugnano sentenze sfavorevoli lo fanno pagando di tasca loro, la pubblica accusa no. A pagare le spese siamo infatti noi contribuenti e questo vale anche per i ricorsi “a schiovere” come dicono a Napoli.
A Roma, invece, spiegano che qualcuno è “de coccio” quando non capisce o non vuol capire. La procura generale di Torino sa benissimo che andrà incontro a un altro no secco in Cassazione, ma purtroppo i processi non si celebrano solo nelle aule. All’accusa il ricorso serve per continuare ad agitare nell’opinione pubblica quello spettro, “il terrorismo”, per ribadire il messaggio che non ci si può ribellare nemmeno davanti a un’opera utile esclusivamente a devastare un territorio una volta incontaminato e, ovviamente a far girare soldi. Tutto ciò nell’interesse di grandi aziende e delle banche che controllano direttamente o indirettamente i giornali, grandi sostenitori dell’affare alta velocità.
Siamo alle prese con una storia infinita. L’imputazione di terrorismo è servita, nonostante le bocciature giuridiche, a indebolire, fiaccare, criminalizzandolo, l’unico movimento radicato sul territorio degli ultimi anni in Italia. Ed è per questa ragione che la procura generale di Torino ha deciso di andare avanti per la sua strada come se niente fosse accaduto. E’ la magistratura che fa politica, ma in questo caso di garantisti in giro se ne vedono davvero pochi. Qui magistratura e politica vanno a braccetto. Anche perché sugli appalti dell’alta velocità in Val Susa nessun fascicolo è stato aperto. Una sorta di “isola felice in un’economia corrotta”. (frank cimini)