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Il Tribunale di Milano, decima sezione penale, ha prosciolto cinque anarchici greci accusati di devastazione e saccheggio in relazione agli scontri avvenuti il primo maggio del 2015 in occasione dell’inaugurazione di Expo. “Non luogo a procedere”. La ragione è molto semplice: erano già stati processati e condannati in patria a 2 anni e 5 mesi per gli stessi fatti, qualificati però giuridicamente con imputazioni meno gravi perché nel loro Paese non esiste il reato di devastazione e saccheggio. Le condanne di Atene erano infatti per resistenza aggravata.
Il reato di devastazione e saccheggio in Italia prevede condanne comprese tra 8 e 15 anni di reclusione, come soltanto in Albania e in Russia. Le accuse erano già state messe in discussione dalla Corte d’appello di Atene quando aveva rigettato la richiesta di estradizione inoltrata dai giudici di Milano. I magistrati greci avevano affermato che non esiste la responsabilità collettiva ma soltanto quella personale e che non c’erano elementi sufficienti di accusa per arrestare gli imputati e rimandarli in Italia. Successivamente, sulla base degli atti italiani, i cinque anarchici erano stati processati in Grecia e la sentenza di condanna era diventata definitiva anche perché i legali della difesa avevano rinunciato al ricorso in Appello promosso originariamente.
Il Tribunale ha applicato il principio del “ne bis in idem” su parere conforme della Procura. Per un sesto imputato, cittadino italiano, Massimiliano Re Cecconi, gli atti tornano ora, per decisione dei giudici, ai pm di Milano, che dovranno riscrivere l’atto di conclusione delle indagini, riformulare eventualmente la richiesta di rinvio a giudizio e andare in udienza preliminare. Il Tribunale ha accolto l’eccezione dei difensori, gli avvocati Mauro Straini ed Eugenio Losco, sulla dichiarazione di irreperibilità di Re Cecconi dal momento che, in base alle dichiarazioni dei genitori, il giovane risiedeva tranquillamente a Tolosa, dove frequentava una scuola di musica e dove venne arrestato ed estradato in Italia.
Finora la Procura di Milano non è riuscita a ottenere nessuna condanna per devastazione e saccheggio in relazione ai fatti del primo maggio. Ci sono state solo condanne per reati minori. In relazione agli anarchici greci i pm sono stati costretti a fare una sorta di buon viso a cattivo gioco perché i giochi erano già stati fatti ad Atene. L’accusa per adesso registra una sconfitta su tutta la linea ma in materia di antagonismo sociale e politico ritiene di avere altre carte da giocare. Per esempio dal prossimo 2 aprile, quando saranno processati, per associazione per delinquere, i militanti del collettivo per la casa del Giambellino, nonostante che, per ammissione degli stessi pm, gli imputati in relazione alle occupazioni non abbiano guadagnato un euro. Si tratta di un racket molto presunto e di un processo istruito in linea con il clima politico che si respira nel Paese, dove le lotte sociali, come accade nel settore della logistica e per la questione del Tav, vengono represse con un accanimento degno di miglior causa (frank cimini)