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Il 14 maggio la Presidenza del Consiglio dei Ministri e addirittura l’Unione Europea saranno con ogni probabilità parte civile in Corte d’Assise a Torino nel processo con rito immediato contro 4 militanti No Tav che rischiano fino a 30 anni di carcere per un attentato la notte tra il 13 e il 14 maggio 2013 a un cantiere in Val di Susa. Ci furono danni per 90 mila euro, 80 mila a un compressore 10 mila a cavi elettrici e altro, ma l’accusa parla di tentato omicidio di pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, con finalità di terrorismo e azione idonea a danneggiare l’immagine dell’Italia.
Gli operai indicati come parte offesa dalla Procura e che avrebbero rischiato di morire colpiti dalle molotov si trovavano al momento dell’azione ben 150 metri dentro la galleria. Il dolo eventuale non viene infatti nemmeno contestato formalmente dai pm che lo fanno trasparire dagli atti dove, tra l’altro, vengono elencate tutte le azioni di sabotaggio avvenute negli anni come se fosse possibile addebitarle ai 4 imputati.
Stiamo parlando della stessa Presidenza del Consiglio che in India si sta battendo per dimostrare che i due marò responsabili dell’uccisione dei pescatori non sono terroristi. E con argomenti che potrebbero essere utilizzati dai legali dei NoTav davanti ai giudici. In India bene o male ci sono 2 morti, in Val di Susa neanche un certificato medico a dimostrare un ferimento. Ma per gli avvocati dei No Tav la strada è molto più in salita.
Per la prima volta dopo anni e anni abbiamo nel bel paese pm e politici uniti nella lotta, con il fiancheggiamento di tutti i media. C’è di mezzo “il terrorismo”, parola che evoca nell’immaginario collettivo un’epoca in cui c’erano i morti per le strade tutti i giorni, poggiando la ricostruzione accusatoria sulla mitica figura di un vero professionista di tutte le emergenze come Giancarlo Caselli, da poco andato in pensione, arrabbiato perché sull’agenda 2014 di Magistratura Democratica era stato ospitato un articolo di Erri De Luca in cui si affermava che tanti e tanti anni fa i vincitori processarono i vinti. Come a Norimberga, anzi peggio.
Nel contesto non manca un senatore del Pd a recitare pateticamente il ruolo di Pecchioli del terzo millennio. E’ l’unico movimento radicato sul territorio, sia pure in una porzione limitata del paese. Così soprattutto come monito a chiunque abbia intenzione di ribellarsi viene ricordato che non si può e non si deve, agitando i fantasmi del passato. La politica oggi come allora non se ne occupa direttamente, delega i magistrati che poi si guardano bene dal mettere il naso negli appalti dell’alta velocità, evidentemente gli unici onesti e trasparenti in un mondo corrotto. Una storia vergognosa tra passato, presente e futuro. (frank cimini)