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Sono passati sei anni dal giorno in cui la Cassazione dichiarando la prescrizione della corruzione in atti giudiziari contestata a David Mills lo condannava a risarcire la presidenza del consiglio dei ministri con 250 mila euro e a versare 25 mila euro di spese processuali affermando la penale responsabilità dell’avvocato inglese per essersi fatto corrompere come testimone “con almeno 600 mila dollari da Silvio Berlusconi”. Correva il febbraio del 2010. Ecco, Mills non ha sborsato un centesimo, attestato sulla sua determinazione a non riconoscere le statuizioni civili.
Lo stato italiano non è stato capace a tutt’oggi di riscuotere. Al momento della decisione della Cassazione a palazzo Chigi sedeva Silvio Berlusconi il quale beneficerà pure lui successivamente della prescrizione ma senza conseguenze a livello di giustizia civile perché i tempi scaduti erano stati dichiarati con la sentenza di primo grado mentre Mills era reduce dalla condanna a 4 anni e 6 mesi confermata dalla corte d’appello. E la situazione con Berlusconi premier era addirittura comica. Ma dopo il fondatore della Fininvest ne passava di acqua sotto i ponti e a palazzo Chigi arrivavano uno dopo l’altro Mario Monti sobrio nel suo loden verde, l’intellettuale poliglotta Enrico Letta e infine Matteo Renzi che tuttora ci delizia. Nessuno dei tre è riuscito a battere chiodo.
Mills dall’estate scorsa ha pure aperto un ristorante nella campagna londinese, ma l’Italia non ha disturbato concretamente l’avvocato che aveva creato un sistema di società off-shore utilizzato da Fininvest e che poi accettava, secondo la giustizia nostrana, “il regalo” per testimoniare il falso in due processi a carico di Berlusconi.
La pratica è tuttora formalmente aperta e l’unica attività di cui si ha notizia è quella dell’avvocatura dello stato parte civile nella vicenda giudiziaria per interrompere un’altra prescrizione, quella relativa al risarcimento.
Mills è una sorta di abbonato alla prescrizione perché ne aveva beneficiato anche per la presunta testimonianza nel caso Sme e per il presunto riciclaggio nella vicenda Mediaset prima che si arrivasse a sentenza. Insomma gli è andata bene, ma la presidenza del consiglio dei ministri almeno una mano gliel’ha data se non tutt’e due. Il suo bilancio sarebbe positivo anche nel caso dovesse risarcire. Ne intascò “almeno 600 mila” (dollari) contro i 250 mila euro più 25 mila che dovrebbe versare nelle casse dello stato italiano. Pare che l’uomo sia un po’ tirchio. Ma è pure fortunato perché la sua avidità viene assecondata. (frank cimini e manuela d’alessandro)