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“Non so se corrisponde al vero quanto oggi scritto sul ‘Corriere della Sera’ secondo cui il Presidente della Corte di Appello, che ha recentemente assolto Silvio Berlusconi, si sarebbe dimesso il giorno stesso del deposito delle motivazioni della sentenza da lui firmata perché in dissenso sul dispositivo. Mi auguro di no perché se così fosse sarebbe davvero un fatto grave ed inquietante. A prescindere dal merito di una decisione che, a quanto si è potuto leggere, risulta del tutto ineccepibile in diritto (se manca la prova di un requisito essenziale di un reato l’imputato va necessariamente assolto), si può comprendere l’intimo disagio di un giudicante per una condanna ingiusta, ma non quello per una assoluzione non condivisa.
Non a caso le norme prevedono la facoltà di manifestare in forma scritta (in busta segreta) il proprio dissenso da ostentare in caso di futura richiesta risarcitoria per ingiusta condanna, caso evidentemente incompatibile con una assoluzione, perché chi potrebbe lagnarsi avverso la stessa, ovvero il pm, dispone dei mezzi giuridici per farlo avanti la Corte di Cassazione.
Tra l’altro, richiedendo la legge l’irragionevolezza del dubbio per pronunciare condanna il gesto del Presidente Tranfa suona anche quale pesante accusa di irragionevolezza al dubbio evidentemente ritenuto e manifestato dai suoi due colleghi, il che va oltre ogni pur legittima critica.
Brutta pagina, insomma, che squalifica in modo irreparabile agli occhi della sempre più sconcertata opinione pubblica proprio quella importante funzione giudiziaria che il predetto magistrato, come si legge sul ‘Corriere’, ha esercitato per oltre 30 anni. Avrei preferito da addetto a lavori leggere qualche dissenso in più su chi in Procura ha ritenuto di disporre un giudizio immediato “per evidenza della prova” in un caso in cui tale prova non solo non era affatto evidente ma è risultata, al vaglio del processo, addirittura insufficiente.
La sentenza di assoluzione peraltro non mostra nessuna “indulgenza” verso la persona dell’imputato che viene assolto sol perchè circondato da una tale corte di lacchè che, per ottenere quel che vuole, non deve neppure commettere reati ma questo nessuno lo dice. Quando la Giustizia diventa “tifo” abbiamo perso tutti. Giudici, Avvocati e soprattutto…imputati. (avvocato Davide Steccanella)
roberto13 ha scritto:
Gentile avvocato, che le prove della concussione siano risultate insufficiente non mi risulta! Semplicemente è cambiata la legge e con essa i presupposti del reato.
Quanto alle dimissioni, ciascuno ha la sua sensibilità: un’assoluzione o una condanna considerate ingiuste lasciano lo stesso senso di ingiustizia in bocca a chi le deve firmare!
R.
davide steccanella ha scritto:
Se avrà modo di leggere la sentenza gentile signor R. potrà vedere che i secondi giudici sono partiti dalla Sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione sui requisiti necessari perchè vi sia concussione ed hanno quindi escluso sulla base degli atti che fosse stato provato che il funzionario “zelante” (diciamo così) avesse effettivamente agito nel timore di “un danno ingiusto” alla propria carriera come avevano motivato i primi giudici. Quindi neppure ha dovuto affrontare la sentenza di appello la riforma Severino per vanificare la prima condanna di concussione per costrizione. Vero che la sentenza ha anche affrontato la ipotesi “nuova” e più lieve della induzione come in primo grado sostenuto dai primi PM ma ha dovuto escluderla per assenza del necessario requisito del ripromesso vantaggio del funzionario, ma tenga conto che trattandosi di legge successiva difficilmente la Cassazione avrebbe legittimato una sua applicazione ex post. Convengo invece con Lei sul fatto che ognuno è libero di sentire l’amaro in bocca che vuole e infatti su questo aspetto trattasi solo di mia personale opinione come mi pare ben risulti evidente dal mio articolo