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“Non toccare / non è abbandonata / è un dono per l’ufficio / c’è chi ne cura / l’idratazione / il nutrimento e / l’esposizione / grazie / Non fatecela cercare di nuovo per tutto l’ufficio, chi porta una pianta poi la vuole almeno vedere”.
Chi ha detto che la Procura è un luogo arido? Non lo è nei sentimenti, per lo meno, se si leggono questi versi sciolti vergati da un anonimo lavoratore del palazzo di giustizia. Magistrato? Cancelliere? Chi può dirlo. Ma là dove c’è amore per una pianta che soffre, là c’è cura anche per le altre cose, e soprattutto per le persone che popolano quel luogo. La pianta, visibilmente sofferente, con tanto di nastro da pacchi attorno al tronco, si trova al quarto piano, quello della Procura, lato via San Barnaba, nello spazio tra gli ascensori e i finestroni che danno sull’Umanitaria, per chi conosce la geografia del palazzo. Lì il vegetale trova la luce di cui ha bisogno. C’è chi si cura di dargli l’acqua. Per qualche tempo, evidentemente, qualcuno l’ha nascosta, poi il proprietario l’ha ritrovata, ma ci sono volute affannose ricerche. Appropriazione indebita? Furto con destrezza? Prestito? Starà alla Procura accertarlo. Ora la pianta è tornata al suo posto. Non spostatela più. Altrimenti scatta il poema.