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Ora le associazioni e l’intera comunità Lgbt (Lesbica, Gay, Bisex, Trans) ringrazino pubblicamente l’ex sindaco di Sulmona Fabio Federico. E’ solo grazie alla sua ostinazione nel querelare chiunque avesse osato commentare le sue dichiarazioni omofobe che ora possiamo leggere sentenze chiare, innovative e illuminanti, in tema di discriminazione di genere e di orientamento sessuale, come quella che vi illustriamo qui.
Ricordate quel giovane che gli diede della “testa di c.” per il video in cui Federico associava omosessualità e presunte ‘aberrazioni genetiche’? Il pm di Busto Arsizio aveva chiesto l’archiviazione, spingendosi ad affermare che quell’insulto era persino poca cosa a fronte delle affermazioni pubbliche dell’allora primo cittadino su Pacs, omosessualità e genetica. Ora il gip Patrizia Nobile accoglie la richiesta di archiviazione – cui Federico si era opposto – e va oltre le argomentazioni del pm. L’imputato va archiviato perché ha reagito a una provocazione, come sostenuto dall’avvocato Barbara Indovina, che ha seguito questa vicenda più per impegno civile che per dovere professionale. “La gravità” delle affermazioni di Federico, scrive il giudice, “non è revocabile in dubbio e ciò non solo perché quanto sostenuto dall’opponente è destituito di qualsiasi fondamento scientifico, ma perché trattasi di affermazioni gravemente discriminatorie, che esorbitano da qualsiasi tutelabile manifestazione del diritto di opinione o di critica, giacché riconducibili a convinzioni, peraltro mutuate da famigerate teorie eugenetiche, incitanti all’omofobia, alla transfobia e alla discriminazione basata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere“. Insomma Federico ha usato concetti che non ricadono nella critica, ma sono falsità, tanto più gravi in quanto si rifanno al peggio della storia del ’900 tentando di proiettarsi sul presente. Ma in questo secolo, quello in cui viviamo, spiega il giudice, “sempre più presente è l’attenzione nella società civile a fenomeni di emarginazione sociale riconducibili all’omofobia (…) e può ritenersi che la società civile nell’ultimo decennio abbia rinunciato a ritenere ‘innaturale’ un fenomeno in realtà esistente in natura e sia dunque ormai approdata alla ‘depatologizzazione’ della omosessualità, interiorizzando piuttosto il valore della tolleranza e della tutela della libertà di orientamento sessuale“. Insomma, il signor Federico, che si è offeso per quell’insulto, è rimasto indietro di qualche decennio e male fa a lamentarsi. Fa parte di quella esigua minoranza che ritiene – maldestramente – che l’omosessualità sia una malattia.
Anche in un processo gemello di Milano gli è andata male, questa settimana. Aveva chiesto 15mila euro all’imputato di diffamazione. Invece il giudice ha assolto, al termine del dibattimento. L’offesa c’era – anzi, era forse più pesante del ‘testa di c.’ – ma è scriminata, anche in questo caso, dalla provocazione di quel video. In altri processi ancora – sì perché con le sue querele Federico ha messo in moto una quarantina di Procure e Tribunali della Repubblica – l’imputato ha transato. Noi siamo convinti che a fare giurisprudenza sarà la sentenza del giudice di Busto Arsizio. Sentenza Busto Arsizio