Questo post è stato letto 11933 volte.
“Non essendo io di famiglia ricca, non avendo contatti importanti, non avendo sostanzialmente niente, la finalità era quella di farmi conoscere, diciamo, dai grandi. E per farlo mandavo comunicazioni false al mercato”. Proto per la prima volta racconta Proto. Spogliato dalla baldanza che gli è valsa, sparandole grosse, addirittura la prima pagina del ‘Financial Times’ come fenomeno emergente della finanza italiana, Alessandro Proto si svela con sincerità nei verbali, finora inediti, consultati da Giustiziami. E ammette le sue colpe, quello che gli sono costate il carcere e una pena pattegiata a tre anni e dieci mesi per aggiotaggio e truffa. Vale la pena ascoltarlo perché la sua parabola dimostra come chiunque dotato di fantasia e spregiudicatezza possa ingannare per mesi i media e il mercato, diventando un autorevole finanziere solo grazie a mail e telefonate spedite agli indirizzi giusti.
“Tutte le comunicazioni al mercato, come l’acquisto di azioni Tod’s o Rcs, dalla prima all’ultima parola sono frutto solo ed esclusivamente della mia stupidaggine – ammette al gip Stefania Donadeo – Quello che contava erano i miei commenti folkloristici, tipo dire ‘i poteri forti non hanno senso di esistere’. Quello che mi viene contestato è tutto giusto. Nel senso che non è mai stato acquistato da parte mia o da parte di investitori a me collegabili nessuna partecipazione da nessuna parte.(…) Se poi, giudice, vuole sapere il perché è stato fatto glielo dico. Non sapevo che fosse di così grave importanza una cosa simile. Cioè nel senso, non pensavo che delle comunicazioni fatte in quel modo avessero un impatto così importante dal punto di vista penale”.
“Ma lei sapeva che avrebbero avuto conseguenze sul mercato, vero?”, gli domanda a un certo punto incredula il gip nell’interrogatorio di garanzia del 16 febbraio dell’anno scorso.
“Io la ritenevo una conseguenza sulla mia persona, non tanto sul mercato di per sè perché nel momento in cui io faccio una dichiarazione che segue le dichiarazioni di persone più influenti di me, tipo Della Valle e Ligresti, non pensavo che le mie dichiarazioni fossero più importanti delle dichiarazioni di persone più famose e importanti di me (…). Quello che ho fatto è stata una strategia di marketing sbagliata per far conoscere, sostanzialmente, la mia persona. Io non avevo idea che potesse esserci un danno economico alle società in questione o ad altre persone su questo tipo di attività”.
Non per soldi, ma per pubblicità, agiva dunque l’ex enfant prodige della finanza. “Io su queste comunicazioni non ho avuto neanche un tipo di guadagno personale perché non avendole fatte…erano solo delle comunicazioni, era una strategia di marketing… sì, errata e inadeguata. Se avessi saputo le conseguenze non l’avrei fatta”.
“Perché lei se fa caso – precisa al gip – in tutte le dichiarazioni non c’è il discorso di dire ‘Alessandro Proto attraverso i suoi investitori ha acquistato lo 0,3 per cento di Rcs, ma se fa caso in tutte le dichiarazioni c’è una parte in cui rilascio dichiarazioni come ‘si può essere re anche senza corona’ perché io non vengo da una famiglia benestante. Cioè nel senso che anche una persona che è di famiglia benestante, che non è ricca, che non ha delle conoscenze particolari, può riuscire nella vita comunque a dimostrare qualcosa”. “Il motivo di quelle dichiarazioni – svela – era quello di creare un network di persone che dicevano ‘ma fammi vedere chi è questo Proto che va contro la Consob, contro i vecchi dell’economia, contro i poteri forti’. Poi in effetti sono stato contattato da persone anche di un certo tipo che mi hanno detto ‘complimenti’ ma non sto qui a giuggiolare sui complimenti”. (manuela d’alessandro)