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Dentro il disumano c’è anche l’umano. Dentro il carcere c’è un detenuto col 41 bis che scrive al suo avvocato e con la penna in mano è anche un papà: “Dopo un anno e nove mesi siamo riusciti a fare il colloquio coi miei figli, alla presenza dell’assistente sociale, come ordinato dal Tribunale dei Minori di Milano. E’ stato un giorno felice e molto emozionante, mi è venuto un groppo alla gola nel vedere i miei amati figli dopo così tanto tempo, non riuscivo a parlare, mi sono trovato davanti due belle signorine e un bel giovanotto, sono cresciuti tanto e la cosa che mi ha fatto più male è vedere i miei adorati figli piangere per me, non riuscivano neanche a parlare dalla gioia, dalla felicità, dall’emozione”.
Lui è un boss della ‘ndrangheta, condannato a 30 anni per un omicidio e reati di droga (“Nella mia vita ho sbagliato tutto, ho fatto del male a tutte le persone a me care”) e dovrebbe uscire il 31 marzo 2033. Sta in un regime carcerario feroce: ore d’aria limitate, cibo razionato, colloqui coi familiari solo attraverso un vetro blindato e video registrati per controllare che non vi siano contenuti messaggi in codice. Abbiamo letto le missive che ha mandato negli ultimi mesi al suo legale, Beatrice Saldarini.
“Illustrissimo avvocato – scrive in una di queste, datata pochi giorni fa – come sempre lei è molto gentile a rispondere alle mie lettere e per questo voglio ringraziarvi, anche perché in questo posto tetro e scuro fa sempre piacere ricevere una lettera, per me significa molto e mi fa sentire vivo (…) peggio di questo posto schifoso c’è solo il cimitero”. “Di me non m’interessa, il mio destino è segnato”, ma “è assurdo che i miei figli devono venire a trovarmi e ci deve essere presente l’assistente ai servizi sociali”. I figli sono il tormento ricorrente. “Avvocato, aiutatemi a vederli!”, implora. “Mi avete scritto che vi informerete sulla possibilità di agevolare i colloqui con loro, vi ringrazio con tutto il mio cuore. Voglio che vengano a trovarmi quando lo desiderano”. Si preoccupa anche per la ex compagna, difesa dallo stesso legale: “Prego per lei e confido in voi”. Una delle risposte che gli invia il suo difensore non gli viene consegnata perché sarebbe di contenuto “ambiguo”. Chi conosce la solarità dell’avvocato Saldarini sorriderà.
Dentro il disumano, l’umano può diventare perfino “ambiguo”. (manuela d’alessandro)