giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

“Ha scritto il vero”, ma il giudice condanna il giornalista al carcere

Questo post è stato letto 11786 volte.

“L’articolo è certamente fedele ai fatti che accadevano all’interno delle discoteche che per tale motivo erano state chiuse (…) ha descritto in toni efficaci l’uso frequente di cocaina, le abitudini di vita, i luoghi in cui veniva fornita o consumata, la situazione di promiscuità in cui uomini e donne si trovavano per assumerla…”. A leggere tre quarti delle motivazioni della sentenza una persona normale si aspetta di trovare in fondo al documento l’assoluzione del giornalista, Luca Fazzo, accusato di aver diffamato P.T. definendolo “accanito cocaimane” sulla base delle stesse dichiarazioni a verbale del diretto interessato, il quale aveva raccontato oltre allo spaccio il consumo della sostanza quattro volte la settimana.

E invece, in fondo, c’è la condanna a 7 mesi di carcere senza condizionale, ben oltre le stesse richieste dell’accusa che aveva proposto solo una multa. Il giudice spiega: “Devono essere esaminati due profili, l’uso adeguato o meno del linguaggio e la struttura complessiva dell’articolo”. Per il giudice “accanito cocainomane non è certo un termine neutro e tanto meno positivo nel descrivere le malsane abitudini di vita di una persona. ‘Accanito’ evoca una pervicacia quasi cieca, acritica e irragionevole, ‘cocainomane’ è negativo e dispregiativo al tempo stesso e ridicolizza il dramma del tossicodipendente …. P.T ha provato fastidio e disagio nel sentirsi appellato con quel termine …. E anche l’avere riproposto a distanza di anni quella condizione personale ha certamente aggravato il suo disagio e giustificato la querela …. P.T. ha spiegato di essere stato all’estero, di aver deciso un percorso di recupero riuscendo ad affrancarsi dalla dipendenza ….  Ha detto che l’articolo aveva danneggiato la sua immagine”. Nella definizione  del dizionario Hoepli, però, “cocainomane” indica “chi è affetto da cocainismo”, cioé “intossicazione cronica e assufezione alla cocaina” e ci sembra un termine descrittivo, non certo in grado di ridicolizzare il dramma della tossicodipendenza. Il consumo 4 volte alla settimana di stupefacenti è chiaramente giustificativo dell’aggettivo “accanito”. Il percorso di recupero, invece, appare riscontrato dalle sole dichiarazioni di P.T. Infine, l”’interesse pubblico” che il giudice non ravvisa è fuori discussione per il risalto che la vicenda aveva avuto sui giornali anche a causa delle rivelazioni del diretto interessato. Paradossalmente, se il giornalista avesse usato la definizione di “spacciatore” in luogo di “cocainomane” ben difficilmente sarebbe stato condannato. (manuela d’alessandro e frank cimini)

 

Categoria: carceri, Nera