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Pur di affibbiare a Luigi Bergamin lo status di “delinquente abituale” in modo da incidere sull’estradizione dalla Francia i giudici del Tribunale di sorveglianza di Milano vestono i panni dei veggenti e per dimostrarne la pericolosità sociale scrivono che potrebbe uccidere ancora a oltre 40 anni dai fatti di lotta armata per i quali era stato condannato.
“Si reputa infatti che egli possa commettere altri reati di pari elevato disvalore se non anche crudeltà nel caso in cui si trovi in contingenze politiche sociali che non condivide non essendo a ciò ostativa l’età anagrafica avendo egli svolto il ruolo di ideatore e mandante dei delitti e delle azioni sovversive” sono le parole dei giudici che sottolineano “la mancanza di presa di coscienza del disvalore degli atti compiuti, indici della pericolosità attuale”.
E ancora: “Un soggetto può essere ritenuto attualmente socialmente pericoloso sulla base di una valutazione prognostica circostanziata ma non esseee dedito alla commissione di reati secondo un giudizio di fatto come tale discrezionale che deve fare riferimento sia alla condotta passata che a quella recente”.
Che in oLtre 40 anni in Francia non abbia commesso reati come ha cercato di spiegare il suo difensore Giovanni Ceola per i giudici non conta nulla. Perché Bergamin “non solo non ha mai posto in essere condotte ne’ formali ne’ concrete volte a dimostrare il sincero pentimento anche parziale per i reati commessi per i danni cagionati alla collettività e alle numerose vittime degli illeciti portati a termine ma al contrario si è volontariamente sottratto a qualsivoglia verifica di tale genere. Ciò costituisce di pericolosità attuale con particolare riferimento alle persone offese dei reati di omicidio ed è indicativo della volontà di non rinnegare le scelte operate, non potendosi nel contesto dato valutare il silenzio come elemento neutro”.
I giudici lamentano anche che il condannato non si sia avvalso dei benefici previsti dalla legge emanata per favorire la dissociazione. Insomma Bergamin non si è pentito ne’ dissociato per cui deve essere estradato e messo in galera. La dichiarazione di prescrizione dei reati decisa dalla corte d’Assise di Milano poi è ancora subjudice perché il pm ha presentato ricorso in Cassazione.
Insomma non c’è scampo. Va ricordato che il provvedimento relativo alla delinquenza abituale è stato notificato solo oggi al difensore mentre era già stato oggetto di notizia sulle agenzie di stampa e sui siti di informazione lo scorso 16 giugno. E questo la dice lunga ancora una volta sui rapporti tra pm e giudici da una parte e i media dall’altra. È la giustizia bellezza. E pure l’informazione. (frank cimini)