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Il blocco della prescrizione dopo il primo grado di giudizio invocato dal Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede “è inutile perché è fatto notorio che il 70 per cento dei procedimenti penali finisce in prescrizione al termine delle indagini preliminari”. Lo scrivono in una nota gli avvocati delle Camere Penali di Milano, Como, Lecco, Pavia, Sondrio, Varese, Monza e Busto Arsizio secondo i quali sarebbe una “riforma dannosa e anticostituzionale che renderebbe eterni i processi di primo grado”.
Le ultime statistiche ufficiali disponibili sul sito del Ministero della Giustizia danno ragione ai legali, anche se indicano con una percentuale un po’ più bassa, il 62%, la fetta dei procedimenti che spirano quasi agli albori: il 58% nella fase preliminare del giudizio più il 4% di casi che si prescrivono con le sentenze di gip e gup. Solo il 19% dei casi di prescrizione riguarda il primo grado, il 18% la corte d’appello e l’uno per cento la Cassazione.
Sempre i numeri del Ministero offrono una panoramica sulle incredibili diversità tra i vari tribunali in materia di prescrizione, difficilmente spiegabili. A Tempio Pausania la prescrizione incide nel 51,1% dei casi, a Vallo della Lucania nel 41% e a Spoleto nel 33,1%, per indicare le prime 3 sedi più colpite dal trascorrere del tempo. Le ultime in questa speciale graduatoria (Urbino, Rovereto, Napoli Nord, Aosta, Piacenza, Trento, Asti, Bolzano) sembrano essere su un altro pianeta, con percentuali di incidenza della prescrizione comprese tra lo zero e lo 0,5 per cento. E’ il ‘fattore umano’, cioé l’organizzazione dei Tribunali, a determinare queste differenze? Gli avvocati lombardi invitano prima di fare una riforma, definita dal Ministro e avvocato Giulia Bongiorno “una bomba atomica sui processi, a “esaminare le cause, le possibili soluzioni per le criticità del sistema e le ripercussioni negative sui cittadini” che potrebbero venire condannati a “processi eterni”.
Sembrano molto sagge le parole scritte dal Guardasigilli Alfredo Rocco nei lavori preliminari al suo Codice, ancora base del nostro diritto penale sebbene elaborato in epoca fascista: “Il passare del tempo influisce inevitabilmente su tutte le umane vicende , qualunque sia la valutazione che possa farsene dal punto di vista etico o razionale. Il tempo, anche se non riesce a cancellare il ricordo degli avvenimenti umani, lo attenua o lo fa impallidire. E se, di per sé, non può creare o modificare o distruggere i fatti umani, può ben peraltro, con la sua lenta e continua azione demolitrice, influire sulla vita dei rapporti giuridici che da quei fatti hanno origine”. (manuela d’alessandro)