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Difficile entrare di nuovo in queste quattro mura a rettangolo, con la luce sempre più fioca, senza vederti almeno un’altra volta. Senza vederti un attimo prima che tu te ne accorga, mentre sei di schiena e stai già finendo di leggere i giornali, o hai già finito. Sei stato il primo ad arrivare ancora una volta, ma qualche volta ti battiamo anche noi e allora la nostra classifica cambia e tu magari ti piazzi anche al terzo posto, per un bronzo, dopo tanti ori.
Quando arrivi per primo, però, si vede, perché la sala ha tutte le sedie in ordine attorno al tavolo e quando tutto è in ordine con te si chiacchiera meglio, sembra, si ride di più, quanto si ride con te. Chissà perché, poi, ci scappa da ridere ancora una volta quando, infilato lo zaino, imbocchi la porta, che ti contiene appena, e ci dici ‘va bene, vado a darvi un buco’ o ‘ci vediamo alle 18 e facciamo un punto?’. Sono sempre le stesse cose, è semplicemente essere fianco a fianco sulla panchina, anche quando in quel corridoio fa troppo caldo o troppo freddo, tu che racconti un segreto in più di questo posto e qualche volta anche della tua vita. Volerti bene è naturale, perché quando apri il sorriso sei tu il primo a volerci bene. E non si direbbe proprio che quel sorriso si possa aprire, ma quando succede siamo felici, anche tu. È una terra dura questo lavoro qua, un lavoro duro come ce ne sono, tutti competitori, tutti accanto, tu non hai mezze misure, tu ci vuoi arrivare per primo, ci arrivi, perdi le parole, il saluto, c’è sempre una colpa ma già oggi non c’è più. Oggi manca sentirti dire qualsiasi cosa a modo tuo. Se ti dicessimo che ci hai insegnato qualcosa, risponderesti ‘ma vaaaa’. Allora Emilio ti diciamo che con noi ti sei fatto tante risate in più e che ci volevi bene. Tu al primo posto e noi al secondo te ne vogliamo.