“Scetet Catari’ ca l’aria è doce”(svegliati Caterina che l’aria è dolce, traduzione per chi non conosce il norvegese). E in effetti 45 pubblici ministeri più di due terzi del totale, si sono svegliati emettendo un comunicato per dire di non essere turbati dalla presenza tra loro di Paolo Storari, per il quale il Pg della Cassazione ha chiesto il trasferimento in relazione alla consegna a Piercamillo Davigo allora al Csm dei verbali di Piero Amara.
I 45 magistrati chiedono “chiarezza” in relazione allo scontro che vede protagonisti da una parte il procuratore Francesco Greco con l’aggiunto Laura Pedio e dall’altra appunto Storari. “Siamo turbati dalla situazione che sta emergendo da notizie incontrollate e fonti aperte e sentiamo solo il bisogno impellente di chiarezza, di decisioni rapide che poggiano sull’accertamento completo dei fatti e prendano posizione netta e celere su ipotetiche responsabilità dei colleghi coinvolti” sono le parole della nota firmata dai pm.
Evidentemente i firmatari in questi ultimi anni hanno vissuto altrove e ci voleva la sentenza con cui i vertici Eni sono stati assolti per riportarli alla realtà. Da tempo se potessero a Milano i pm si arresterebbero tra loro.
Francesco Greco è il secondo capo della procura consecutivo che si salva dal procedimento disciplinare perché va in pensione. Succederà il 14 novembre. Greco segue le orme del suo predecessore Edmondo Bruti Liberati per il quale il Csm annunciò il “disciplinare” solo dopo che lo stesso aveva dichiarato di andare in pensione in anticipo. Era stata la procura di Brescia nell’assolvere Bruti dall’accusa di abuso d’ufficio a mettere nero su bianco che c’era materia da Csm dal momento che il capo della procura aveva agito in base a criteri politici nello scontro con l’aggiunto Alfredo Robledo in relazione al caso Expo.
Ai tempi della “guerra” Bruti-Robledo solo molti mugugni e boatos con la procura che ostentò unità. Il caso Eni iniziò a scoppiare con un messaggio di Storari in una discussione interna: “Caro Francesco le cose non stanno così e lo sai benissimo, ne parleremo”. Si era all’indomani dell’assoluzione dell’Eni dopo che tra l’altro in modo azzardato la procura aveva mandato a Brescia un “veleno” di Amara sul presidente del collegio “avvicinabile” da due avvocati della difesa.
Adesso a Brescia oltre a Storari per violazione del segreto d’ufficio istigato da Davigo sono indagati i pm del caso Eni De Pasquale e Spadaro per non aver depositato atti favorevoli alle difese.
Greco ha rifiutato di consegnare ai pm di Brescia gli esiti di una rogatoria in Nigeria sull’Eni. È una guerra per bande all’interno della procura di Milano dove adesso a rischiare di più nell’immediato è Storari che ha temere sia il trasferimento sia di non fare più il pm. Questa almeno è la richiesta del pg della Cassazione Salvi che per arrivare a quel posto si era a un certo punto appoggiato a Palamara, quello che ora tutti fingono di non conoscere. Poi Salvi ha deciso che non possono essere sottoposti al “disciplinare” i magistrati che si autopromuovono. Insomma ha prosciolto se stesso. Storia di una categoria che si era proposta per salvare il paese vista dalla procura che fu il simbolo della grande farsa di Mani pulite. C’erano guerre interne anche allora. Di Pietro “rubo’” letteralmente un indagato a De Pasquale. Ma il capo Borrelli diede ragione a Tonino allora mediaticamente una forza della natura. E poi allora sui giornali non uscivano certi fatti se non in poche righe.
(frank cimini)
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I nostalgici di Mani pulite non salvano la procura
I nostalgici di Mani pulite con il ricordo dei bei tempi che furono non salvano la mitica procura dai guai in cui è coinvolta adesso. E per una ragione molto semplice. Quelli non furono bei tempi perché i codici e le procedure furono usati come carta igienica per un’operazione di potere. Altro che dire “ai tempi di Borrelli non sarebbe accaduto”.
I fan della grande farsa di trent’anni fa non potendo negare che la procura di Nilano sta vivendo momenti difficili ricorrono al passato rimpiangendo i vecchi tempi. Adesso c’è un pm che sospettando violazioni da parte del suo ufficio non le denuncia in maniera formale ma prende copie di interrogatori dal suo computer per consegnarle a Davigo uno dei protagonisti del 1992-1993 di cui si fida in modo particolare. E neanche Davigo dal CSM fa azioni formali. Si limita a parlarne con chi di dovere. Insomma siamo alle cose aumma aumma, senza alcun rispetto delle norme e delle procedure.
E dove era il rispetto di norme e procedure anche ai tempi di Mani pulite quando si arrestavano gli indagati per farli parlare? Quando si decideva di fare accertamenti perquisizioni e sequestri solo quando conveniva operando secondo mille pesi e mille misure. Lasciando da parte poteri forti come la Fiat e Mediobanca, rinunciando a fare indagini serie sul Pci PDS non in omaggio alle toghe rosse ma solo perché una sponda politica all’indagine era pur necessaria per andare oltre e evitare che la politica tutta facesse blocco contro gli inquirenti.
I guai allora furono evitati perché c’era il grande consenso di un’opinione pubblica fortemente condizionata dai giornali di proprietà di editori che per altre loro attività di imprenditori erano sotto lo schiaffo del mitico pool. Per cui fu facile mettere la polvere sotto il tappeto e zittire quei pochi che dissentivano.
Adesso è meno facile perché l’affaire ruotante intorno all’avvocato Amara arriva dopo il caso Palamara che ha ridotto in modo sensibile la credibilità dell’ordine giudiziario e dei suoi organi a iniziare dal Csm. Ma non ci sono casi Amara o Palamara. C’è un caso magistratura dal quale lor signori cercheranno probabilmente anche con successo di uscire con la solita logica dei capri espiatori. Daranno tutte le colpe solo al pm Storari, alla segretaria del Csm e a Davigo che ormai fuori dai giochi conta più niente (frank cimini)
Gip nega rinvio udienza a legale malato per Covid
Il gup milanese Natalia Imarisio ha negato il rinvio dell’udienza per legittimo impedimento all’avvocato Roberto Peccianti ammalato per Covid. Il pm aveva espresso parere contrario perché c’era già stato un rinvio in precedenza. Il giudice nel motivare il rigetto dell’istanza afferma che l’impedimento non era motivato dall’impossibilità di sostituzione con altro difensore. E aggiunge che il legale poteva avvalersi del difensore del coimputato considerando che la posizione dei due coimputati non era in conflitto.
L’udienza è proseguita e si è conclusa decidendo la prescrizione per un capo di inputazione per intervenuta prescrizione e il rinvio a giudizio per un’altra accusa. Al centro del processo vicende fiscali.
La violazione del diritto di difesa appare evidente nel momento in cui si nega all’imputato di farsi assistere dal legale di fiducia che aveva scelto e addirittura si suggerisce la sostituzione con l’avvocato del coimputato.
Il certificato con cui il legale documentava di aver contratto il Covid in pratica non è stato preso in considerazione nonostante l’emergenza virus non sia finita. Anzi.
E la decisione sembra dar ragione a chi propone di abolire l’udienza preliminare perché completamente inutile (frank cimini)
Bergamo, siamo al registro degli indagati in tv
“Non escludo che possano essere indagati esponenti del ministero della Salute”. Sono le parole clamorose che il pm di Bergamo Maria Cristina Rota ha consegnato alle telecamere di Report aggiungendo che i dirigenti sentiti come testimoni erano stati “molto reticenti”.
Insomma siamo ai preannunci in tv sul registro degli indagati, una sorta di violazione del segreto istruttorio di fatto, anche se il magistrato non ha fatto nomi. Ma gli “indagandi” sono stati così avvertiti anche se le informazioni di garanzia per loro non saranno una sorpresa. Le aspettavano, le stanno aspettando.
Già all’inizio dell’inchiesta la stessa pm rispondendo alla domanda su chi dovesse decidere sulla zona rossa aveva risposto: “Il governo”. Poi dopo gli interrogatori a Roma aveva spiegato che la risposta era riferita “allo stato delle nostre conoscenze”. Ma questo non lo aveva detto all’epoca.
La mania di protagonismo fa male alle indagini. Non si capisce poi perché una procura che lamenta di continuo la carenza di organici non si decida a trasmettere gli atti a Roma competente per le indagini sul ministero. Non ci vuole un giurista per sapere che non può farlo la procura di Bergamo in un’indagine dove comunque non sarà facile provare il nesso di causalità tra le mancanze del piano pandemico e i morti. (frank cimini)
Greco e De Raho assolti, o’ malament è Palamara
“Non ha compiuto un’improria interferenza nelle nomine di sei procuratori aggiunti”. Con questa motivazione il Csm ha deciso di non aprire un procedimento disciplinare a carico del procuratore di Milano Francesco Greco. L’ultima parola spetta al plenum ma la strada è ormai segnata da tempo. Il Csm in pratica difende se stesso continuando a raccontare che nei giochi sottobanco per le nomine e gli incarichi dei magistrati c’è un solo colpevole, o’ malament, Luca Palamara che in pratica avrebbe fatto tutto da solo.
Palamara contribuì alla nomina di ben 85 colleghi che però sono tutti innocenti e candidi come gigli. “È emerso sicuramente che vi furono interlocuzioni tra i consiglieri dell’epoca Nicola Clivio e Palamara e il dottor Greco ma tali interlocuzioni furono attivate dagli stessi consiglieri e non si risolsero in alcuna segnalazione o promozione di specifici nominativi da parte di Greco – è la conclusione dell’organo di autogoverno al momento – quanto in una generale consultazione sulle problematiche dell’ufficio e sulla professionalità richieste per la migliore gestione del medesimo. Pertanto non risultano condotte suscettibili di incidere sull’imparzialita’ e indipendenza neanche sotto il profilo dell’immagine”.
Nessun procedimento anche per il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho che era stato a strettissimo contatto con Palamara al punto da scrivergli come risulta dalle intercettazioni “la tua battaglia è la nostra”. Greco invece gli scriveva: “Ci vediamo al solito posto”.
Lo sanno anche i sassi che dopo la furibonda lite Bruti-Robledo risolta con l’altissimo intervento del presidente Napolitano e al fine di evitare fatti simili in futuro il Csm lascia che siano i capi degli uffici a decidere le nomine degli aggiunti.
Tra i candidati ad aggiunto a Milano c’era il sostituto procuratore generale Nunzia Ciaravolo con un curriculum di incarichi impressionante pieno di presenze in organismi internazionali e quindi di gran lunga superiore a quello di altri colleghi. Ciaravolo aveva preannunciato a Greco la propria domanda per andare in procura. “Non ci sono problemi” fu la risposta. E invece i problemi c’erano. Iniziò un fuoco di sbarramento che costrinse Ciaravolo a decidere di ritirare la candidatura tre ore prima che il plenum decidesse.
Anche le chat scambiate da De Raho con Palamara in occasione dell’assegnazione di due incarichi direttivi “non hanno determinato un appannamento della sua credibilità professionale e personale”.
Insomma non era accaduto nulla. Tutte le colpe sono esclusivamente di Palamara che è stato radiato dalla magistratura e per il Csm la storia deve finire così e basta. Insomma punto fermo. Sia Greco sia De Raho tra pochi mesi lasceranno per raggiunti limiti di età’. Quindi non ci sarebbero stati neanche i tempi tecnici per istruire e portare a termine il disciplinare. Ma era ed è una questione di immagine del Csm. Avviare i procedimenti avrebbe finito per ridare credibilità a Palamara che nel libro scritto con Sallusti ribadisce: “Mica ho fatto da solo, non avrei potuto”.
Niente di nuovo sotto il sole. Il Csm come aveva già dimostrato il caso Bruti-Robledo resta il regno dell’omerta’ e dei traffici illeciti di influenza. Sì proprio il reato che le procure distribuiscono in giro ai comuni mortali. A palazzo dei Marescialli invece sono tutti innocenti. Tranne uno, sempre lui, “o malament”. (frank cimini)