giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Dopo 10 mesi per il pg solo Robledo è out…E Bruti?

A 10 mesi dall’esposto presentato da Alfredo Robledo contro il capo dell’ufficio inquirente Edmondo Bruti Liberati il pg della Cassazione Ciani si sveglia e decide il da farsi solo sul procuratore aggiunto un tempo a capo del dipartimento anticorruzione poi spostato d’imperio alle esecuzioni penali.

Per il pg della Cassazione Robledo deve essere trasferito da Milano e perdere le funzioni di pm a causa di uno scambio di favori con l’avvocato della Lega Nord Aiello che emergerebbe da intercettazioni di sms nell’ambito di una vicenda già archiviata dalla procura di Brescia a dicembre in relazione all’aspetto penale.

Robledo avrebbe fornito informazioni all’avvocato nell’inchiesta sul Carroccio avendo in cambio altre informazioni sul comportamento della Lega nella vicenda dell’ex sindaco di Milano Albertini in causa con il vice di Bruti. In particolare, secondo il pg Robledo avrebbe suggerito ad Aiello un’istanza con cui ottenere copia di una consulenza non ancora nota agli indagati. E nell’indagine sui rimborsi ai consiglieri regionali, avrebbe violato il dovere di riservatezza rivelando al legale gli indizi a carico degli indagati.

Giustizia disciplinare rapida solo per Robledo dunque e a quasi un anno dall’inizio della querelle, che non solo ha leso l’immagine della procura di Milano dove un tempo operò il “mitico” pool, ma che ha finito per scoperchiare gli altarini dei rapporti tra magistratura e politica.

Un fatto incontrovertibile c’è: un fascicolo sulla Sea che lambiva l’allora neonata giunta di centrosinistra restò per sei mesi in un cassetto prima di essere affidato a Robledo, ma ormai monco perché non si poteva più intercettare gli indagati. “Mia colpevole dimenticanza” ammise Bruti, che però almeno per il momento se la cava alla grande, nonostante il suo grande protettore Giorgio Napolitano non sia più al Quirinale.

Politicamente comunque Bruti è sempre stato più forte di Robledo, avendo un potere che va anche al di là della sua persona. Ma i due pesi e due misure adottati dal pg suscitano interrogativi sempre più inquietanti. In un paese normale, che non è questo, a 15 giorni dall’esposto entrambi i contendenti sarebbero stati trasferiti, quantomeno per incompatibilità ambientale che può esserci anche senza colpe specifiche. Così invece vince la politica, chi ce l’ha più duro nel vantare rapporti con quelli che contano. L’indipendenza e l’autonomia della magistratura di cui Csm, Anm e toghe varie blaterano tutti i giorni sui media sarebbero un’altra cosa. (frank cimini)

 

Nozze gay, la Procura: “Pisapia non sei indagato”
E lui: “Ma gli ignoti chi sono?”

Sono indagato, ma no che non sei indagato, e com’è che non mi avete indagato? Per anticipare la stampa, da buon conoscitore del sistema mediatico, Giuliano Pisapia fa uno scatto in avanti e sabato, durante un convegno del Pd, annuncia che la Procura di Milano lo accusa di omissione in atti d’ufficio per avere trascritto i matrimonio gay contratti all’estero.

Solo che lo sprint del sindaco avvocato è fin troppo bruciante, sicchè stamattina, con un certo imbarazzo, il procuratore Edmondo Bruti Liberati e il pm Letizia Mannella lo riportano ai blocchi di partenza comunicando ai giornalisti che vero, c’è un’inchiesta a carico di ignoti nata dall’esposto di un’associazione di cittadini, ma Pisapia non risulta indagato. E fanno anche capire che questa indagine finirà con una richiesta di archiviazione, senza nessun fuoco d’artificio.

La Procura giustamente non ha nessuna voglia di ipotizzare una responsabilità penale per il sindaco che non obbedì a ottobre alla richiesta del Prefetto Francesco Paolo Tronca di cancellare le trascrizioni delle nozze ‘arcobaleno’.  Da vecchio uomo di legge, il sindaco oggi c’è quasi rimasto male: ma come, si è chiesto, aprite un’inchiesta sulle trascrizioni dei matrimoni, e la lasciate a carico di ignoti quando tutto il mondo sa che le ho fatte io? “Quegli ignoti sono noti – così  il sindaco rivendica il suo diritto a essere indagato – le trascrizioni le ho fatte io perché le ritenevo legittime. Era giusto che mi assumessi le responsabilità di quello che ho fatto e non so se cercassero ignoti tra soggetti che, invece, ignoti non lo erano”.  (manuela d’alessandro)

 

 

 

Camera Penale contro Anm, aprire il Tribunale è solo propaganda

Aprire le porte del Tribunale ai cittadini diffondendo numeri che dovrebbero esaltare l’efficienza della magistratura è “propaganda nemica della Giustizia” basata su “dati incompleti e parziali”.

In un acre  comunicato dal titolo ‘Questa casa non ha padroni’, la Camera Penale di Milano attacca l’iniziativa dell’Anm che oggi, nell’ambito della ‘Giornata per la Giustizia’, fa entrare chi vuole nel Palazzo progettato dal Piacentini per mostrare come funziona la giurisdizione.

“I Tribunali sono la casa della giustizia e la giustizia è di tutti”, rivendicano i legali. “Le porte del Tribunale sono per definizione aperte, è pleonastico aprirle per un solo giorno. Gli interessi dei cittadini debbono essere tutelati attraverso il corretto esercizio della funzione giurisdizionale nel pieno rispetto degli equilibri istituzionali”. I rappresentanti degli avvocati contestano in particolare i dati diffusi da Anm in questi giorni, anche, aggiungiamo noi, attraverso gli schermi acquistati coi fondi Expo che mostrano le cifre della giustizia secondo la magistratura. Alle toghe che esaltano i giudici italiani come i più efficienti in Europa e lamentano i danni derivanti dalla prescrizione, rispondono così: “Le cause di rinvio delle udienze sono per il 77 per cento attribuibili a varie disfunzioni degli uffici non addebitabili all’esercizio della funzione difensiva”; “lo Stato ha circa 400 milioni di euro di debito per la lentezza dei procedimenti”; “la grandissima parte delle prescrizioni matura nella fase delle indagini preliminari, quando la difesa non interviene in alcun modo. Il numero delle prescrizioni è in costante calo”. Anche alcuni magistrati avevano espresso perplessità per il ruolo di anfitrioni a loro richiesto in queso ‘sabato per la giustizia’.

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(manuela d’alessandro)

La paura che alla ‘Giornata per la giustizia’ manchino i magistrati

“Je suis magistrato”. Domani si celebra su iniziativa dell’Anm la ‘Giornata nazionale per la Giustizia’ con l’apertura del bel palazzo razionalista ai milanesi. Due gli obbiettivi: far vedere da vicino le stanze della giustizia e convincere i cittadini che la riforma Renzi è sbagliata (la vignetta che promuove l’iniziativa ironizza sulla responsabilità civile delle toghe mostrando un imputato che incassa una tangente).

Quanti saranno i curiosi che vorranno sedersi per un giorno alla tavola dove si ‘cucinano’ sentenze, processi, inchieste? E i ‘cuochi’ in toga della giustizia saranno presenti per far degustare le loro specialità? Chissà.

I promotori dell’iniziativa oggi ci hanno messo un po’ di pepe riempiendo la casella mail dei colleghi con un’accorata ‘chiamata alle armi’ che, a qualcuno, è risultata indigesta. I toni usati sono da ‘trincea’. “E’ fondamentale – scrive uno dei componenti dell’Anm locale – per la riuscita della giornata che vi sia una massiccia presenza di voi tutti (dove già vi fermate tantissimo durante l’arco della settimana, domeniche comprese) quando la cittadinanza verrà accompagnata a visitare il palazzo. Sarà importante che vi trovino pronti ad accoglierli; a far vedere le condizioni in cui voi tutti lavorate (…) l’unico modo per far comprendere a una cittadinanza che è stata continuamente bersagliata di messaggi diffamatori nei nostri confronti quale sia la realtà delle cose”. “Sappiamo bene – ammette un altro magistrato – che non tutti condividono quest’iniziativa, ma crediamo che in questo momento sia più importante dare il proprio contributo di presenza”. “Non ci stiamo all’insensibilità del governo (..). E’ importante – gli fa eco un terzo membro dell’Anm milanese -  che garantiamo tutti la nostra presenza, che è il modo più forte per parlare e fare capire che non difendiamo interessi di categoria, poichè l’unica istanza personale è quel tribunale interiore che ciascuno di noi ha dentro di sé e che, più rigoroso di tutte le corti, si chiama coscienza”. Qualche magistrato ha risposto facendo capire di non gradire l’invito con batttute ironiche riferite al sabato, altri, off the records, sottolineano che i primi a non esserci saranno i Presidenti del Tribunale e della Corte d’Appello impegnati domani in Comune a illustrare il bilancio di responsabilità sociale del Tribunale. (manuela d’alessandro)

Salta l’accordicchio su Bruti – Robledo, il Csm teme la figuraccia

Al vertice del Csm ci hanno provato, ma trovare quello che Luigi Ferrarella sul Corriere definisce oggi “allineamento astrale”, un accordicchio aumma aumma con troppe variabili, diciamo noi, era davvero un’impresa. Era troppo.

Forse oggi, con un’improvvisa presa di coscienza, qualcuno ha pensato che la figuraccia per la magistratura e le sue correnti fosse eccessiva. E allora meglio tornare indietro. Salta l’accordo sul trasferimento di Robledo a Venezia. Scrive l’Ansa: “L’ipotesi di applicare il pm milanese Alfredo Robeldo alla procura generale di Venezia, per farlo poi rientrare a Milano, quando il procuratore Edmondo Bruti Liberati sarà in pensione, è tramontata. Non ci sono i presupposti normativi e di questo ha preso atto oggi la Settima Commissione del Csm, che avrebbe dovuto avviare l’iter necessario”.

Ragione tecnica numero uno: per la procura generale ci sono due posti a bando. Con venti domande. In queste condizioni, la norma prevede che non si  possa avviare il cosiddetto ‘interpello’ per un posto da applicato. Come poteva Robledo andare a Venezia per un solo anno? Poteva fare domanda per un posto ordinario, ma non per un ufficio a scadenza programmata.

Secondo problema: chi, nel 2015, avrebbe coperto il ruolo da aggiunto al dipartimento anticorruzione di Milano? I pm del pool, nei giorni scorsi hanno scritto a Bruti Liberati, chiedendo una nomina per superare l’impasse e riprendere sul serio il lavoro. In queste condizioni, come assicurare a Robledo il suo vecchio posto da capo di quel dipartimento, lasciando il pool in mano a un aggiunto a sua volta ‘a tempo’?
E le varie commissioni del Csm cosa dovevano fare, adeguarsi a un accordo informale, opaco, preso tra i protagonisti Robledo-Bruti-Legnini e limitarsi a ratificare tutto, senza aprire becco, mentre la stampa segnalava all’opinione pubblica un’anomalia che scandalizzava anche decine di magistrati milanesi?
“Era una soluzione assurda, che tra l’altro dava per implicita la conferma di Bruti”, commenta un pm meneghino. Per non parlare, prosegue “della pazzesca, inquietante coincidenza con la fine del mandato di Napolitano”.