giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Il pm che arrestò se stesso. Storia di un romanzo

in questi tempi di magistrati che si arrestano tra loro o che tentato di farlo, di procure che cercando di vincere i processi lanciando sospetti infondati sui giudici e sui gip abbiamo letto la storia di un pubblico ministero che arrestò se medesimo. La cosa tecnicamente è impossibile e infatti sta in un romanzo scritto nel 1985, non ancora pubblicato ma che con ogni probabilità lo sarà entro la fine dell’anno proprio perché l’argomento è diventato di stringente attualità.
Il titolo del romanzo è “Mi avvalgo della facoltà di non rispondere”. L’ambiente è quello dell’emergenza antiterrorismo. Il protagonista è il pm Leopoldo Fiore sostituto procuratore a Milano che considera colpevoli tutti quelli che si avvalgono della facoltà di non rispondere e ovviamente utilizza a piene mani la legge sui pentiti dando in pratica dei fiancheggiatori a quei pochissimi suoi colleghi che la criticano in nome dello Stato di diritto.
Non è il caso di svelare troppi particolari della trama perché non vogliamo togliere il gusto di leggere a chi si recherà in libreria tra pochi mesi trovando il romanzo insieme ad altri tre racconti.
Tra un “pentito” e l’altro il dottor Fiore ne trova uno che lo “tradisce”. Chi di spada ferisce di spada perisce. Il collaboratore di giustizia come si usano definire questi signori svela una serie di irregolarità chiamiamole così con un eufemismo che caratterizzano le indagini.
E Leopoldo Fiore emette un mandato di cattura a suo carico per minacce, falso ideologico e abuso d’ufficio. Il capo della procura ne prende atto gli ricorda di averlo sempre difeso contro tutti gli attacchi, “ma questa volta hai proprio sbagliato”. Così Il dottor Fiore finisce in galera. E che cosa fa? Si avvale della facoltà di non rispondere, proprio quel comportamento che aveva sempre censurato considerandolo addirittura indizio di partecipazione al terrorismo.
L’autore del romanzo è un antico compagno di battaglia e di militanza di chi scrive queste povere righe, una sorta di recensione di un libro che non è ancora uscito sulla giustizia di tanti anni fa ma che trova riscontro in quello che accade adesso, tempi di loggia Ungheria, argomento tabù per magistrati, politici e mezzi di informazione.
A scrivere il romanzo è l’avvocato Gabriele Fuga, noto tra l’altro per un lavoro fondamentale fatto insieme al compianto Enrico Maltini, “La finestra è ancora aperta”. Si tratta della ricostruzione più completa dell’assassinio in questura dell’anarchico Pino Pinelli dove si svela il ruolo fondamentale nel coprire la verità che ebbero gli uomini dei servizi segreti arrivati da Roma.
Nel romanzo dedicato al dottor Fiore si parla anche di avvocati arrestati “per terrorismo”. Fuga fu uno di quei legali finiti in carcere perché chiamati in causa dai soliti pentiti. L’inchiesta che costò la galera all’avvocato Fuga era coordinata da un pm che poi fu eletto come parlamentare europeo nelle liste di un partito che è fin troppo facile immaginare quale fosse. Il solito. (frank cimini)

Loggia Ungheria, da Mattarella in giù omertà solo omertà

Non ne parla più nessuno per non disturbare il manovratore. Il manovratore è il sistema di cui evidentemente la loggia Ungheria sparita dal dibattito pubblico e dai giornali fa parte a pieno titolo.
Il primo insabbiatore come presidente della Repubblica e del Csm è Sergio Mattarella che disquisisce su svariati argomenti tranne che sulla famosa consorteria di potere di cui parlò a verbale davanti ai pm di Milano l’avvocato Piero Amara spiegando che serviva ad aggiustare inchieste e processi, confezionare nomine dei magistrati in ruoli apicali.
Non è detto che la loggia esista veramente ma per saperlo ci sarebbe stato bisogno di indagare. Formalmente più procure se ne occupano ma in sostanza per fare niente, nemmeno per sequestrare i 100 milioni di euro che il legale siciliano avrebbe incassato con le sue consulenze di alto bordo.
Amara è stato protetto prima perché considerato grande testimone d’accusa al processo a carico dei vertici dell’Eni rivelatosi un flop e successivamente perché avrebbe acquisito enormi capacità di ricatto.
A Milano c’è un procuratore delegittimato dai suoi sottoposti che hanno ottenuto l’inamovibilità di Paolo Storari vanificando la richiesta addirittura del Pg della Cassazione. Vietato sapere se l’indagine su Amara sia stata o meno riassegnata e chi la coordini adesso.
Tace Milano e tace pure Perugia dove c’è un altro pezzo dell’inchiesta sulla loggia. Tace il Csm che entro l’anno dovrà nominare il successore di Francesco Greco. Il suo presidente Mattarella non dice niente sul punto come se non avesse a che fare con uno dei più gravi scandali nella storia della magistratura. Il discorso vale in un senso o bell’altro, anche nel caso in cui Amara si fosse inventato tutto. Mattarella insiste nel dire che va cercata la verità su Moro “tutta la verità” fregandosene di quanto emerso in sei dibattimenti. Evoca gli archivi dei servi segreti dell’Est che in realtà dalla caduta del Muro sono in mano all’Occidente. E ci fossero state circostanze di collusione con i rapitori di Moro sarebbero da tempo state pubblicate con titoloni. Anche l’Ungheria sta a est. Ma è solo il nome di una piazza di Roma dove abiterebbe uno dei giudici della loggia. Una loggia coperta nel caso esista davvero da un’omertà di sistema. Politici magistratura giornali e telegiornali, quelli che continuano a celebrare Falcone e Borsellino, ma comportandosi per il resto come mafiosi.
(frank cimini)

Aspettando la versione di Greco dall’ungherese

Pare che oggi il procuratore capo della Repubblica di Milano Francesco Greco torni in ufficio per qualche giorno interrompendo le vacanze iniziate con l’ufficio nella bufera in seguito al caso Eni-Nigeria e alle mancate o quantomeno tardive indagini sulla loggia Ungheria. In questo periodo la procura è stata coordinata dall’”aggiunto” con più anzianità di servizio Riccardo Targetti.
Sarebbe interessante sapere che fine abbia fatto la loggia Ungheria, argomento del quale i grandi giornali hanno sempre avuto poca voglia di occuparsi, in qualche modo poi “giustificati” in questo momento dal dilagare di pagine e pagine dedicate all’Afghanistan e al Covid19.
Dopo le prime tardate iscrizioni nel registro degli indagati che erano costate l’indagine bresciana sul procuratore Greco per abuso d’ufficio sotto forma di omissione sarebbe stato necessario accelerare i tempi al fine di capire se l’avvocato Piero Amara parlando della loggia avesse messo a verbale una bufala o cose vere. Una verifica fondamentale perché da un lato si tratta di indagare su magistrati, politici, imprenditori impegnati secondo Amara a confezionare le nomine del Csm, ad aggiustare inchieste e processi. Dall’altro lato fosse tutta fantasia sarebbe ugualmente inquietante perché bisognerebbe capire le ragioni delle invenzioni e pure l’obiettivo prefissato nella testa di quello che la procura aveva considerato il testimone chiave per ottenere la condanna dei vertici dell’Eni per le presunte molto presunte tangenti in Nigeria.
L’avvocato Amara non era stato ritenuto attendibile dai giudici del Tribunale di Milano che avevano assolto tutti gli imputati nel marzo scorso. Il legale siciliano nel mirino di diverse indagini ha fatto più volte fuori e dentro dal carcere dove si trova tuttora, ma nessuno sa dove abbia nascosto circa 80 milioni di euro che finora non sono stati sequestrati.
Della loggia Ungheria non si è saputo più niente neanche a Perugia dove il procuratore capo Raffaele Cantone ex capo dell’Anac usa le vacanze per rilasciare interviste dove si afferma che la giustizia non funziona.
Quello della loggia appare un tema scomodo (eufemismo) perché la magistratura è chiamata a indagare su se stessa. Ma per sua fortuna pare possa dormire sonni tranquilli sia a causa delle ferie che per le toghe più di ogni altra categoria hanno una sorta di intoccabilità sia in ragione del fatto che sul punto la politica tace su tutta la linea.
Quando la politica appare in difficoltà viene regolarmente azzannata dai magistrati impegnati a invadere il campo altrui per aumentare il proprio potere di casta (1992 docet). Nel momento in cui la magistratura vive il momento più difficile della sua storia i politici stazzo zitti, a cominciare paradossalmente da quei partiti che hanno avuto molti motivi di scontro con le toghe. E questa sembra il motivo più importante per pensare che il caso della famosa loggia finisca in niente. Anche se entro novembre il Csm dovrà nominare il successore di Greco. Una partita ovviamente tutta politica. Md non intende mollare l’osso puntando sul candidato interno Maurizio Romanelli perché ritiene quella procura roba sua soprattutto a scapito di chi chiede un segnale di discontinuità, “il papa straniero”.
(Frank Cimini)

Emergenza Covid usata per ledere i diritti dei detenuti

“La conseguenza è paradossale. Sarà consentito anche a una persona non vaccinata di essere presente in aula come pubblico. Non sarà consentito di essere presente all’imputato se detenuto vaccinato o meno che sia. Ancora più paradossale se si considera che le persone detenute sono sottoposte a controlli sanitari e in gran parte anche vaccinate”. In un comunicato gli avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini criticano la decisione del governo di disporre la proroga dello stato di emergenza Fini alla fine dell’anno.
“Ma è davvero sanitaria la ragione della proroga di tali limitazioni o per usare le parole dello stesso governo “molti degli istituti introdotti hanno permesso anche recuperi di efficienza dello stesso sistema e semplificato alcune incombenze avviando percorsi di ammodernamento e semplificazione delle procedure tanto da essere indicati anche come utili esiti da stabilizzare nell’ambito dei più complessivi progetti di riforma? A qualcuno interessano ancora i diritti dei detenuti?” chiedono gli avvocati Losco e Straini.
Nel comunicato si ricorda che si tratta di limitazioni assai incisive tanto che all’inizio di marzo del 2020 fu proprio la sospensione dei colloqui con i familiari a scatenare le proteste nel corso delle quali morirono 13 persone in circostanze non del tutto chiarite, è la tesi dei legali. Insomma l’intensità delle limitazioni è massima solo nei confronti della popolazione detenuta mentre per esempio non è stata prorogata la possibilità di udienze a porte chiuse che garantivano però la presenza fisica dei reclusi.
(frank cimini)

Le lunghe ferie di Greco e l’incastro con i giochi di Md

Il procuratore della Repubblica di Milano Francesco Greco non anticipa la pensione ma fa lunghe ferie lasciando in pratica la gestione dell’ufficio all’aggiunto con più anzianità di servizio Riccardo Targetti che aveva incontrato nei giorni scorsi. Nel caso avesse anticipato la pensione che scatterà il prossimo 14 novembre il procuratore avrebbe accelerato l’iter per la nomina del successore.
E questo avrebbe provocato problemi alla sua corrente, Magistratura Democrstica, che ha bisogno di prendere tempo al fine di trovare dentro il Csm le alleanze necessarie al fine di scongiurare l’arrivo al vertice della procura del cosiddetto “papa straniero”.
Peppe Cascini uomo di punta dei magistrati di sinistra all’interno del Csm, raccolti tra Area e Md, è già all’opera da tempo per portare a termine il progetto, puntando alla nomina di Maurizio Romanelli, attuale coordinatore come procuratore aggiunto del pool che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione e che è l’unico candidato interno.
Romanelli esperto sia di antimafia sia di antiterrorismo ha sulla carta meno titoli del procuratore generale di Firenze Marcello Viola e del procuratore capo di Bologna Jimmy Amato, ma con il gioco delle correnti diciamo che come la storia anche recente del Csm insegna si possono fare “miracoli”.
La situazione non è certo cambiata dopo l’uscita di Luca Palamara e la sua radiazione dall’ordine giudiziario. Proprio Cascini fu a lungo in grande consuetudine di rapporti alleanza e amicizia personale con
l’allora “ras delle nomine”.
Basti ricordare la vicenda delle tessere per lo stadio Olimpico. Cascini ne aveva una a suo nome ma dovendo portare anche il figlio a vedere la partita non fu nemmeno sfiorato dall’idea di andare in biglietteria, cacciare i soldi di tasca e comprare il tagliando. Si rivolse a Palamara “per un contatto al Coni in modo da non doverti rompere i coglioni tutte le volte”. Quindi non si trattava neanche di un “una tantum” ma di un ingresso stabile anche per il pargolo. Questo emerge dalle intercettazioni fatte con il famoso trojan messo dai pm di Perugia nel telefono cellulare di Palamara.
I prossimi mesi diranno se Md, che considera la procura di Milano territorio di sua appartenenza, riuscirà nell’intento. Greco intanto fornisce il suo contributo facendo di tutto per tenere in caldo il posto con ferie lunghe anche se abbastanza amare diciamo. Greco ricordiamo è indagato a Brescia per non aver proceduto tempestivamente alle iscrizioni tra gli indagati sulla base delle dichiarazioni rese da Piero Amara, capitolo loggia Ungheria. Greco comunque non rischia un procedimento disciplinare ma solo perché non vi sarebbbe il tempo per farlo.
E a proposito di iscrizioni nel registro degli indagati diciamo che piove sul bagnato. Secondo insistenti indiscrezioni circolanti da tempo risulta indagato a Brescia un altro magistrato della procura di Milano insieme a un importante funzionario pubblico. Si tratterebbe di un atto dovuto dopo la lunga deposizione di un testimone presentatore di un esposto-denuncia.
(frank cimini)